Scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso

Scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso

'Scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso'
Scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso

Scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso In caso di scioglimento dell'unione civile la durata del rapporto si estende anche al periodo di convivenza anteriore alla formalizzazione dell'unione, ancorché lo stesso si sia svolto in tutto o in parte in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 76/2016

Il caso: la crisi dell’unione e l’assegno di mantenimento La vicenda in esame ha interessato una coppia omosessuale unita civilmente ai sensi della legge n. 76/2016 che, constata la crisi della relazione, ha domandato al Giudice di provvedere allo scioglimento della propria unione. In sede di scioglimento, il Tribunale di Pordenone aveva riconosciuto ad una delle partener un assegno da corrispondersi mensilmente all’altra, richiamando, a tal proposito, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità “in tema di assegno divorzile ed attribuendo rilievo assorbente alla funzione compensativa-risarcitoria, consistente nell'indennizzare l'avente diritto per la perdita di chances determinata dalla rinuncia a migliori opportunità di lavoro, in funzione dell'unità e dello svolgimento della vita familiare”. La parte tenuta alla corresponsione dell’assegno periodico aveva tuttavia impugnato tale provvedimento dinanzi alla Corte d’appello di Trieste che aveva accolto le richieste dell’appellante, rigettando la domanda di riconoscimento dell’assegno proposta dalla controparte. Avverso la suddetta decisione veniva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione e, in considerazione della questione di massima di particolare importanza, la controversia veniva sottoposta all’esame delle Sezioni Unite. Nella specie, la questione ha riguardato la rilevanza, ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno in favore del componente dell'unione civile ai sensi del combinato disposto dell'art. 1, comma venticinquesimo, della legge n. 76 del 2016 e dell'art. 5, sesto comma, della legge n. 898 del 1970, di circostanze fattuali anteriori all'entrata in vigore della legge n. 76 cit., nonché della costituzione stessa dell’unione civile, idonee ad incidere sull'assegno divorzile in ragione delle diverse componenti (assistenziale e perequativo-compensativa) assegnate a tale contributo dal diritto vivente consolidatosi a partire dall'intervento nomofilattico delle Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un., 11/07/2018, n. 18287).

Unione civile: durata del rapporto estesa anche alla convivenza Le Sezioni Unite investite della suddetta questione hanno accolto, con sentenza n. 35969/2023, il ricorso proposto, dando rilevanza al periodo di convivenza che aveva preceduto l’unione civile tra le parti. La Corte, dopo aver ripercorso i fatti di causa e dato atto del contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, si è soffermata sulla specifica questione giuridica sottoposto al proprio esame. Nella specie, il Giudice di legittimità si è interrogato in ordine alla portata da attribuire al rinvio, contenuto nell'art. 1, comma venticinquesimo, della legge n. 76 del 2016, alla disciplina dell'assegno divorzile, ovvero se lo stesso “debba essere inteso nel senso che il legislatore abbia voluto rapportare gli effetti patrimoniali dell'unione unicamente al periodo in cui la stessa si è svolta, deliberatamente tralasciando tutto ciò che ha riguardato il periodo antecedente, pur se caratterizzato dalla preesistenza di una relazione affettiva, oppure nel senso che il legislatore non abbia voluto prendere in considerazione tale aspetto, lasciando all'interprete la valutazione in ordine agli effetti della nuova norma attraverso il rinvio a quella dettata in materia di divorzio”.

Per affrontare l’indagine sopra rappresentata, la Corte ha anzitutto ricordato gli insegnamenti resi dalle Sezioni Unite nella nota sentenza n. 18287/2018, in tema di criteri di determinazione dell’assegno divorzile, che avevano favorito un'interpretazione dell'art. 5, sesto comma, della legge n. 898 del 1970 più coerente con i principi costituzionali di uguaglianza, pari dignità dei coniugi, libertà di scelta, reversibilità della decisione ed autoresponsabilità, riconoscendo in tale nuovo contesto, un ruolo di cruciale importanza alla durata del rapporto ed alle scelte compiute dai coniugi, assegnando così un'indubbia valorizzazione del profilo fattuale del rapporto familiare.

Ciò posto, le Sezioni Unite affrontano lo specifico caso della convivenza di fatto che precede l’unione civile, respingendo le osservazioni formulate dal Procuratore generale sul punto “secondo cui, nel caso in cui la costituzione dell'unione sia stata preceduta da un periodo di stabile convivenza, l'estensione a quest'ultima della valutazione finalizzata al riconoscimento dell'assegno dovrebbe ritenersi preclusa dal comma sessantacinquesimo dell'art. 1 della legge n. 76 del 2016, il quale, nel disciplinare la cessazione della convivenza di fatto, limita l'obbligo di solidarietà dell'ex convivente alla corresponsione degli alimenti in favore dell'altro convivente che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento”. Tuttavia, la Corte spiega che tale disposizione “non è applicabile alla fattispecie in esame, riferendosi a quella, radicalmente diversa, in cui, indipendentemente dalle eventuali intenzioni dei conviventi, la convivenza di fatto si concluda senza che si sia proceduto alla formalizzazione del vincolo”.

Sempre riguardo a tale argomento, la Corte prende in considerazione l’ulteriore aspetto dell’ordinanza interlocutoria, vale a dire “la possibilità di tenere conto, ai fini del riconoscimento dell'assegno in caso di scioglimento dell'unione civile, del periodo di convivenza che ne abbia preceduto la costituzione, ove lo stesso risalga in tutto o in parte ad epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016”. Rispetto a tale elemento, la Corte ha affermato che “qualora (…) come nella specie, la controversia abbia ad oggetto lo scioglimento di un'unione civile costituita da persone del medesimo sesso, l'esclusione della possibilità di prendere in considerazione, ai fini del riconoscimento e della liquidazione dell'assegno, il periodo di convivenza che ha preceduto l'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016 comporterebbe la frustrazione delle finalità perseguite dalla medesima legge, impedendo di tenere conto delle scelte (spesso determinanti anche per il futuro) compiute dalle parti nella fase iniziale del rapporto, in cui la convivenza ha dovuto necessariamente svolgersi in via di mero fatto per causa ad esse non imputabile, essendo all'epoca preclusa alle coppie omosessuali la possibilità di contrarre un vincolo formale”.

Sulla scorta di quanto sopra rappresentato, la Corte ha in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “In caso di scioglimento dell'unione civile, la durata del rapporto, prevista dall'art. 5, sesto comma, della legge n. 898 del 1970, richiamato dall'art. 1, comma venticinquesimo, della legge n. 76 del 2016, quale criterio di valutazione dei presupposti necessari per il riconoscimento del diritto all'assegno in favore della parte che non disponga di mezzi adeguati e non sia in grado di procurarseli, si estende anche al periodo di convivenza di fatto che abbia preceduto la formalizzazione dell'unione, ancorché lo stesso si sia svolto in tutto o in parte in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 76 cit.”.