LICENZIAMENTO DISCIPLINARE E TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE E TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE

'LICENZIAMENTO DISCIPLINARE E TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE'
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE E TEMPESTIVITÀ DELLA CONTESTAZIONE

Con l’ordinanza n. 2869 del 31 gennaio 2022, la Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di licenziamento disciplinare, ha affermato che il datore di lavoro deve dimostrare le ragioni impeditive della tempestiva contestazione del fatto poi addebitato al lavoratore. Nella vicenda in esame, la Corte d’Appello, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva il reclamo proposto da due dipendenti avverso la sentenza del Tribunale e, dichiarata l'illegittimità dei licenziamenti intimati ai reclamanti dalla ditta Alfa in data 1 luglio 2016, dichiarava risolto il rapporto di lavoro di entrambi i reclamanti dalla data del licenziamento, condannando la società al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata in quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ciascuno e compensando per metà le spese di lite. In particolare, la Corte territoriale escludeva che la contestazione, effettuata nel 2016 in ordine a comportamenti pacificamente posti in essere nel 2013, potesse reputarsi tempestiva alla luce delle importanti esigenze, lato sensu difensive che il principio di tempestività mira a tutelare ed in assenza di congrue giustificazioni da parte del datore di lavoro. A questo punto, la società Alfa si rivolgeva alla Suprema Corte, la quale rigettava il ricorso. Secondo gli Ermellini, i giudici d’Appello avevano correttamente osservato che la violazione del principio generale di carattere sostanziale della tempestività della contestazione, qualora assumi il carattere di ritardo notevole e non giustificato è idonea a determinare un affievolimento della garanzia per il dipendente incolpato di espletare pienamente la sua difesa effettiva nell'ambito del procedimento disciplinare, e che detta garanzia non può certo essere vanificata da un comportamento del datore di lavoro non improntato ai canoni di correttezza e buona fede. Pertanto, secondo i giudici di piazza Cavour, sul datore “grava l'onere di dimostrare le ragioni impeditive della tempestiva contestazione del fatto poi addebitato al dipendente”. Inoltre, il Tribunale Supremo, richiamando consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, affermava che “In tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore, con la precisazione che detto requisito va inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l' accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'