Il progetto Biopiattaforma di Sesto San Giovanni sarà il primo polo green in Italia dedicato alla circular economy. Si tratta di un progetto unico in Italia, promosso da gruppo Cap, gestore del servizio idrico integrato della Città Metropolitana di Milano e da Core, Consorzio Recupero Energetici, che prevede la trasformazione del termovalorizzatore, che nel 2021 cesserà la sua attività e del depuratore adiacente, in un polo dedicato all’economia circolare. La nuova struttura sarà caratterizzata da due linee produttive: la prima dedicata al trattamento dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque per la produzione di energia termica e fertilizzanti; la seconda di digestione anaerobica per il trattamento dei rifiuti umidi (la cosiddetta Forsu, Frazione Umida Organica) per la produzione di biometano.
Il termovalorizzatore verrà unito al depuratore attiguo, realizzando una piattaforma dedicata alla bioeconomia, di proprietà interamente pubblica. Il nuovo impianto ad alta tecnologia permetterà di smaltire tutti i fanghi di Cap e trasformarli in energia; l’acqua depurata sarà reimmessa nel fiume Lambro o servirà per irrigare le vicine aree verdi. Parallelamente, tratterà la frazione umida dei rifiuti dei comuni limitrofi per produrre biometano. Tutto questo grazie a un investimento consistente, pari a 47 milioni di euro, e al contributo scientifico di università, ricercatori e start up, che potranno sperimentare in loco nuove soluzioni green. Rispetto a oggi si prevede una consistente riduzione dei fumi e delle emissioni dannose (meno 76 per cento) e l’annullamento delle emissioni climalteranti.
Fin dall’inizio i comuni interessati dall’intervento hanno lanciato la proposta di coinvolgere i cittadini, compresi tutti quelli che normalmente non hanno la possibilità di esprimersi in prima persona nelle sedi istituzionali. Per realizzarlo Gruppo Cap ha coinvolto quindi i cittadini e le realtà del territorio attraverso il processo partecipativo BioPiattaformaLab. Una scelta non scontata che è stata accolta positivamente. È stato costituito il primo Rab (Residential Advisory Board) della Lombardia, ovvero un comitato di cittadini che seguirà i lavori. Per comporlo il gruppo ha eseguito una mappatura delle associazioni del territorio, convocandone i referenti, e ha programmato anche delle elezioni su base volontaria, destinate a chiunque desideri farne parte. Per candidarsi e trovare informazioni è stato realizzato un sito ad hoc: biopiattaformalab.it.
È in programma anche uno studio per la realizzazione di una pista ciclo-pedonale che connetta le aree verdi e il nuovo parco a Nord dell’impianto Cap-Core con la pista ciclo-pedonale a Sud lungo il Naviglio della Martesana. Oltre all’aggiornamento dell’attuale isola ecologica comunale con l’obiettivo di recuperare degli spazi esterni a verde per garantire il transito del percorso ciclo-pedonale lungo la sponda est del Lambro.
Il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (decreto Cura Italia) ha introdotto una nuova forma di congedo a favore dei genitori, anche affidatari, per contrastare l’emergenza Covid-19: il congedo parentale straordinario.
Non si tratta altro che di un nuovo strumento giuridico che permette alternativamente a entrambi i genitori lavoratori con figli di età inferiore ai 12 anni di godere, individualmente o in coppia, fino a 15 giorni al mese di permessi retribuiti al 50% dello stipendio. Tutto questo a patto che nel nucleo familiare non vi sia l’altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, oppure sia disoccupato o non lavoratore. Il limite dei 12 anni di età non si applica per i figli disabili in situazione di gravità accertata ai sensi della legge 104 che frequentino la scuola o che siano ospitati in centri diurni a carattere assistenziale. La possibilità di fruire dei 15 giorni di congedo Covid-19 vale anche per i genitori con figli di età compresa tra i 12 e i 16 anni: per loro, però, non è riconosciuta alcuna indennità.
Il congedo parentale straordinario, attivo dal 5 marzo 2020, spetta a lavoratori dipendenti privati, lavoratori dipendenti pubblici (che devono fare domanda alle loro amministrazioni) e lavoratori autonomi e iscritti alla gestione separata. Inoltre, può essere fruito a giornate singole, ma non può essere fruito a ore.
Questo nuovo strumento giuridico segue il modello del congedo parentale ordinario, che è stato introdotto dal Testo Unico in materia di sostegno alla maternità e alla paternità, che disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di tutti i figli (naturali, adottivi e in affidamento), emanato con il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
In forza dell’art. 32 del Testo unico, per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore, indipendentemente dalla situazione lavorativa in cui si trova l’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro, per un determinato periodo, continuativo o frazionato.
Il limite di età del minore previsto dall’art. 32 del Testo Unico è stato elevato ai dodici anni soltanto con il d.lgs n. 80/2015. Inizialmente, infatti, il limite di età del minore era di otto anni.
L'art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 80/2015 ha confermato la possibilità di fruizione del congedo parentale su base oraria, rinviando la disciplina concreta alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, ma prevedendo che, in assenza di determinazioni contrattuali collettive, ogni genitore lavoratore può scegliere la fruizione su base oraria, in misura non superiore alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga (quadrisettimanale o mensile) che ha preceduto immediatamente quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.
L'art. 9 del d.lgs. n. 80/2015 (modificando l'art. 34 del d.Lgs. n. 151/2001), oltre a innalzare ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni) il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto ad una indennità pari al 30% della retribuzione, ha spostato fino all'ottavo anno di vita del bambino la fruizione dell'indennità in caso di redditività individuale minima (quando il reddito individuale del genitore interessato sia inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione INPS).
Il congedo parentale straordinario può essere fruito anche da parte di chi ha esaurito il congedo parentale ordinario.
Con l’entrata in vigore del decreto Rilancio, la durata del congedo straordinario passa da 15 a 30 giorni e la fruizione, oggi possibile fino al perdurare dello stop delle lezioni, è prorogata al 31 luglio 2020. Inoltre, resta confermato che la fruizione del congedo spetta in via alternativa da uno solo dei genitori per nucleo familiare, a condizione che in famiglia non vi sia altro genitore beneficiario di ulteriori sostegni al reddito per sospensione o cessazione attività lavorativa o disoccupato o non lavoratore. Nel caso di figli disabili gravi, iscritti a scuole di ogni ordine e grado ospitati in centri diurni di assistenza, il congedo spetta ai genitori, anche affidatari, lavoratori (dipendenti o autonomi o parasubordinati) indipendentemente dall’età del figlio.
L’alternativa al congedo parentale straordinario per contrastare l’attuale emergenza sanitaria è costituita dal bonus baby sitter, che con il decreto Rilancio passa da 600 a 1200 euro (da 1.000 a 2.000 euro per il personale sanitario) e si estende ai centri estivi. L'obiettivo è quello di fornire un sostegno economico alle famiglie più in difficoltà a causa dell'emergenza Covid-19 per assistere i figli fino a 12 anni di età.
La riapertura dovrà garantire salute, sicurezza e rispetto dei vincoli normativi.
La riduzione del numero dei contagi registrata negli ultimi giorni ha dato degli incoraggianti segnali di possibilità di programmare la ripartenza delle attività produttive.
Dal 4 maggio si avvierà quindi la cosiddetta “Fase 2”, che probabilmente vedrà anche la riapertura dei cantieri edili, subordinata però al rispetto di taluni obblighi come l’uso dei dispositivi di protezione, il rispetto del distanziamento sociale e l’adozione di nuove procedure organizzative.
Per gestire in sicurezza i cantieri e prevenire i contagi, la Commissione per la prevenzione degli infortuni e l’igiene nei luoghi di lavoro (CNCPT), in collaborazione con l’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), ha messo a punto una serie di indicazioni pratiche per imprese e lavoratori.
Le linee guida messe a disposizione delle imprese fanno seguito alla sottoscrizione del protocollo di sicurezza del 24 marzo scorso tra le parti sociali.
Nelle procedure attuative del protocollo, sono indicate una serie di azioni per la tutela della sicurezza e i compiti a cura del datore di lavoro, del lavoratore e del coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione (CSE). Ad esempio, il datore di lavoro deve informare i lavoratori delle regole fondamentali con cartelli esplicativi e materiale informativo. Il lavoratore dovrà, a sua volta, firmare un modulo in cui dichiara di aver ricevuto l’informativa e di aver preso visione della stessa. Sempre il datore di lavoro dovrà comunicare i sistemi e i tempi di rilevazione della temperatura, nel rispetto delle norme sulla privacy. Si dovranno definire modalità con cui il dipendente comunica eventuali condizioni di pericolo, come i sintomi influenzali, e i locali in cui far stazionare i dipendenti con temperatura corporea superiore a 37.5°. L’azienda deve mettere a disposizione i detergenti per le mani, raccomandare procedure per l’igiene, regolare l’accesso dei fornitori esterni. Per facilitare ogni passaggio, sono state elaborate check list e moduli in modo da standardizzare le procedure.
Il CSE deve aggiornare il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) con riferimenti espliciti alle regole fondamentali di igiene e i lavoratori autonomi devono ricevere le stesse informazioni sulle misure da adottare in cantiere.
Inevitabilmente l’applicazione delle misure per la prevenzione della diffusione del virus, comporterà un aggravio dei costi per la sicurezza necessari alla prosecuzione dei lavori.
Sarà quindi necessario un confronto con la committenza, la direzione lavori ed il coordinatore per la sicurezza, ove nominato, per la quantificazione ed il riconoscimento di tutte le spese aggiuntive da dover sostenere.
Anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) propone il proprio contributo al dimensionamento delle misure anticontagio, adottando approcci integrati e specifiche metodologie d’azione volte a consentire l’efficace riorganizzazione e di conseguenza il sicuro riavvio delle attività produttive, coerentemente con i livelli di sicurezza sanitaria assegnati dalle autorità competenti.
Partendo dal “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” siglato dal Governo il 14 marzo 2020, il CNI ritiene corretto l’approccio previsto per i cantieri dove è presente il Coordinatore della Sicurezza in fase di Esecuzione, a cui è richiesto di predisporre e fare applicare un Piano di Sicurezza e Coordinamento integrativo finalizzato a definire le misure da adottare con i relativi costi.
Inoltre il CNI propone uno schema d’azione secondo il quale ogni attività produttiva dovrà predisporre un Piano di Sicurezza Anticontagio (PSA) redatto da un tecnico abilitato ad espletare il ruolo di Coordinatore della Sicurezza secondo l’attuale schema normativo definito nel D.Lgs. 81/2008 artt. 91-92 Titolo IV. Il PSA dovrà essere pensato come un documento dinamico e scalabile in grado di recepire tempestivamente le previsioni del comitato tecnico scientifico o della task force covid-19.
La verifica del corretto adempimento dei contenuti del PSA sarà di competenza del Coordinatore della Sicurezza in stretto coordinamento con il Comitato di Crisi. La quantificazione dei costi delle misure anticontagio sarà riportata nel PSA in riferimento a listini ufficiali ovvero a preventivi forniti dal Datore di Lavoro.
Le proposte sono state inviate dal CNI al al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli.
“Gli ingegneri italiani sono certi che proprio nei momenti di congiuntura sanitaria, economica e sociale come quelli che stiamo vivendo, oltre che per scongiurare il rischio di un 'contagio di ritorno', sia necessario affidare a professionisti responsabili e qualificati l’onere di garantire il puntuale rispetto dei protocolli anticontagio per aziende e cantieri, per il tempo necessario a decretare il termine dell’emergenza”.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2020 il Decreto Ministero dell'Interno 31 dicembre 2019 recante "Approvazione della modalità di certificazione per l'assegnazione, nell'anno 2020, del contributo agli enti locali per la copertura della spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza".
Il testo della Gazzetta dispone testualmente: "Al fine di favorire gli investimenti, sono assegnati agli enti locali, per spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonche' per investimenti di messa in sicurezza di strade, contributi soggetti a rendicontazione nel limite di 85 milioni di euro per l'anno 2020, di 128 milioni di euro per l'anno 2021, di 170 milioni di euro per l'anno 2022 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2034.";"Gli enti locali comunicano le richieste di contributo al Ministero dell'interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio dell'esercizio di riferimento del contributo. La richiesta deve contenere: a) le informazioni riferite al livello progettuale per il quale si chiede il contributo e il codice unico di progetto (CUP) valido dell'opera che si intende realizzare; b) le informazioni necessarie per permettere il monitoraggio complessivo degli interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio degli enti locali, nonche' per investimenti di messa in sicurezza di strade. Ciascun ente locale puo' inviare fino ad un massimo di tre richieste di contributo per la stessa annualita' e la progettazione deve riferirsi, nell'ambito della pianificazione degli enti locali, a un intervento compreso negli strumenti programmatori del medesimo ente locale o in altro strumento di programmazione."
Gli interventi, per i quali è possibile richiedere il contributo per la copertura delle spese di progettazione definitiva ed esecutiva, sono, quindi: messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico; messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio dell'ente; messa in sicurezza di strade.
La compilazione della certificazione, da trasmettere entro le ore 24:00 del 15 gennaio 2020, a pena di decadenza, non presenta particolari complessità. Sul sito internet della Finanza Locale, nella richiamata area riservata del Sistema Certificazioni Enti Locali ("AREA CERTIFICATI - TBEL, altri certificati") alla quale, per altri adempimenti, gli enti locali già accedono attraverso una utenza loro assegnata (unica per ciascun ente utilizzata, principalmente, dall’Ufficio Ragioneria), è stata aggiunta una sezione dedicata alla gestione applicativa della certificazione in argomento. La richiesta di contributo, munita della sottoscrizione, mediante apposizione di firma digitale, del rappresentante legale e del responsabile del servizio finanziario, trasmessa con modalità e termini diversi, non sarà ritenuta valida. L'eventuale invio di documentazione aggiuntiva che pregiudica la certezza del dato riportato nel modello già trasmesso telematicamente, comporta la non validità dello stesso ai fini del corretto adempimento comunicativo.
È facoltà degli enti, che avessero necessità di rettificare i dati già trasmessi, inviare, sempre telematicamente, una nuova certificazione, comunque entro il termine delle ore 24.00 del 15 gennaio 2020, previo annullamento della precedente certificazione che perderà la sua validità ai fini del concorso erariale.
Fine d’anno non proprio di buon auspicio per il Ponte Morandi. Alle 5:20 del 31 dicembre 2019 si è verificato un incendio sulla sommità della pila 13, nel cantiere sul lato Levante del nuovo viadotto. Dopo l’incidente verificatosi a novembre del 2019 questo è un nuovo piccolo intoppo per il cantiere del nuovo Ponte Morandi. Secondo il cronoprogramma fissato ad ottobre, l’inaugurazione della nuova infrastruttura utile a ricongiungere Genova e tutto il Nord ovest dell’Italia è schedulata nella primavera 2020.
Ad incendiarsi sono state le impalcature della pila 13. Gli operatori dei Vigili del Fuoco intervenuti nel cantiere del nuovo ponte sull’A10 sono riusciti a raggiungere le fiamme e ad estinguere l’incendio in memo di due ore, tempestivamente l’area di cantiere è stata messa in sicurezza. Le cause dell’innesco delle fiamme sono da ricercare in alcune scintille derivanti da un flessibile usato per le operazioni che erano in corso in quel momento, le scintille avrebbero raggiunto del polistirolo che ha innescato così le fiamme. L’incendio ha riguardato il cassero, la struttura in legno che serve per dare la forma alle pile di calcestruzzo. I cinque operai presenti in quel momento sulla pila hanno immediatamente lasciato la postazione e non hanno riportato ferite. Non è scattato il sequestro dell’area, pertanto i lavori sono ripresi non appena finite le operazioni di pulizia della pila dalle parti ammalorate che saranno, laddove necessario, sostituite.
L'incidente, comunque, causerà un ulteriore ritardo nei lavori. Nelle scorse settimane il sindaco-commissario Marco Bucci aveva già annunciato un ritardo nella fine delle operazioni di un mese e mezzo circa.
Proprio in questi giorni è emersa una forte preoccupazione da parte dell’associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria (Oice) sulla prossima emanazione, da parte del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, delle linee guida per la valutazione dei ponti in esercizio. La maggior parte del nostro patrimonio infrastrutturale ha, come nel caso del ponte sul Polcevera o del viadotto dell’A6, 50 anni di vita almeno, necessita, quindi, di una manutenzione straordinaria nella maggior parte dei casi. Non necessariamente però queste opere devono essere mandate in pensione ma esigono un piano terapeutico giudizioso e metodico di manutenzione.
La preoccupazione dell’Oice è che si arrivi ad un documento che, visti gli ultimi accadimenti e la pressante opinione pubblica e mediatica sulla questione, definisca regole non ponderate. E che potrebbero mettere in crisi l’esercizio dell’intera rete.
L’Oice avanza pertanto diverse proposte. Sicuramente bisogna colmare le lacune lasciate dall’ultimo aggiornamento della normativa tecnica. Questo perché non si differenziarono le indicazioni per la verifica sismica degli edifici esistenti (soggetti ad azioni sismiche, quindi dinamiche e orizzontali) da quelle sui ponti esistenti (soggetti prevalentemente ad azioni da traffico, quindi quasi statiche e verticali). “La mancata differenziazione ha portato alla situazione attuale dove ancora oggi non sono chiare le metodologie da applicare per le verifiche di sicurezza per i carichi quasi statici delle costruzioni esistenti, con la conseguenza di interpretazioni non omogenee e di richieste che, talvolta, hanno poco a che fare con la sicurezza” dichiara Giorgio Lupoi, Consigliere OICE incaricato della normativa tecnica e sismica.
Al Consiglio Superiore la richiesta di un confronto diretto con gli operatori che da anni affrontano in sede pratica questi aspetti. Le Società di ingegneria, hanno un’esperienza specifica tecnica in questo ambito. Potrebbero mettere a disposizione di tutti i tecnici che andranno sul campo ad effettuare le verifiche, indicazioni ben ponderate ed efficaci, a tutela dell’incolumità dell’utenza.
“Occorre valutare anche l’impatto delle nuove linee guida in relazione alla definizione di un adeguato programma di manutenzione straordinaria per evitare di mettere in difficoltà, non tanto i concessionari autostradali che hanno risorse economiche adeguate, ma tutti gli enti che devono gestire le manutenzioni ed effettuare le verifiche su oltre 60.000 ponti e viadotti in Italia, dall’ANAS, alle provincie e ai comuni. Enti generalmente privi di risorse adeguate per intervenire nell’immediato su tutte le opere di loro proprietà”, afferma il Presidente Gabriele Scicolone. In conclusione le linee guida devono essere il primo passo di un piano di azione di ampio respiro.