SUL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO: IL PUNTO

SUL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE

'SUL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE'
SUL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE

Con la sentenza n. 8628 del 16 marzo 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto. Nella vicenda in esame, i giudici d’appello rigettavano il reclamo proposto nei confronti di Tizia dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del Tribunale che, all’esito del giudizio di opposizione ex lege 92/2012, aveva confermato l’ordinanza resa in sede cautelare dallo stesso Tribunale, che aveva accolto il ricorso di Tizia volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 29 maggio 2014 per superamento del periodo di comporto, e la condanna del Ministero sia alla reintegra del posto di lavoro, sia al risarcimento del danno quantificato nelle mensilità non corrisposte dal licenziamento fino alla data di effettiva reintegra. I giudici di secondo grado constatavano che il Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto dal Ministero, non aveva ritenuto quale requisito ai fini del licenziamento per superamento del periodo di comporto l’indicazione specifica dei giorni conteggiati e sommati, bensì aveva affermato il principio secondo cui se il datore di lavoro nel provvedimento espulsivo provvede a specificare le giornate di assenza del lavoratore non può più modificarle o successivamente aggiungerne altre. Inoltre, la Corte distrettuale rilevava che il Ministero aveva scelto di indicare i periodi di assenza per malattia da computare ai fini del licenziamento per superamento del periodo di comporto. Così, il periodo indicato dal Ministero per assenza da malattia risultava di 472 giorni complessivi (per sommatoria), cioè inferiore al periodo di comporto limite previsto dalla contrattazione in 484 giorni. Riguardo al periodo 15-26 luglio 2012 (periodo contestato ai fini del suddetto superamento), la Corte d’Appello constatava che nel decreto del Ministero del 31.03.2014, richiamato dal decreto espulsivo del 29 maggio 2014, era specificato che le assenze dal 15 al 26 luglio 2012 non rientravano nel computo ai fini del licenziamento per superamento del periodo di comporto, poiché dette assenze erano indicate come assenze “ingiustificate” e, dunque, non potevano essere conteggiate per tale superamento. Infine, i giudici di merito ritenevano che non era rilevante l’eventuale successiva dimostrazione in giudizio che detto periodo di assenza era stato giustificato per malattia, in quanto ciò che rilevava era l’incontrovertibilità/immodificabilità dei periodi contestati nel provvedimento di espulsione, in base al principio della immodificabilità dei motivi di recesso. Poiché la vicenda veniva posta al vaglio degli Ermellini, questi ultimi stabilivano che “In tema di licenziamento per superamento del comporto, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, anche sulla base del novellato art. 2 della l. n. 604 del 1966, che impone la comunicazione contestuale dei motivi, fermo restando l'onere di allegare e provare compiutamente in giudizio i fatti costitutivi del potere esercitato; tuttavia, ciò vale per il comporto cd. ‘secco’ (unico ininterrotto periodo di malattia), ove i giorni di assenza sono facilmente calcolabili anche dal lavoratore; invece, nel comporto cd. per sommatoria (plurime e frammentate assenze) occorre una indicazione specifica delle assenze computate, in modo da consentire la difesa al lavoratore”. Dunque, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso del Ministero e condannava quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'