DANNO DA DEPRIVAZIONE GENITORIALE E TERMINE DI PRESCRIZIONE

DANNO DA DEPRIVAZIONE GENITORIALE E TERMINE DI PRESCRIZIONE

'DANNO DA DEPRIVAZIONE GENITORIALE E TERMINE DI PRESCRIZIONE'
DANNO DA DEPRIVAZIONE GENITORIALE E TERMINE DI PRESCRIZIONE

Come è noto, per danno da deprivazione genitoriale si intende il pregiudizio sofferto con la violazione degli obblighi dei genitori verso la prole. Con la sentenza n. 40335 del 16 dicembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di illecito endofamiliare, ha affermato che il termine di prescrizione del danno da deprivazione genitoriale non decorre dal raggiungimento della maggiore età, in quanto occorre l’indipendenza psicologica del figlio. Secondo i giudici di legittimità, “l'illecito endofamiliare di protratto abbandono della prole da parte del genitore è una forma di illecito rispetto al quale la concreta capacità della persona danneggiata di esercitare il diritto risarcitorio - id est, la concreta percepibilità completa del danno - assume un peculiare rilievo, derivante dalla natura parimenti peculiare, del danno. Tale illecito infatti produce anche un danno non patrimoniale lato sensu psicologicoesistenziale, ovvero che investe direttamente la progressiva formazione della personalità del danneggiato, condizionando così pure lo sviluppo delle sue capacità di comprensione e di autodifesa”. La natura della condotta illecita, perlomeno nell’ipotesi in cui il disinteresse completo inizi dalla nascita del figlio, ha la particolarità di ledere la formazione della personalità del figlio stesso, e quindi di incidere sull'acquisizione della capacità di percepire correttamente e reagire di conseguenza. Per acquisirla è necessario che “la vittima dell’abbandono si svincoli dall'incidenza percettiva e comportamentale del notorio istintivo desiderio filiale di un rapporto positivo con il genitore, per raggiungere una “maturità personale compatibile con il coinvolgimento personale ed emotivo ad esso connesso”, per “maturità personale compatibile” dovendosi intendere - è ovvio - pienamente autonoma, e quindi capace di percepire la reale situazione a sé pregiudizievole e di assumere reattive decisioni di contrasto con la persona “desiderata”. Ovvero, accettare psicologicamente la illiceità della condotta del genitore e chiedere il risarcimento dei danni subiti quale figlio rifiutato del genitore che l'ha posta in essere”. Dunque, secondo gli Ermellini, il rifiuto della genitorialità altro non è che un illecito permanente, il quale si verifica momento per momento sino al raggiungimento non della maggiore età, bensì dell’indipendenza psicologica del figlio, che per convenzione viene fatta coincidere con il raggiungimento dell’indipendenza economica dello stesso. Affinché raggiunga l’indipendenza psicologica, il figlio deve superare il desiderio di ricongiunzione con il genitore e raggiungere una maturità personale che gli consenta di accettare psicologicamente l’illiceità della condotta del genitore e domandare il risarcimento dei danni patiti in quanto vittima di abbandono.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'