Danno da premorienza: alcune precisazioni del Tribunale di Milano

Danno da premorienza: alcune precisazioni del Tribunale di Milano

'Danno da premorienza: alcune precisazioni del Tribunale di Milano'
Danno da premorienza: alcune precisazioni del Tribunale di Milano

Con la sentenza n. 9042/2022, il Tribunale di Milano si è pronunciato in tema di danno da premorienza sottolineando alcuni importanti aspetti. Per il giudice milanese, “Se il parametro di partenza è l’età della vittima poiché ciò incide sulla sua durata media della vita in cui dovrà convivere con la menomazione conseguente alla lesione, altro dato certo è che vi è molta differenza tra il calcolo presuntivo dell’aspettativa di vita, rispetto al dato certo della morte, che consente di calcolare l’esatto lasso di tempo in cui la vittima ha convissuto con la menomazione”. Nella quantificazione del danno il giudice deve tener conto – in caso di premorienza – non della vita media futura presumibile della vittima, ma della vita effettivamente vissuta (Cass. 4556/80; 1809/89; 489/99; 147467/03; 22338/07; 679/16; 10897/16; 12913/20). Il Tribunale di Milano ha poi evidenziato i diversi criteri di quantificazione delineati dalla giurisprudenza. Un primo criterio risulta non condivisibile, dal momento che assegna al libero arbitrio del singolo giudicante la misura della rimodulazione, con rischi in punto di equità delle decisioni, da intendersi (v., sul punto, la nota Cass. 12408/11) come uniformità di liquidazione in casi analoghi, anche alla luce dell'art. 3 Cost. Un secondo criterio, di natura proporzionale, suggerisce di ridurre il risarcimento dovuto nell’ipotesi di sopravvivenza al giudizio in misura corrispondente al rapporto fra il tempo in cui si è sopportato il danno e quello per il quale si sarebbe dovuto sopportare se la vittima fosse sopravvissuta per tutta la durata della vita media. Secondo il c.d. "criterio romano", il meccanismo proporzionale così descritto trova un correttivo nell'attribuzione immediata al danneggiato di una maggior quota dell'importo complessivamente dovuto e quantificato secondo le tabelle ordinarie. Detta scelta deriva dalla considerazione per cui il danno non sarebbe costante crescente con il tempo, in quanto una parte – corrispondente all'adattamento alla modificazione psicofisica intervenuta – matura al momento della lesione (per un valore compreso tra il 10% e il 50%). La parte restante del danno si quantifica in termini proporzionali rispetto ai giorni di sopravvivenza. Un terzo criterio pone alla base del calcolo piuttosto che il valore del punto corrispondente all'età della vittima, quello corrispondente ad un soggetto di età pari alla differenza tra la durata della vita media ed il numero di anni effettivamente vissuti con la menomazione. Di quest'ultimo criterio, il più evidente limite consiste nell'omessa valutazione dell'età in cui le menomazioni conseguenti alla lesione abbiano inciso sugli aspetti dinamico relazionali della vittima né il sesso (diverse essendo le aspettative di vita per donne e uomini). Il giudice lombardo ha anche richiamato una recente pronuncia del Tribunale Supremo (Cass. 12913/20), che ha confermato una sentenza di merito in cui il danno da premorienza era stato quantificato moltiplicando il valore monetario tabellare giornaliero (personalizzato) previsto per l'inabilità temporanea assoluta per il numero di giorni di effettiva esistenza del danneggiato dal sinistro al decesso. L’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, escludendo il ricorso a modelli puramente equitativi o matematici, ha elaborato un criterio di riferimento che si fonda sui principi che seguono: • il primo consiste nell’inidoneità del dato anagrafico ai fini della differenziazione dei risarcimenti, essendo detto fattore funzionale a calcolare l’aspettativa di vita, cioè il probabile tempo durante il quale la lesione subita dispiegherà i suoi effetti dannosi, ad eccezione che non sia nota la data del decesso; • il secondo si individua nella determinazione di un valore risarcitorio medio annuo attraverso il rapporto tra la media matematica per ogni percentuale di invalidità (tra il quantum liquidabile ad un soggetto di anni 1 ed uno di anni 100) e il valore ricavato dalla media matematica tra le aspettative di vita di ogni soggetto compreso fra 1 e 100 anni; • il terzo si rinviene nel riconoscimento di un’evoluzione in senso decrescente del risarcimento, per cui il danno non è una funzione costante nel tempo, bensì è ragionevolmente maggiore in prossimità dell’evento, quando più intense sono le rinunce sotto il lato dinamico-relazionale e più gravi le sofferenze interiori, per poi decrescere progressivamente fino a stabilizzarsi (così come evidenziato da Cass. 2297/2011). Il Tribunale di Milano ha concluso precisando che “Il criterio da impiegare per la quantificazione del danno in caso di premorienza del danneggiato rispetto al giudizio prescinde dalla causa della morte, trovando invece la ragione della propria applicazione nel solo fatto del decesso prima della definizione della causa. Nel caso in cui la morte costituisca la conseguenza dell'illecito, il danneggiante sarà chiamato a rispondere (anche) del danno iure proprio patito dai familiari per la perdita del congiunto, che si aggiunge all'importo liquidato, iure successionis, per il danno che fu patito dalla persona offesa”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'