Coronavirus: le strutture per affrontare l’emergenza sanitaria

Coronavirus: le strutture per affrontare l’emergenza sanitaria

'Coronavirus: le strutture per affrontare l’emergenza sanitaria'
Coronavirus: le strutture per affrontare l’emergenza sanitaria

Dal potenziamento delle strutture esistenti alle unità mobili per affrontare la mancanza di posti letto.

L’arrivo del Coronavirus ha provocato un’emergenza sanitaria che ha messo sotto stress e in difficoltà il sistema sanitario nazionale, non solo in Italia, ma nella maggior parte del mondo. All’interno degli ospedali ha creato enormi problemi nei reparti deputati alla gestione delle situazioni critiche come le terapie intensive. La prima azione messa in campo è stata il potenziamento dei posti letto e delle strumentazioni per la cura, sebbene con differenti risultati e difficoltà. Sono stati riconvertiti interi reparti e allestite strutture temporanee in grado di ospitare i malati infettivi. Un esempio è rappresentato dalla riconversione dell’ex Fiera di Milano e di una parte del complesso delle OGR a Torino, grazie anche ai fondi messi a disposizione da Compagnia di San Paolo.
In Piemonte, inoltre, dovrebbe essere finalmente pronto quello che sarebbe dovuto diventare il nuovo ospedale di Verduno. Sarà un Covid Hospital e dovrebbe diventare un punto di riferimento fisso a servizio di tutta la regione. Quando l’epidemia non era ancora scoppiata in Italia, la rapidissima costruzione del temporaneo Wuhan Huoshenshan Hospital aveva stupito e meravigliato. La struttura da 1.000 posti letto e 30 posti di terapia intensiva è stata smantellata poiché la situazione è migliorata ma non completamente risolta. La struttura dell’ospedale era modulare, 35.000 mq organizzati su due piani fuori terra. Il cantiere, scientificamente organizzato, aveva impiegato 7.000 lavoratori impegnati nell’assemblaggio di strutture prefabbricate dalla tecnica già ampiamente rodata e utilizzata.

Accanto alla riconversione delle strutture esistenti, per affrontare la mancanza di posti letto sono stati avviati progetti per la realizzazione di unità modulari prefabbricate per il ricovero dei malati. In Italia, dalla collaborazione tra Carlo Ratti Associati e Italo Rota nasce CURA (Connected Units for Respiratory Ailments). CURA è il prototipo di un sistema di ospedale da campo che utilizza i container per ospitare unità di terapia intensiva completamente attrezzate e subito pronte per l’uso. Gli spazi per il trattamento degli infettivi sono organizzati all’interno di volumi della lunghezza standard di 6 metri. I moduli possono essere utilizzati secondo le necessità e funzionano sia singolarmente che messi in serie, a formare ospedali da campo le cui parti sono collegate tra loro da strutture gonfiabili. I container sono completamente allestiti in fabbrica e dotati di tutti i macchinari e le strumentazioni necessarie. Sono facilmente trasportabili e la loro messa in funzione è semplice e richiede poco personale e tempi brevi. CURA offre altri vantaggi particolarmente significativi come la maggiore sicurezza per il personale sanitario derivante dal lavorare all’interno di un ambiente delimitato da pareti solide che si presenta il più possibile simile agli spazi ospedalieri. Ogni unità, fornita alla fonte di tutto il necessario per la cura e l’alloggiamento, consente inoltre di ospitare un numero limitato di pazienti contemporanei. L’interno di simili container offre inoltre spazi più puliti sia per le forme e che per le finiture di superfici con materiali non provvisori e più facilmente disinfettabili. La sanificazione dei locali, procedura oltremodo indispensabile quando ci si confronta con agenti patogeni a elevata trasmissibilità anche attraverso il contatto con le superfici, è ulteriormente favorita. Tutti i container del sistema CURA sono unità a pressione negativa. Questo sistema di biocontenimento è già ampiamente presente anche negli ospedali per le quarantene. Utilizza la differente pressione dei locali per limitare la diffusione di virus e agenti patogeni particolarmente pericolosi. Il locale da isolare ha una pressione interna minore rispetto a quelli che lo circondano. In questo modo aprendo porte o finestre l’aria esterna viene quasi naturalmente richiamata all’interno, dove risultano maggiormente contenuti anche i veicoli del contagio. CURA è un progetto open source ed essere utilizzato dove più occorre. Gli è stato dedicato un sito web in cui è già possibile trovare le informazioni sul progetto e sul suo funzionamento.

Negli Stati Uniti, invece la start up Jupe Health sta lavorando allo sviluppo dei suoi moduli mobili per ampliare la capacità di accoglienza delle strutture ospedaliere. Le unità sono progettate per il riposo degli operatori sanitari e per il recupero dei pazienti. Si tratta di prefabbricati autosufficienti montabili e smontabili all’occorrenza, disponibili in tre tipologie: per il riposo del personale sanitario, per il ricovero dei malati e combinate. Tutte le capsule, indipendenti, sono predisposte per l’IoT attraverso sensori e dispositivi che permettono di raccogliere, elaborare e scambiare i dati in esse contenuti. I moduli sono “flat-pack”, "altamente scalabili, economiche e facilmente trasportabili".