S'intensifica la lotta all’evasione fiscale e ad essere presi di mira sono settori ben precisi, a fronte di una montagna di 100-110 miliardi di euro tra tributi e contributi evasi ogni anno.
L'Agenzia delle Entrate punta al controllo serrato di libretti e conti correnti: l'obiettivo è quello di misurare il risparmio, quindi i depositi dei contribuenti.
Una variazione consistente del risparmio rispetto al reddito medio potrebbe far scattare un accertamento. Saranno oggetto di controlli: i dati sull’apertura e la chiusura dei rapporti finanziari, le informazioni sui saldi e i movimenti di conti correnti, conti di deposito, rapporti fiduciari, carte di credito e altri rapporti finanziari.
Per quest'anno i primi a finire sotto la lente del Fisco saranno le persone fisiche e nel 2019 quelle giuridiche.
Il Fisco utilizzerà le informazioni contenute nell’archivio dei rapporti per ricostruire il patrimonio finanziario dei contribuenti, di modo da individuare eventuali incrementi non giustificati dai redditi prodotti nell’anno, al netto delle spese sostenute.
Le eventuali incoerenze saranno considerate sintomo di rischio fiscale e potranno far partire le ordinarie attività di accertamento dell’Agenzia.
Il quadro normativo di riferimento è sancito dagli artt. 116 e 117 TUB. Le norme prevedono per le Banche l’obbligo di pubblicizzare in modo chiaro le condizioni economiche applicate alla propria clientela.
L' art. 116, comma 3 TUB rimette al CICR il compito di individuare il margine degli obblighi informativi, mentre la Banca d’Italia ha disciplinato l’ISC nel Titolo X delle proprie Istruzioni di vigilanza, emanando le disposizioni sulla Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari .
A norma del paragrafo 9, sezione II delle Istruzioni, i finanziamenti (intesi come operazioni di mutuo, anticipazioni bancarie, aperture di credito in conto corrente, nonché i prestiti personali e i prestiti c.d. “finalizzati”) devono riportare tanto nel foglio illustrativo quanto nel documento di sintesi l’ISC (Indicatore Sintetico di Costo), calcolato secondo la formula prevista dalla Banca d’Italia per il TAEG .
In passato, costante giurisprudenza ha reputato che, la difformità tra l’ISC indicato in contratto e il TAEG effettivamente applicato, avesse quale conseguenza diretta la sanzione dell’invalidità del contratto. Sanzione questa sancita espressamente dall’art. 117 TUB.
Ed in tal senso erano orientate le pronunce emesse dal Tribunale di Napoli ( sent. n. 7779 del 25/05/2015) e dal Tribunale di Chieti(sent. n. 230 del 23/04/2015).
Infatti, il Tribunale di Napoli affermava che, dalla mancata indicazione dell’ISC scaturisse la sanzione della nullità del contratto, per assenza del contenuto tipico individuato dalla Banca d'Italia con riferimento a particolari tipi di contratto (art. 117, comma 8 TUB). La sanzione si giustificava sull'assunto che il calcolo dell’ISC non consiste in una semplice somma algebrica di fattori riportati nel contratto, ma impone invece di fare riferimento alla formula matematica per la determinazione del TAEG e, quindi, a un elemento che il cliente non è in grado di desumere autonomamente dal contratto .
Mentre il Tribunale di Chieti riteneva che, l’indicazione nel contratto di un ISC inferiore rispetto al TAEG, costituisse una violazione di quanto disposto dall’art. 117, comma 6 TUB, ai sensi del quale sono da ritenersi nulle quelle clausole che prevedono per i clienti condizioni economiche più sfavorevoli di quelle pubblicizzate.
Antitetica alle precedenti è la posizione assunta recentemente dal Tribunale di Milano ( IV ^sez. sent. n. 10832 del 26 ottobre 2017), per il quale la mancata indicazione dell’ISC non determina alcuna invalidità del contratto di mutuo (né tantomeno della sola clausola relativa agli interessi), ma al più si configura come illecito, con conseguentemente responsabilità contrattuale della banca.
Il provvedimento sul nuovo spesometro, recepisce le modifiche introdotte dal decreto fiscale, applicando le tutele fissate dallo Statuto del contribuente.
Molte sono le novità, in particolare, è prevista un’ulteriore proroga dei termini per l’invio della comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017.
Tra le nuove misure introdotte vi è la semplificazione delle informazioni richieste.
Ora per la comunicazione dei dati riepilogativi per le fatture emesse e ricevute di importo inferiore a 300 euro, è possibile la scelta di trasmettere i dati con cadenza trimestrale o semestrale.
Anche la scadenza per la comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017, originariamente fissata al 28 febbraio, è stata spostata al 6 aprile 2018, cioè al sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del provvedimento.
Stessa scadenza è prevista per le eventuali integrazioni e per la trasmissione telematica opzionale dei dati delle fatture emesse e ricevute. Inoltre, le comunicazioni delle fatture riferite alle operazioni del 2018 – anche per chi esercita l’opzione – potranno essere inviate con cadenza trimestrale o semestrale.
Altra semplificazione è data dalla possibilità di inviare in modo cumulato le fatture di importo inferiore a 300 euro: infatti è ora possibile comunicare i dati relativi al documento riepilogativo anziché quelli dei singoli documenti. E’ stato anche limitato il numero delle informazioni da trasmettere, infatti è facoltativo compilare i dati anagrafici di dettaglio delle controparti.
Infine, i contribuenti possono trasmettere i dati delle fatture emesse, di quelle ricevute e delle relative variazioni sia con cadenza trimestrale che con cadenza semestrale.
Le nuove regole possono essere utilizzate anche per inviare le comunicazioni integrative di quelle errate riferite al primo semestre 2017.
Per agevolare i contribuenti e gli intermediari, l’Agenzia mette a disposizione sul proprio sito internet due pacchetti software gratuiti, uno per il controllo dei file delle comunicazioni e uno per la loro compilazione.
Lo scorso 26 Gennaio con decreto motivato, il GIP del Tribunale di Roma, ha disposto la riapertura delle indagini, rigettando la richiesta di archiviazione proposta dal P.M. nei confronti d in un istituto di credito.
Il giudice delle indagini preliminari ha infatti ritenuto che : nel caso sia comprovato che il tasso effettivo del contratto di mutuo - comprensivo degli elementi indicati dall’ art. 644 c.p. - sia superiore al tasso soglia, è necessario proseguire le indagini preliminari per stabilire a chi possa attribuirsi il reato.
Cresce l’attesa per l’avvio dell’operazione compliance annunciata da tempo dall’Agenzia delle Entrate. Di fatto è l’ultima chiamata per il percorso avviato con la rottamazione delle cartelle esattoriali, la definizione agevolata che permette di chiudere i conti con l’Agenzia delle entrate per il periodo tra il 2000 e il 2016.
Nei prossimi giorni i contribuenti che pur aderendo alla definizione questa non si era perfezionata per il mancato pagamento delle rate, riceveranno una comunicazione/invito da parte dell’ufficio. Non si tratterà di una lettera di richiamo. Anzi. Il Fisco ricorderà al contribuente che, pur avendo rinunciato alla rottamazione, potrà riprendere in mano il vecchio piano di rateazione, ripartendo da lì dove l’aveva interrotto.
La nuova chance è in realtà un ritorno al passato. Chi aveva un piano di rateazione in corso alla data di presentazione della domanda di adesione alla definizione agevolata può rientrare in quel meccanismo di pagamento scaglionato che naturalmente non prevede lo sconto su sanzioni e interessi previsto invece dalla rottamazione. Il vantaggio però è rappresentato dalla possibilità di diluire nel tempo il debito fino a un massimo di 72 rate (sei anni)o addirittura 120 (10 anni) nei casi di comprovata difficoltà economica in cui è comunque garantita la solvibilità.
Le domande potranno essere presentate fino a maggio.