Infortunio sul lavoro: responsabilità del datore anche qualora sia

Infortunio sul lavoro: responsabilità del datore anche qualora sia presente un rischio occulto

'Infortunio sul lavoro: responsabilità del datore anche qualora sia presente un rischio occulto'
Infortunio sul lavoro: responsabilità del datore anche qualora sia presente un rischio occulto

La Suprema Corte, con la sentenza n. 9450/2023, ha affermato che il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio del dipendente anche in presenza di un rischio occulto. Più nello specifico, gli Ermellini hanno sottolineato che in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, in base alla sua esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, è tenuto a redigere e a sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 28, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. I giudici di piazza Cavour hanno, altresì, richiamato consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, “La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta ed evento se tale da determinare un “rischio eccentrico” in quanto esorbitante dall'area di rischio governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione. La delimitazione, nella singola fattispecie, del rischio oggetto di valutazione e misura, quindi da gestire, necessita di una sua identificazione in termini astratti, quale rischio tipologico, e successiva considerazione con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione, quindi al rischio in concreto determinatosi in ragione dell'attività lavorativa (rientrante o meno nelle specifiche mansioni attribuite)”. Poiché, nella vicenda in esame, i giudici di secondo grado si erano correttamente attenuti al predetto orientamento, la Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'