Il pignoramento presso terzi è la procedura volta a pignorare le somme dovute al debitore da parte di soggetti terzi prima ancora che queste somme siano accreditate al debitore medesimo. Il caso tipico è il pignoramento dello stipendio prima del bonifico sul conto del dipendente o il pignoramento della pensione prima che l’assegno venga consegnato al pensionato. Stesso discorso per il pignoramento del conto corrente, atteso che le somme sono nella materiale disponibilità della banca. In materia di tributi lo strumento è disciplinato dall’art. 72 bis del D.P.R. 602/73.
L'ordine di cui all'art. 72 bis è l'atto iniziale della procedura esecutiva esattoriale, alternativa al pignoramento, come previsto dal codice di procedura civile.
Si tratta di una procedura di carattere stragiudiziale, che non richiede ancora l’attività del Giudice dell’Esecuzione, per cui l'agente-concessionario della riscossione notifica al debitore e al terzo (verso cui il debitore vanti a sua volta dei crediti) l'ordine di pagare il credito direttamente all'agente della riscossione.
Di solito l’agente della riscossione (oggi Agenzia Entrate Riscossione), si limita a indicare le somme dovute dal debitore nel loro ammontare complessivo, senza dare troppe spiegazioni sulle ragioni del debito.
Sulla questione è intervenuta la Suprema Corte, la cui 3^ Sez. Civile ha enunciato il seguente importantissimo principio di diritto: L’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 72-bis in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte. Consegue che l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l’agente di riscossione esercita – Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ex articolo 49, comma 3, – le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto ( sent. 26519 del 09/11/2017).
In sostanza, se nell’atto di pignoramento manca l’indicazione dettagliata dei crediti, della loro natura, dei singoli importi dovuti, delle cartelle a cui tali importi si riferiscono, tutta la procedura di pignoramento presso terzi è illegittima. Illegittimità che deriva dalla violazione dell’art. 543 cpc secondo cui il pignoramento presso terzi deve contenere l’indicazione del credito per il quale si procede.
E per la Suprema Corte, non vale a superare tale illegittimità, l’allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento, giacchè : Non può dirsi che le indicazioni sui crediti possano ritrarsi per relationem dal corpo dell’atto di pignoramento notificato. Non vi è infatti dimostrazione che con tale atto sia stato effettivamente notificato all’opponente anche l’elenco delle cartelle per cui si procede. In realtà non vi è alcuna ragionevole sicurezza che tale elenco facesse effettivamente parte dell’atto di pignoramento, posto che esso non reca alcun timbro di unione a tale atto, contiene una data apparente posteriore a questo, redatto su un documento separato rispetto a quello principale, è posto dopo la parte conclusiva ed è anche privo di alcuna autonoma sottoscrizione( sent. 26519 del 09/11/2017).
La legge 4 agosto 2017, n. 124 – detta Legge sulla concorrenza, in vigore dal 29 agosto, è intervenuta sulle professioni cosidette protette dagli avvocati ai notai, dagli ingegneri agli agrotecnici, dai farmacisti agli odontoiatri, contribuendo a rinnovare lo svolgimento delle prestazioni, a cominciare dalla fase del conferimento dell’incarico.
La novità di maggior rilievo riguarda la trasparenza del rapporto con il cliente, essendo stata prevista l' obbligatorietà del preventivo della prestazione professionale, per gli avvocati e per tutti gli altri professionisti.
Il legislatore, anche su indicazione dell’Antitrus, ha previsto che l’avvocato e gli altri professionisti dal 29 agosto, data di entrata in vigore della legge, dovranno comunicare la previsione dei costi, in forma scritta e articolata per voci di spesa.
In verità il Garante aveva auspicato e sperato in qualcosa di più, come la rimozione di una serie di limiti alla concorrenza contenuti nella legge 247/2012; tuttavia nella versione definitiva non è stata confermata la riserva di competenza per l’attività di consulenza legale e stragiudiziale, che resta appannaggio esclusivo degli iscritti all’ordine forense.
La nuova norma ha modificato anche le forme di esercizio della professione legale, in particolare nelle società tra avvocati. La forma societaria è consentita solo a società di persone, società di capitali o società cooperative, con la possibilità di soci di capitale. Tuttavia i soci professionisti (avvocati o professionisti iscritti ad altri albi) devono essere almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto. Vietata comunque la partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona. E resta in ogni caso il “dogma” della «personalità della prestazione professionale», pur se conferita alla società. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione.
Quanto agli ingegneri, viene meno l’equivoco sulle società, estendendo a quelle costituite in forma di società di capitali o cooperative la disciplina della legge n. 266 del 1997, che per prima aveva consentito l’esercizio della professione in forma societaria.
Per quanto riguarda gli agrotecnici, è stata estesa a questi soggetti l’abilitazione a compiere una serie di operazioni in materia catastale.
Per tutti i professionisti, oltre al vincolo del preventivo in forma scritta, è previsto l’obbligo di indicare e comunicare a prescindere i titoli conseguiti e le eventuali specializzazioni «al fine di assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell’utenza».
E’ l’art. 119 del T.U.B. ‐ rubricato “comunicazioni periodiche alla clientela” ‐ a disporre che le banche e gli intermediari finanziari: devono fornire al cliente, nei contratti di durata - sono contratti di durata quelli che si protraggono nel tempo es.: mutui, leasing- una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto, almeno una volta all'anno e comunque alla scadenza del contratto.
L’invio di tali comunicazioni deve avvenire in forma scritta o mediante altro supporto durevole, preventivamente accettato dal cliente (art. 119 T.U.B., co. 1). Mentre per i rapporti regolati in conto corrente, gli istituti di credito, devono inviare l'estratto conto, con periodicità annuale oppure a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile (art. 119 T.U.B., co. 2). Inoltre devono fornire , copia della documentazione per le singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni; e questo entro un congruo termine, o comunque non oltre 90 giorni dalla domanda, con addebito al cliente dei costi di produzione della documentazione (art. 119 T.U.B., co.4).
La disposizione richiamata nulla prevede in merito alla copia dei contratti, riferendosi alle sole “comunicazioni periodiche” , prevededo inoltre che, la richiesta può riferirsi a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.
E' ormai pacifico, che il cliente abbia il diritto di ricevere anche copia dei contratti sottoscritti e che tale diritto, sia di rango superiore, rispetto al dirirtto di ricevere copia della documentazione relativa a singole operazioni di cui all'art. 119 del T.U.B.
L’obbligo in capo alla banca di consegnare copia del contratto discende dal dovere generale di correttezza di cui all'art. 1175 cc.,che oltre ad imporre alle parti contraenti di agire secondo le regole della buona fede impone che Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.
Pertanto, il fondamento dell'obbligo di consegna della documentazione che grava sulla banca, risiede nel principio della buona fede contrattuale, ed in quel suo particolare risvolto rappresentato dal dovere di reciproca solidarietà tra i contraenti.
Peraltro lo stesso Testo Unico Bancario (art. 117) ‐ dopo aver previsto a pena di nullità che i contratti siano redatti per iscritto ‐ ne impone la consegna ai clienti, i quali hanno quindi diritto a riceverne copia sia al momento della sottoscrizione che successivamente.
Ma cosa succede se la banca non produce o non renda disponibili tali documenti, neanche dietro richiesta formale da parte del cliente? Su questa questione si è pronunciato il 17/10/2017 il Trib. di Campobasso. Il giudice molisano ha ritenuto ammissibile il ricorso per decreto ingiuntivo ai danni della banca per la consegna della documentazione contrattuale e contabile. Nel caso di specie la richiesta era rivolta ad ottenere copia del contratto , degli e.c. e del conto scalare, che non era stata prodotta dalla banca dietro richiesta del cliente ai sensi dell’art. 119 TUB.
La rottamazione bis consente di sanare le cartelle esattoriali relative a carichi affidati all’agente della riscossione dal primo gennaio al 31 dicembre 2017.
Attenzione, non si tratta di una nuova possibilità di definizione agevolata per coloro che non avevano aderito alla sanatoria dello scorso anno, ma riguarda esclusivamente i carichi in corso d’anno.
E’ anche possibile la riammissione alla rottamazione 2016/2017 per coloro pur avendo aderito, poi non hanno pagato le rate.
Una novità riguarda i soggetti che avevano interrotto piani di rateazione, la legge dell’anno scorso impediva l’accesso a coloro che avevano un piano di rateazione in essere al 24 ottobre 2016 e non avevano pagato tutte le rate scadute il 31 dicembre 2016. Anche per questi contribuenti, si apre una nuova finestra.
L’art. 1 del decreto 148/2017 consente di sanare i carichi da gennaio a settembre, però non possono essere sanate cartelle emesse negli anni scorsi, la norma prevede solo la riapertura dei termini per le rate di luglio e settembre fino al prossimo 30 novembre.In sostanza, chi non ha approfittato della rottamazione dello scorso anno, introdotta dal decreto 193/2016 (collegato alla manovra finanziaria 2017), ha perso la possibilità di sanare le cartelle emesse dal 2006 al 2016.
Anche questa definizione consente di sanare pendenze fiscali, contributive, multe stradali, tributi locali, con il pagamento della somma originariamente dovuta e l’aggio e le somme dovute per le procedure esecutive. Non si pagano, invece, interessi di mora e sanzioni. Per quanto riguarda le multe stradali (che sono sanzioni), non si pagano gli interessi di mora.
Le domande si presenteranno entro il 15 maggio 2018. Previsto, come lo scorso anno, il pagamento dilazionato, fino a un massimo di cinque rate, con scadenze luglio 2018, settembre 2018, ottobre 2018, novembre 2018 e febbraio 2019.
E' scattato lo scorso 12 ottobre l’obbligo, da parte del datore di lavoro, di comunicare all’Inail gli infortuni subiti sul lavoro che comportano una prognosi superiore a un giorno, oltre a quello dell’infortunio. La comunicazione ha soli fini statistici e informativi.
La finalità affianca, senza intaccare, l’obbligo a fini assicurativi di comunicare gli infortuni superiori a 3 giorni.
L’obbligo è legato a quanto previsto dal decreto 183/2016, per effetto del quale l’articolo 18 del decreto legislativo 81/2008 imporrà al datore di lavoro di comunicare all’INAIL, o all’IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni.
La comunicazione risponde a finalità di orientamento, programmazione, pianificazione e valutazione dell’efficacia di azioni di prevenzione degli infortuni e delle malattie correlate al lavoro, nonché di indirizzo delle relative attività di vigilanza (per progressivamente migliorare i livelli di efficacia degli interventi).
Il mancato rispetto degli obblighi di comunicazione comporta sanzioni pecuniarie fino a 1.972 euro in caso di infortuni più brevi e fino a 4.932 euro per assenze superiori ai 3 giorni.