
Estinzione della servitù: il punto della Cassazione
Con l’ordinanza n. 25716 del 4 settembre 2023, la Suprema Corte, pronunciandosi in tema di servitù prediali, ha precisato che non basta il venir meno dell’interclusione per ritenere che sia intervenuta l’automatica estinzione della servitù per rinuncia implicita, dal momento che l’estinzione del diritto di servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti.
IL CASO
La società Alfa, titolare di una servitù di passaggio sul fondo della società Beta attraverso due cancelli, domandava al Tribunale di dichiarare illegittimo il comportamento della società Beta consistito nell’aver costruito un muretto in cemento sulla linea di confine. Altresì, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni. La società Beta eccepiva l’estinzione della servitù di passaggio per non uso ultraventennale da parte dei precedenti proprietari, la rinuncia al diritto e la mancanza di utilità dei fondi di proprietà dell’attrice poiché non interclusi. I giudici di merito confermavano la sentenza del giudice di prime cure, che aveva accolto la domanda e condannato la società Beta al risarcimento dei danni nella misura di euro 3000,00. A questo punto, la vicenda approdava in Cassazione, davanti alla quale la società Beta lamentava, in particolare, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1054 c.c., 1055 c.c., 1074 c.c. e 2727 c.c., in ordine all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di merito errato nel ritenere che la servitù di passaggio, costituita al fine di consentire l’accesso al fondo intercluso, non si fosse estinta una volta cessata l’interclusione, come risultava da atto notarile, nel quale le parti davano atto di esercitare il passaggio attraverso un’altra strada. La ricorrente, sul presupposto che l’art. 1055 c.c. operi con riferimento ad ogni servitù che si ricolleghi ai presupposti del passaggio coattivo, contestava l’affermazione dei giudici d’appello, secondo cui laddove si controverta di servitù volontaria è irrilevante l’interclusione o meno del fondo o l’impossibilità di fatto di usare la servitù o il venir meno dell’utilità, salvo che non sia decorso il termine ventennale. La ricorrente asseriva che, trattandosi di servitù coattiva costituita per contratto, fosse applicabile l’art. 1055 c.c., con conseguente estinzione della servitù per venir meno dell’interclusione con l’esistenza di un ulteriore passaggio.
LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Cassazione dava torto alla società Beta. Gli Ermellini sottolineavano che le parti possono costituire servitù per conferire maggiore comodità o amenità al fondo, indipendentemente dal fatto che l’ulteriore passaggio faccia venir meno l’interclusione, salvo che il titolare del fondo dominante non abbia espressamente rinunciato alla servitù o che la stessa si sia estinta per non uso. Le servitù volontarie, a differenza di quelle coattive, che si estinguono con il venir meno della necessità per cui sono state imposte, non si estinguono con il cessare della "utilitas" per la quale sono state costituite, bensì solo per confusione, prescrizione o quando siano stipulate nuove pattuizioni, consacrate in atto scritto, che ne modifichino l’estensione o le sopprimano. Per i giudici di legittimità, “Non è quindi sufficiente il venir meno dell’interclusione per sostenere che vi sia stata l’automatica estinzione della servitù per rinuncia implicita, in quanto l’estinzione del diritto di servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto, ex art.1350 c.c., e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti”. In virtù di ciò, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso.
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'