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Legislatore "assente" ed il tribunale dice si alla falcidia dell'IVA nella procedura di composizione della crisi.

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Legislatore "assente" ed il tribunale dice si alla falcidia dell'IVA nella procedura di composizione della crisi.

La svolta si realizza dopo che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 7 aprile 2016 nella causa C-546/2014 - nota come sentenza Degano - ha incrinato il dogma dell’indisponibilità a livello nazionale del credito per un’imposta di natura sovranazionale.

Il legislatore nazionale, sulla scia dell’interesse manifestato in materia dalla Corte di Giustizia Europea, con la legge n. 232/2016 all’ art.1 comma 81 (legge di bilancio2017), in vigore dal 1 gennaio 2017, ha modificato l’art. 182 ter L.F., ora più adeguatamente rubricato quale trattamento dei crediti tributari e contributivi.

Il novellato art. 182 ter L.F. sancisce che "con il piano di cui all’art. 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art.67, terzo comma lettera d."

Con la modifica è venuto meno il trattamento preferenziale accordato all’IVA e alle Ritenute, e si consente al debitore di offrire il pagamento parziale o dilazionato dei tributi o contributi a condizione che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato dalla vendita dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione, in caso di liquidazione avuto riguardo al loro valore di mercato. Valore di mercato che deve essere attestato da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 comma 3 lett. d) L.F. Il meccanismo è dunque quello, già noto, dell’art. 160 comma 2 L.F. per la falcidiabilità dei crediti privilegiati.

"L’equivoco dell’art.7 comma 1 della legge 3/2012".

La riforma del 2016 sulla L.F. si è ancora una volta disinteressata delle procedure di composizione della crisi, contribuendo così a generare confusione ed ambiguità, oltre a fondati sospetti di incostituzionalità.

L’art. 7 comma 1 è una delle rare disposizioni a carattere tributario contenute nella L. n. 3/2012, succ.mod.integr., questa, oltre a prevedere la possibilità che: "i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorchè ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato" esclude a pena di inammissibilità dell’accordo proposto, "la soddisfazione parziale dei crediti IVA, di quelli relativi a tributi costituenti risorse proprie della UE e di quelli relativi a ritenute operate e non versate", consentendo, per essi, solo una dilazione di pagamento.

L’impostazione prevista dalla norma non è affatto innovativa, in quanto è perfettamente sovrapponibile all’art. 182-ter L.F. che, disciplina la transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione.

E proprio in virtù di tale coincidenza, ci si chiede quale sia la ragione per cui, oggi che nemmeno con il concordato con transazione fiscale è vietato falcidiare l’IVA e le ritenute alla fonte, solo i soggetti non fallibili non possono falcidiare l’Iva e le ritenute, se nella liquidazione del patrimonio sia dimostrato che tali crediti tributari sarebbero incapienti, sia pure parzialmente.

La sentenza della Corte di Bruxelles sembra chiaramente applicabile anche alle procedure da sovraindebitamento in quanto l’esperto indipendente, esplicitamente indicato, è certamente il gestore della crisi, l’ Organismo di Composizione della Crisi, e la procedura di liquidazione è certamente quella prevista e disciplinata dall’art. 14-ter e ss. della legge n. 3/2012. Quindi, non vi è violazione della normativa euro unitaria da parte della legge nazionale, come la legge n. 3/2012 sull’accordo di composizione della crisi che, consentendo la degradazione a chirografario di un creditore prelatizio incapiente, per effetto di una perizia redatta da un esperto indipendente, assicuri al creditore tributario per IVA e ritenute, un trattamento non deteriore rispetto a quello che avrebbe in caso di una procedura esecutiva liquidatoria. E’ evidente il contrasto dell’art. 7 c. 1 (nella parte in cui tale norma stabilisce che il credito per IVA e ritenute può essere oggetto solo di dilazione e non di falcidia), per violazione dell’art. 3 comma 1 della nostra Costituzione in materia di uguaglianza formale. Pare infatti irragionevole il trattamento diverso di situazioni uguali, come quella di un imprenditore commerciale, sopra soglia, che con un concordato preventivo con o senza transazione fiscale può falcidiare l’Iva e le ritenute, incapienti nel fallimento, proponendo al creditore tributario un trattamento non deteriore di quello che riceverebbe in caso di fallimento, rispetto a quella di un imprenditore sotto soglia, che con un accordo di composizione della crisi non può falcidiare l’IVA e le ritenute, incapienti nella liquidazione del patrimonio, potendo solo proporre al creditore tributario o contributivo la dilazione di pagamento. Altra ingiustificata disparità di trattamento si verifica tra un imprenditore commerciale sopra soglia ed un imprenditore agricolo, che abbiano le stesse dimensioni in termini di ricavi, attivo e debiti: il primo con il concordato (con o) senza transazione fiscale, può falcidiare l’IVA e le ritenute, il secondo no, potendo solo proporre una dilazione. Ed oggi con il nuovo art. 182-ter L.F., modificato con l’art. 1 comma 81 della legge 232/2016, tale disparità di trattamento è ancora più palese, perché è venuta meno la fattispecie in cui il sovra indebitato e debitore fallibile avevano la stessa previsione di infalcidiabilità: il concordato con transazione fiscale. Ancora una volta agli operatori (Tribunali, OCC, Professionisti) spetta l’arduo compito di dare coerenza al sistema.

E’ questa la giusta prospettiva per la lettura della recentissima pronuncia ( del 26/04/2017) con cui il Tribunale di Pistoia ha ammesso la falcidia dell’IVA in sede di procedura di composizione della crisi. Ma di certo, tale supplenza non fa venir meno la necessità di una modifica dell’ art. 7 comma 1 della L. n. 3/2012. Da più parti si auspica un intervento tempestivo e risolutore del legislatore, giacchè ad oggi l’unica via percorribile pare essere quella di sollevare la questione di legittimità costituzionale ( in sede di ammissione di una proposta di accordo o in sede di omologazione di un accordo di composizione in cui sia proposta la falcidia dell’IVA e/o delle ritenute alla fonte), così che la Corte Costituzionale rimuova questa disparità di trattamento dal nostro ordinamento giuridico.