IL POSSESSO DI BUONA FEDE

IL POSSESSO DI BUONA FEDE

'IL POSSESSO DI BUONA FEDE'
IL POSSESSO DI BUONA FEDE

Il possesso di buona fede è disciplinato dall’art. 1147 c.c., secondo cui “È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto. La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave. La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto”. Dunque, secondo l’articolo appena menzionato, il possessore di buona fede non è altro che colui il quale disconosce il fatto che il suo possesso leda un diritto altrui. In altre parole, il possessore di buona fede è un soggetto caduto in un errore; tuttavia non ci si può sempre avvantaggiare del proprio errore: difatti, l’art. 1147 c.c., al secondo comma, sancisce che la buona fede non giova se l'ignoranza di ledere l'altrui diritto deriva da colpa grave. Ciò vuol dire che è necessario che l’errore sia scusabile, tenendo conto della categoria sociale e professione del possessore. Dunque, la qualifica di possessore di buona fede dipende dalle circostanze nelle quali avviene l’acquisto del possesso. La sussistenza della colpa grave deve essere accertata caso per caso, ma sicuramente ricorre nell’ipotesi in cui il possesso sia stato conseguito senza un minimo di attenzione, la quale, se attivata, avrebbe fatto nascere un dubbio o un sospetto. In ogni caso, il sorgere del dubbio o del sospetto nella mente del possessore non è compatibile con la buona fede che è pur sempre piena ignoranza della lesione del diritto altrui. Per diritto altrui deve intendersi non solo quello vantato dal titolare che abbia trasmesso la disponibilità materiale della cosa al possessore, bensì anche il diritto vantato dal titolare estraneo all'apprensione materiale della cosa da parte del possessore. La buona fede è presunta ed è sufficiente che vi sia stata all’epoca dell’acquisto, fino a prova contraria. La prova contraria può essere data con qualunque mezzo. “A differenza dell'art. 701 del c.c. abrogato, che esigeva, per la sussistenza del possesso di buona fede, il concorso di tre elementi, e cioè l'animus rem sibi habendi, un titolo - anche viziato - idoneo, in astratto, a trasferire il dominio, e l'ignoranza del vizio del titolo, l'art. 1147 del c.c. vigente, nel presumere la buona fede con disposizione di carattere generale, prescinde dall'esistenza di un titolo e, assegnando rilievo alla cosiddetta opinio dominii, cioè al ragionevole convincimento di poter esercitare sulla cosa posseduta il diritto di proprietà o altro diritto reale senza ledere la sfera altrui, imprime al concetto di possesso di buona fede un carattere eminentemente psicologico o soggettivo” (Cass. Civ., n. 8918/1991). Il legislatore riconosce al possessore di buona fede il diritto di fare suoi i frutti prodotti dal bene sino alla domanda di rivendicazione, il diritto ad un'indennità per i miglioramenti apportati alla cosa e il diritto di ritenzione, cioè, di non restituire la cosa fino al momento in cui non gli sia corrisposta l’indennità dovuta.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'