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Edifici nZEB e Superbonus

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Dal 2019 alcuni edifici pubblici si sono adeguati ai requisiti nZEB, (nearly Energy Zero Building), dal 2021 gli standard energetici europei si allargano a tutti i nuovi edifici e a quelli sottoposti ad estesa ristrutturazione.

A livello comunitario l’edificio ad energia quasi zero è stato promosso dalla direttiva EPBD (2010/31/EU), che si occupa di favorire il miglioramento della prestazione energetica dell’Unione Europea:

“Gli edifici sono responsabili del 40 % del consumo globale di energia nell’Unione. Il settore è in espansione, e ciò è destinato ad aumentarne il consumo energetico. Pertanto, la riduzione del consumo energetico e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore dell’edilizia costituiscono misure importanti necessarie per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni di gas a effetto serra.”

In Italia è stato promulgato il Decreto Ministeriale del 26 giugno 2015, come adeguamento delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, vengono definite prescrizioni e requisiti minimi: “I criteri generali si applicano agli edifici pubblici e privati, siano essi edifici di nuova costruzione o edifici esistenti sottoposti a ristrutturazione”.

Inoltre, vi è il Decreto Legge del 4 giugno 2013, n. 63: Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, aggiornato poi dalle disposizioni della Legge di Bilancio del 2018 (art.14).

Il Superbonus 110% ha determinato un incremento di interventi di ristrutturazione di una certa importanza, per poter usufruire dell’incentivo fiscale diventa dunque indispensabile l’attenzione al calcolo e alla verifica di alcuni parametri. Tuttavia, l’intervento di ristrutturazione di primo livello, in applicazione del Superbonus non prevede necessariamente la classificazione dell’edificio come nZEB.

Per edificio nZEB si intende: “Edificio ad altissima prestazione energetica [...]. Il cui fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta in situ.” La normativa aggiunge che la classificazione di edificio nZEB è strettamente necessaria solo quando l’intervento si estende alla totalità della superfice disperdente ovvero la superficie esterna, la superficie di ambienti non climatizzati, l’impianto di climatizzazione, il terreno e gli ambienti climatizzati ad una diversa temperatura.

Nonostante alcuni equivoci generati dalla concomitanza del Superbonus e dell’attuazione della direttiva europea, con l’obbligatorietà dal gennaio 2021 di progettare edifici ad energia zero, il numero di edifici nZEB in Italia secondo una stima di ENEA è in netto aumento, portando il consumo per riscaldamento e acqua calda dai 200/400 kWh/mq all’anno ai 30 kWh/mq all’anno.


Demolizione e ricostruzione: importanti novità introdotte dal DL semplificazioni

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Modifiche ai vincoli di volume, sagoma e sedime nellambito degli interventi di demolizione e ricostruzione

Il nuovo provvedimento, approvato dal Consiglio dei Ministri nella notte tra il 6 e il 7 luglio "salvo intese", contiene svariati interventi di semplificazione edilizia. Salvo possibili aggiustamenti di natura tecnica, come affermato dal Primo Ministro, il DL semplificazioni rivede, con l'art.10 - "Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia", tra le altre cose, la demolizione ricostruttiva con possibile aumento di cubatura e di altezze, l'ammissibilità di modifiche dei prospetti come opere di manutenzione straordinaria se indispensabili a garantire l’agibilità o l’accessibilità delle unità immobiliari, possibilità di proroga per i termini di inizio e fine lavori e rilascio d’ufficio dell’attestazione dell’avvenuta formazione del silenzio assenso da parte dello sportello unico edilizia (SUE).

In particolare, per quanto concerne gli interventi di demolizione e ricostruzione, il nuovo articolo 2-bis comma 1-ter del D.P.R. 380/2001, reciterà così: “Negli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti”. Allo stato attuale, invece, l’articolo 2-bis, comma 1-ter, del T.U. Edilizia prevede che, “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo”.

Le ricostruzioni conseguenti alle demolizioni, ad oggi, devono rispettare le distanze preesistenti (generalmente minori di quelle imposte alle nuove costruzioni) a patto di conservare l’area di sedime, il volume e l’altezza preesistenti. Nel caso di delocalizzazione dell’edificio o aumento di volume e/o altezza, si devono osservare le distanze vigenti al momento della nuova costruzione. Se il testo del DL, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, non subirà modifiche nel corso dell’iter parlamentare, tale regola decadrebbe consentendo di costruire un edificio diverso con volume maggiore, diversa sagoma e altezza mantenendo le distanze presistenti.

Di conseguenza il DL modifica anche l'art. 3, comma 1, lettera d) che definisce gli "interventi di ristrutturazione edilizia", modificando la definizione dei lavori di demolizione e ricostruzione. Il DL Semplificazioni modifica il testo in questo modo: “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”. Il TUE oggi prevede che “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”.


Laboratori ENEA aperti per coinvolgere la popolazione nella ricostruzione post terremoto del centro Italia.

fonte immagine:https://www.agensir.it/territori/2019/11/20/lesempio-virtuoso-degli-abitanti-di-collespada-basta-diatribe-la-ricostruzione-si-puo-fare-solo-collaborando/

ENEA insieme alle università Sapienza e Roma Tre, hanno messo in atto, nell’ambito del Progetto SISMI, un nuovo approccio innovativo per coinvolgere la cittadinanza nella ricostruzione delle località del Centro Italia colpite dai terremoti del 2016-2017.

“Il nuovo approccio ha previsto da una parte la verifica di tecnologie e metodiche già acquisite a livello scientifico e rese disponibili alle imprese che operano nel settore e dall’altra la comunicazione della loro efficacia attraverso il coinvolgimento dei cittadini alla sperimentazione sia direttamente in laboratorio, sia in collegamento via internet, con la possibilità di dialogare con i ricercatori durante l’esperimento”, spiega l’ingegner Gerardo De Canio che ha condotto fino a dicembre i test sulle “tavole vibranti” del Centro Ricerche ENEA di Casaccia. Studiando il comportamento sismico delle pareti murarie tipiche delle abitazioni dei centri storici dell’Appennino centro-meridionale, i test permettono di sviluppare soluzioni sostenibili per la prevenzione e il rinforzo strutturale del patrimonio edilizio danneggiato dal terremoto. Le prove sismiche sono state sviluppate in due fasi: la prima per determinare il valore di accelerazione al suolo che provoca un danno significativo a cui è seguito l’intervento di rinforzo strutturale; la seconda che ha previsto la ripetizione delle prove per verificare l’efficacia del rinforzo stesso.

I cittadini di Collespada, frazione di Accumoli, sono stati coinvolti nella sperimentazione e hanno condiviso i risultati delle simulazioni sul comportamento sismico delle strutture storiche e i dati sull’efficacia degli interventi effettuati e sulle tecnologie di recupero e miglioramento sismico adottate. Sono stati messi a disposizione della cittadinanza metodi e risultati dei test di verifica sismica effettuati sui materiali e sulle tecniche di intervento per la ricostruzione e il recupero.

Tutta la comunità della frazione di Collespada si è immediatamente mobilitata dopo l’evento sismico, formando un comitato ed attivandosi per cercare soluzioni operative unitarie, non frazionate nei singoli interventi. E' grazie al grande impegno e alla coesione dei proprietari delle abitazioni nel presentare pratiche uniche che è stato possibile avviare la ricostruzione unitaria della località, tra le prime del genere”, conclude De Canio.

Oltre al comitato degli abitanti di Collespada, i soggetti esterni con cui sono stati condivisi i risultati delle prove sperimentali e delle ricerche effettuate, sono stati il Comune di Accumoli, il Centro Operativo Intercomunale, lo studio di progettazione Arking Associati e la società Fibrenet. L’attività sperimentale è tuttora in atto per fornire ulteriori informazioni sull’efficacia degli interventi di consolidamento.


Aggiornamenti sul Ponte Morandi e preoccupazione per l'emanazione delle linee guida per la valutazione dei ponti in esercizio.

fonte immagine:https://www.quotidiano.net/cronaca/foto/incendio-genova-ponte-1.4960642

Fine d’anno non proprio di buon auspicio per il Ponte Morandi. Alle 5:20 del 31 dicembre 2019 si è verificato un incendio sulla sommità della pila 13, nel cantiere sul lato Levante del nuovo viadotto. Dopo l’incidente verificatosi a novembre del 2019 questo è un nuovo piccolo intoppo per il cantiere del nuovo Ponte Morandi. Secondo il cronoprogramma fissato ad ottobre, l’inaugurazione della nuova infrastruttura utile a ricongiungere Genova e tutto il Nord ovest dell’Italia è schedulata nella primavera 2020. Ad incendiarsi sono state le impalcature della pila 13. Gli operatori dei Vigili del Fuoco intervenuti nel cantiere del nuovo ponte sull’A10 sono riusciti a raggiungere le fiamme e ad estinguere l’incendio in memo di due ore, tempestivamente l’area di cantiere è stata messa in sicurezza. Le cause dell’innesco delle fiamme sono da ricercare in alcune scintille derivanti da un flessibile usato per le operazioni che erano in corso in quel momento, le scintille avrebbero raggiunto del polistirolo che ha innescato così le fiamme. L’incendio ha riguardato il cassero, la struttura in legno che serve per dare la forma alle pile di calcestruzzo. I cinque operai presenti in quel momento sulla pila hanno immediatamente lasciato la postazione e non hanno riportato ferite. Non è scattato il sequestro dell’area, pertanto i lavori sono ripresi non appena finite le operazioni di pulizia della pila dalle parti ammalorate che saranno, laddove necessario, sostituite. L'incidente, comunque, causerà un ulteriore ritardo nei lavori. Nelle scorse settimane il sindaco-commissario Marco Bucci aveva già annunciato un ritardo nella fine delle operazioni di un mese e mezzo circa.

Proprio in questi giorni è emersa una forte preoccupazione da parte dell’associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria (Oice) sulla prossima emanazione, da parte del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, delle linee guida per la valutazione dei ponti in esercizio. La maggior parte del nostro patrimonio infrastrutturale ha, come nel caso del ponte sul Polcevera o del viadotto dell’A6, 50 anni di vita almeno, necessita, quindi, di una manutenzione straordinaria nella maggior parte dei casi. Non necessariamente però queste opere devono essere mandate in pensione ma esigono un piano terapeutico giudizioso e metodico di manutenzione. La preoccupazione dell’Oice è che si arrivi ad un documento che, visti gli ultimi accadimenti e la pressante opinione pubblica e mediatica sulla questione, definisca regole non ponderate. E che potrebbero mettere in crisi l’esercizio dell’intera rete. L’Oice avanza pertanto diverse proposte. Sicuramente bisogna colmare le lacune lasciate dall’ultimo aggiornamento della normativa tecnica. Questo perché non si differenziarono le indicazioni per la verifica sismica degli edifici esistenti (soggetti ad azioni sismiche, quindi dinamiche e orizzontali) da quelle sui ponti esistenti (soggetti prevalentemente ad azioni da traffico, quindi quasi statiche e verticali). “La mancata differenziazione ha portato alla situazione attuale dove ancora oggi non sono chiare le metodologie da applicare per le verifiche di sicurezza per i carichi quasi statici delle costruzioni esistenti, con la conseguenza di interpretazioni non omogenee e di richieste che, talvolta, hanno poco a che fare con la sicurezza” dichiara Giorgio Lupoi, Consigliere OICE incaricato della normativa tecnica e sismica. Al Consiglio Superiore la richiesta di un confronto diretto con gli operatori che da anni affrontano in sede pratica questi aspetti. Le Società di ingegneria, hanno un’esperienza specifica tecnica in questo ambito. Potrebbero mettere a disposizione di tutti i tecnici che andranno sul campo ad effettuare le verifiche, indicazioni ben ponderate ed efficaci, a tutela dell’incolumità dell’utenza. “Occorre valutare anche l’impatto delle nuove linee guida in relazione alla definizione di un adeguato programma di manutenzione straordinaria per evitare di mettere in difficoltà, non tanto i concessionari autostradali che hanno risorse economiche adeguate, ma tutti gli enti che devono gestire le manutenzioni ed effettuare le verifiche su oltre 60.000 ponti e viadotti in Italia, dall’ANAS, alle provincie e ai comuni. Enti generalmente privi di risorse adeguate per intervenire nell’immediato su tutte le opere di loro proprietà”, afferma il Presidente Gabriele Scicolone. In conclusione le linee guida devono essere il primo passo di un piano di azione di ampio respiro.


Approvata in Senato la Legge di Bilancio 2020.

fonte immagine:https://www.occhionotizie.it/legge-bilancio-2020-cosa-prevede-testo-novita/

Dopo l’approvazione in Senato, con voto di fiducia del 16 dicembre, la legge di Bilancio 2020, passa ora alla Camera (dove dovrebbe essere votata il 22-23 dicembre). L’approvazione definitiva, e la pubblicazione in Gazzetta, dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2019. Poche novità e tante conferme, la Legge di Bilancio per il 2020 ha confermato le detrazioni fiscali in scadenza a fine 2019 (ecobonus e bonus ristrutturazioni) e inserito nel nostro ordinamento il bonus facciate, il cui funzionamento sarà meglio definito nei prossimi mesi con i necessari provvedimenti dell'Agenzia delle Entrate.

Per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, la Legge di Bilancio ha esteso fino al 31 dicembre 2020 la possibilità di beneficiare della detrazione del 50% delle spese sostenute con un limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità Immobiliare. L'agevolazione potrà continuare ad essere richiesta per le spese sostenute nell’anno, secondo il criterio di cassa, e dovrà essere suddivisa fra tutti i contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi.

Viene riconfermato anche per il 2020 il bonus mobili che prevede un detrazione del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. Per ottenere tale bonus sarà necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni. Non è fondamentale, invece, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile. La data di avvio dei lavori può essere dimostrata, per esempio, da eventuali abilitazioni amministrative o dalla comunicazione preventiva all’Asl, se è obbligatoria. Per gli interventi che non necessitano di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Confermato anche l'ecobonus che prevede una detrazione dal 50 all'85% delle spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

La legge Crescita aveva introdotto lo sconto diretto per ecobonus e sismabonus: i contribuenti potevano così chiedere l’applicazione della detrazione direttamente in fattura e le imprese, in teoria, potevano recuperare l’importo in compensazione in 5 anni. Questo particolare tipo di “sconto” ha però sin da subito suscitato non pochi dubbi sia tra le imprese sia tra i professionisti perché di fatto avrebbe agevolato solo le grandi imprese. La Legge di Bilancio 2020 ha però quasi del tutto cancellato tale sconto: sarà ammesso solo per gli interventi per le parti comuni degli edifici condominiali, con importi pari o superiori a 200.000 euro.

Una novità anticipata sin dalla prima bozza della Legge di Bilancio è il bonus facciate che prevede per il 2020 una detrazione pari al 90% delle spese documentate relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Si tratta di un credito di imposta del 90%, valido per il 2020, sulle spese sostenute per il restauro ed il recupero delle facciate degli edifici esistenti. Tali edifici , però, devono essere ubicati nelle zone “A” o “B” del PUG/PRG, ossia nei centri storici oppure nelle zone parzialmente o totalmente edificate. L’agevolazione mira, quindi, alla riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale ed al decoro urbano, con effetti sicuramente positivi anche per il settore edile.

La cedolare secca resta al 10% sugli affitti a canone concordato.