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“Pandemia e sfide green”: presentato il dossier del Green City Network

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Una riflessione su cambiamenti dei consumi ai tempi del Coronavirus e sul futuro dell’abitare in chiave green

Presentato il 9 aprile in diretta su Facebook, a circa un mese dall’inizio delle misure di distanziamento sociale, il Dossier “Pandemia e sfide green del nostro tempo”. La web conference organizzata dal Green City Network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in partnership con Ecomondo – Key Energy, ha aperto una riflessione su come gestire le nostre abitazioni, gli spazi intermedi e le nostre città dopo la pandemia. L’emergenza sanitaria in atto, infatti, sta sconvolgendo abitudini e stili di vita, causando una riduzione delle emissioni di gas serra, del traffico e mettendo in discussione modelli di consumo e di gestione dei rifiuti, dimostrando, tra le altre cose, che il tema del cambiamento climatico è strettamente connesso alle attività umane. Questo periodo così difficile può essere quindi un’occasione per ripensare gli stili di vita e la gestione delle città in chiave green. La pandemia apre anche una riflessione su come ripensare le abitazioni e gli spazi intermedi (terrazzi, balconi, giardini condominiali ecc). Sul tema si sono confrontati Fabrizio Tucci, Professore della Sapienza di Roma e Coordinatore del Gruppo Internazionale di Esperti del Green City Network, affiancato da Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo Sostenibile.

“Durante questa pandemia i consumi sono calati, l’attenzione sui consumi alimentari è cresciuta – ha dichiarato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – ma dopo si tornerà al punto di partenza precedente, come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo? Di quanto siano importanti e delicati i consumi alimentari, caratterizzati da alti sprechi e alti impatti e come la quantità di materiali che consumiamo sia enormemente cresciuta e ormai insostenibile. Stiamo avendo difficoltà nella gestione dei rifiuti e nel riciclo. Vi presteremo maggiore attenzione e trarremo una spinta maggiore per l’economia circolare, o metteremo in crisi i passi avanti compiuti prima della pandemia? Le emissioni di gas serra stanno calando, ma non dobbiamo trascurare la crisi climatica e le misure di decarbonizzazione perché dopo la crisi le emissioni torneranno a crescere se non si cambia. Il traffico in città è crollato, ma dopo riprenderà come prima o possiamo riflettere su come rendere la nostra mobilità nelle città meno inquinante e meno congestionata?” “Probabilmente, anche attenuata o passata l’emergenza – ha detto Fabrizio Tucci, Professore ordinario della Sapienza Università di Roma e Coordinatore del Gruppo internazionale degli esperti del Green City Network – rimarrà intaccato e mutato nella sua natura e nelle sue modalità il modo di vivere ed “abitare”. Potremmo vivere questo incredibile periodo di forzata sperimentazione collettiva come occasione da cogliere per decidere di produrre nuove forme e nuovi spazi dell’Abitare, migliori per la collettività, più giusti e più inclusivi per le fasce più deboli, e più in linea con gli obiettivi propri di quello che definiamo green city approach”.

La riduzione delle emissioni dovute alla chiusura delle attività produttive, di industrie e servizi, e del trasporto, prevedibilmente non durerà dopo la crisi e non dovrebbe portare a sottovalutare l’impegno necessario e di lungo termine per contrastare il riscaldamento globale. Il trend delle emissioni globali, prima della pandemia da coronavirus era ben lontano dalla drastica riduzione necessaria prevista dall’Accordo di Parigi del 2015. In questo quadro la decarbonizzazione del settore civile resta una priorità. I consumi medi di una abitazione italiana normalizzati rispetto alle condizioni climatiche medie europee, sono alti, 1,91 tep/anno, contro, ad esempio, i 1,66 tep/anno della Germania. Nel dossier vengono proposte buone pratiche green nel settore residenziale per contrastare i cambiamenti climatici, aumentando l’efficienza e riducendo i consumi di energia, aumentando la produzione e l’uso nel settore residenziale delle fonti rinnovabili per elettricità e usi termici.

Per quanto riguarda i trasporti, si dovrà evitare che a crisi finita si ritorni al traffico inquinante delle nostre città. Sarà importante aprire una riflessione sulla modifica del modello di mobilità urbana dopo il Coronavirus. Le misure di confinamento spingono anche a riflettere sui fattori che determinano le scelte di mobilità, come ad esempio l’utilità dello spostamento, la scelta tra diverse possibili modalità in base all’efficienza, le alternative allo spostamento. Aver dovuto limitare il raggio di azione a qualche centinaio di metri intorno alla propria abitazione ha fortemente ridotto il ricorso all’auto, interrompendo un’abitudine. Il dossier indica anche buone pratiche green per rendere più sostenibile la mobilità nelle città, per ridurre gli spostamenti non necessari, per ridurre l’uso dell’auto nelle città e per promuovere l’uso di mezzi più ecologici.

La seconda parte del Dossier è dedicata all’abitare. La riflessione parte da come la pandemia ha cambiato l’utilizzo degli spazi nelle abitazioni per pensare a come questi cambiamenti possono influire sulla nostra visione e progettazione dell’Abitare anche dopo la pandemia. Gli spazi attrezzati per lo smart working all’interno dell’abitazione, l’abitazione concepita non più come solo dormitorio, ma anche luogo di lavoro, di studio e di cultura, di svago e di socialità. La pandemia ha insegnato degli spazi aperti, dei balconi, terrazzi, cortili e giardini anche condominiali, tutti gli spazi intermedi in generale che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, con il green building approach. L’ emergenza coronavirus ha fatto anche ripensare all’importanza dello spazio urbano, ad una struttura urbanistica che assicuri prossimità delle residenze ai servizi, alle strutture lavorative e ricreative, così da ridurre gli spostamenti da una zona all’altra della città e i pendolarismi.


Masdar City, l’Eco-città negli Emirati Arabi

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Continuano i lavori per la realizzazione del progetto firmato Foster and Partners: meno tecnologica e più sostenibilità per la città green del Medio Oriente

Situata nel cuore degli Emirati Arabi, a pochi chilometri dalla capitale Abu Dhabi, Masdar City è stata progettata e concepita come la prima città "carbon neutral". Letteralmente il suo nome vuol dire “città sorgente”, intesa come "sorgente" di energie alternative, che permettono alla città di autoalimentarsi e rendere la produzione dei rifiuti quasi uguale a zero. La città è collocata nel deserto, estendendosi su un’area di circa 6 km quadrati, ed è stata pianificata per una popolazione di circa 50.000 abitanti secondo i più innovativi principi tecnologici di eco sostenibilità. Il Masdar City project ha avuto inizio nel 2006 finanziato dall’Abu Dhabi Future Energy Company (ADFEC), presieduta dallo sceicco Mohammad Bin Zayed Al Nahyan, con un budget di spesa di circa 22 miliardi di dollari; nel 2016 è stata completata la prima fase mentre nel 2017 ha avuto inizio la seconda.

Il progetto, sviluppato dallo studio di architettura inglese Foster and Partners, è fondato su quattro grandi temi: identità, pedonabilità, sostenibilità e replicabilità. In particolare, ispirandosi alla cultura locale e al paesaggio naturale degli Emirati Arabi, il progetto prevede di creare spazi che animano e coinvolgono la città e la comunità, focalizzandosi, inoltre, sulla mobilità sostenibile e sull’incentivazione dei percorsi pedonabili. Tutti i camminamenti sono immersi nel verde, in modo da consentire agli abitanti di muoversi facilmente in aree ombreggiate, che favoriranno anche l’abbassamento delle temperature delle zone vicine. Nella fase 2 del progetto vengono integrate le pratiche di progettazione sostenibile mediante un approccio ecologico a tutti i livelli, dagli edifici al paesaggio urbano: si punta sia sullo sfruttamento di energia rinnovabile con strategie di progettazione passiva e a livello paesaggistico sono sviluppate una serie di idro-zone e molte aree verdi, per il 70% costituite da piantagioni del luogo.

Il punto focale del progetto è dato dalla replicabilità delle strategie previste: Masdar City diventea quindi un modello ed esempio di progettazione di città sostenibile imitabile e replicabile in tutta la regione, ma anche in altre parti del mondo. La città è completamente alimentata dall’energia solare che copre circa l’80% del fabbisogno di energia elettrica necessaria a sostentare la città e proviente per la maggior parte da una centrale fotovoltaica ampia 21 ettari, posta poco fuori il perimetro di Masdar City. Anche i tetti delle abitazioni sono integrati con pannelli fotovoltaici per aumentare la produzione elettrica, e inoltre, gigantesche strutture ombrelliformi, dotate di cellule fotovoltaiche, sono dislocate su tutto lo spazio pubblico. Quest’ultime durante il giorno sono aperte sulla piazza, assorbono il calore e la luce solare e allo stesso tempo offrono un luogo ombreggiato e riparato al di sotto del quale è possibile svolgere delle attività. La sera, invece, queste strutture si richiudono su se stesse per dar vita a grandi boccioli luminosi che rilasciano anche calore gradualmente.

Le strette strade di Masdar City sono state progettate in modo da sfruttare i moti convettivi dell’aria e mantenere temperature più basse grazie anche alla costruzione di una grande torre del vento in grado di incanalare per le vie cittadine le correnti d’aria fresche provenienti dall’alto, raffrescando così la temperatura al livello stradale di circa 10°C. Per produrre energia pulita inoltre è stata progettata dal New York Design Studio Atelier la centrale eolica Windstalk, che non prevede l’utilizzo di turbine eoliche rumorose, ma si tratta di circa 1.200 pali in fibra di carbonio, alti circa 55 metri, che si rastremano verso l’alto fino a raggiungere lo spessore di 5 centimetri. Inoltre, in un’area desertica dove l’acqua è un bene più che prezioso, il progetto prevede la realizzazione di un impianto di desalinizzazione della stessa acqua presente nelle falde sotterranee con l’obiettivo di renderla potabile e riutilizzabile per scopi domestici. Ogni edificio è stato progettato combinando le antiche tecniche architettoniche arabe con tecnologie moderne per creare uno dei più grandi cluster di edifici ad alte prestazioni del mondo.


Milano, UpTown: il primo Smart District in Italia.

fonte immagine: https://www.ilsole24ore.com/art/casa/2018-05-07/uptown-vendita-140-case-smart-district-milano-120355.shtml?uuid=AEAGrEkE&refresh_ce=1

Dopo avere completato il 90% delle opere di urbanizzazione, EuroMilano ha annunciato l’avvenuta posa della prima pietra dell’intervento UpTown, il primo quartiere italiano a impatto zero, dove tutti gli edifici saranno di classe A+. Lo “smart district” sorgerà su un’area di 900 mila metri quadri e sarà dotato di scuole, un centro commerciale e un grandissimo parco: il tutto iper-connesso e ad impatto zero.

Impatto zero, domotica, spazi verdi e di aggregazione, servizi funzionali al benessere dei residenti: sono i capisaldi del progetto residenziale più smart ed innovativo d'Italia. Il progetto di UpTown, primo quartiere italiano a impatto zero, è guidato da EuroMilano, una società di consulenza e sviluppo immobiliare che riqualificherà un’area urbana altrimenti inutilizzata, avvalendosi della collaborazione di importanti aziende del settore, che si occupano di ricerca e sviluppo tecnologico per costruire un quartiere smart, innovativo, ad impatto zero, dotato di tecnologie e servizi in grado di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti.

I primi 137 appartamenti in vendita sono quelli di Cascina Merlata , progetto nato nel contesto di UpTown e guidato dall’architetto Alessandro Scandurra. Il tema principale del progetto, costituito da 5 torri e 3 edifici, è la creazione di un sistema residenziale aperto e dinamico che si apre incorporando e amplificando gli spazi pubblici. Proprio in quest’ottica sono state pensate le ampie balconate che incentivano la relazione con il verde circostante. Negli appartamenti, rinfrescati con la geotermia, si userà il teleriscaldamento per produrre calore recuperando quello prodotto dal trattamenti dei rifiuti. Tutti gli elettrodomestici saranno connessi ad internet per un controllo anche da remoto, la raccolta differenziata sarà ancora più efficiente grazie all’utilizzo di cassonetti intelligenti. Per l’illuminazione si useranno pannelli fotovoltaici e lampade a LED. Gli edifici sono di Classe Energetica A+. Studio Scandurra ha pensato il progetto perché fosse acquistabile a costi contenuti, il prezzo degli appartamenti si aggira intorno ai 3000€ al mq. Come spiega lo stesso architetto "Esiste qualcosa di prezioso nei progetti, qualcosa che viene riconosciuto come un valore, un'attenzione a come le cose stanno insieme: una bellezza che si può realizzare prestando attenzione e cura al progetto e non per forza spendendo più denaro, che definirei una bellezza democratica".

L’innovativo quartiere UpTown farà della mobilità green il suo punto di forza: servizi di car e bike-sharing disponibili per gli abitanti potranno essere prenotati tramite un’app a tariffe agevolate, e per favorire l’utilizzo di auto elettriche saranno disponibili colonnine per la ricarica. È prevista anche la sperimentazione di un autobus elettrico senza conducente.

Oltre alle residenze (principalmente in forma di grattacielo e palazzine in linea), nello smart district sorgeranno:

• un centro servizi nell’antica cascina Merlata, che ospiterà medici e pediatri di base, market e esercizi commerciali, uffici per il lavoro;

• UpTown Park di 250 mila metri quadri di superficie e 10 km di piste ciclabili. Un vero e proprio polmone verde all’interno del quartiere, connesso tramite wi-fi pubblico. L’area è suddivisa tra zone a prato, zone attrezzate per lo sport outdoor e aree riservate agli animali;

• UpTown Mall di 65 mila metri quadri con ipermercato, negozi, cinema multisala, bar e ristoranti;

• UpTown School di 25 mila metri quadri. Un imponente centro scolastico con 2 asili nido, scuola materna, elementari e medie con programmi all’avanguardia (full english), oltre ad infrastrutture sportive.


ENEA presenta il suo modello di smart city.

Fonte foto:https://www.tdblog.it/senseable-city-lab-mit/

ENEA ha sviluppato un modello di città del futuro con soluzioni e strumenti hi tech per abitazioni e ambiente urbano basate suL risparmio energetico e idrico, sicurezza, salute e comfort abitativo delle persone, economia circolare e monitoraggio ambientale, ma anche co-governance e partecipazione alla vita collettiva. Ma non si tratta di un progetto astratto: molte delle soluzioni e tecnologie che compongono il modello ENEA, sono state già testate in alcuni quartieri di Roma e in altri Comuni italiani e successivamente qualificate all’interno dello Smart Village del Centro ENEA Casaccia. Il progetto è legato all’iniziativa “Convergenza Smart City and Communities” promossa dall’Agenzia per tradurre in pratica la discussione teorica sulla città intelligente, attraverso lo sviluppo di prodotti mirati. I risultati di questa roadmap verso la smart city del futuro sono stati ottenuti in collaborazione con i principali istituti universitari nazionali, nell’ambito del progetto “Sviluppo di un modello integrato di Smart District Urbano” dell’Accordo di Programma con il Ministero dello Sviluppo Economico.

La parola chiave del modello ideato è collaborazione. La maggior parte dei centri urbani gestiscono autonomamente, tramite le utility, una serie di servizi strategici come l’illuminazione, l’acqua, l’elettricità, il gas, i rifiuti e la mobilità. L’approccio scelto da Enea punta invece su cooperazione, convergenza e partecipazione: “Città e territori difatti diventano Smart laddove si consolidi una stretta collaborazione tra coloro che sono i principali attori dei processi gestionali e d’innovazione urbana ed il mercato nella sua eccezione più ampia”, illustrava lo scorso anno Nicoletta Gozo ricercatrice ENEA della “Divisione Smart Energy”. Il modello, direttamente operativo in contesti urbani, prevede tre settori applicativi: servizi aggregati per edifici, infrastrutture pubbliche energivore e smart community. A livello orizzontale è stata sviluppata una piattaforma ICT di integrazione, la cosiddetta Smart City Platform, in grado di connettere tutti i servizi urbani alla piattaforma di distretto e di integrare i prototipi e le soluzioni innovative realizzate.

Le tecnologie integrate nel modello replicabile di città del futuro comprendono:

smart home; un controllo domotico basato su una serie di sensori a costi contenuti e ridotta invasività, in grado di effettuare nelle abitazioni monitoraggi energetico-ambientale, segnalare effrazioni alla sicurezza e controllare le condizioni di salute delle persone. Tra le tecnologie utilizzate, il sistema multisensoriale “Sesto Senso”, brevettato da ENEA e basato su algoritmi specializzati, che consente di rilevare il numero di persone presenti in un ambiente ed effettuare l’analisi acustica e dei livelli di CO2;

smart building, un edificio innovativo implementato da un impianto fotovoltaico, batterie per l’accumulo e gestione innovativa dei flussi energetici, in grado di ridurre la necessità di scambio con la rete elettrica, abbattendo di conseguenza i costi per l’utente finale;

smart street con soluzioni per il monitoraggio dei parcheggi, la rilevazione di infrazioni o l’accesso in aree sensibili, il monitoraggio dell’inquinamento acustico e della qualità dell’aria, la rilevazione di situazioni critiche (es. allagamenti) e la ricarica di veicoli elettrici;

lampioni intelligenti ossia impianti a LED dotati di connettività e sensori per poter regolare da remoto e in automatico l’intensità luminosa, acquisendo nel contempo i dati di flussi di traffico;

• software per previsioni di rischio delle infrastrutture energetiche e idriche;

droni per il monitoraggio energetico degli edifici energivori attraverso riprese video e termografie;

gestione delle acque e degli scarti organici con soluzioni per individuare le perdite idriche in tempo reale; la gestione e il controllo automatizzati degli impianti di depurazione delle acque reflue;

• il compostaggio di comunità per la valorizzazione degli scarti alimentari;

piattaforma nazionale per il monitoraggio e la valutazione dei consumi delle infrastrutture pubbliche energivore, basata su una mappa standardizzata ed omogenea dei dati d’identità e di consumo per un vero e proprio catasto nazionale;

Social Urban Network, una metodologia già testata nel quartiere di Centocelle a Roma per lo sviluppo di una smart community locale e la promozione della co-governance, la partecipazione alla vita collettiva e comportamenti sostenibili grazie a processi formativi e organizzativi, living lab e tecnologie ICT.

Nell’ambito del progetto oltre allo sviluppo di veri e propri prototipi per la gestione in tempo reale di servizi urbani integrati e agevolare la gestione operativa della città, sono state implementate soluzioni adattive, sistemi di valutazione delle prestazioni, diagnostica, ottimizzazione e software di comunicazione dati in tempo reale”, sottolinea la responsabile del progetto Claudia Meloni, della divisione ENEA “Smart Energy”.


15 milioni di euro per la mobilità sostenibile nelle città italiane

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In arrivo PrIMUS, il programma di incentivazione per i progetti di mobilità ciclistica, sharing mobility e mobility manager

Approvato dalla Direzione Generale Clima ed Energia del MATTM un nuovo bando per gli interventi di mobilità sostenibile che cofinanzierà per il 75% a fondo perduto progetti per piste ciclabili, bici, sharing mobility e mobility manager. Il bando è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2019 e sul sito del Ministero.

Il Programma di Incentivazione della Mobilità Urbana Sostenibile (PrIMUS) ha una dotazione di 15 milioni di euro da destinare ai Comuni con popolazione non inferiore a 50.000 abitanti, ampliando di fatto la portata del Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro che, con una dotazione di 35 mln di euro, riguardava esclusivamente i comuni con più di 100mila abitanti. Una scelta che, come ha dichiarato Vannia Gava, sottosegretario all’ambiente, ha triplicato il bacino di utenza potenziale, ma che risponde alla necessità di contrastare gli elevati tassi di inquinamento in città, a cui le automobili contribuiscono enormemente. PrIMUS, come viene spiegato nel bando “incentiva e cofinanzia scelte di mobilità urbana alternative all’impiego di autovetture private, favorendo la diffusione di forme di mobilità a basso impatto ambientale e di condivisione dei veicoli, nonché la propensione al cambiamento delle abitudini e dei comportamenti dei cittadini in favore della mobilità sostenibile“. Il cofinanziamento riguarda i progetti presentati dai Comuni per la realizzazione di nuove piste ciclabili in grado di rispondere alla domanda di spostamenti urbani casa-scuola e casa-lavoro, per lo sviluppo della sharing mobility in ambito urbano e delle attività di mobility management presso le sedi delle Amministrazioni dello Stato (sedi centrali e periferiche), delle Amministrazioni territoriali, delle scuole e delle università.

In particolare il bando prevede una misura esclusivamente dedicata alla sharing mobility a cui viene assegnato un finanziamento di 3,5 milioni di euro. Questa quota è indirizzata a due aspetti essenziali emersi nei lavori dell’Osservatorio della Sharing Mobility: la realizzazione di spazi di parcheggio dedicati ai servizi di vehicle sharing e gli incentivi alla domanda attraverso lo strumento dei Buoni Mobilità.

Nell’asse dedicato al Mobility Management, le misure cofinanziate dal bando prevedono l’acquisto di piattaforme di carpooling per gli spostamenti casa-lavoro delle Amministrazioni dello Stato (sedi centrali e periferiche), delle Amministrazioni territoriali, oltre che a scuole ed università. Inoltre in tema di ciclabilità è inserita la condizione che i percorsi finanziabili siano connessi alle stazioni ferroviarie e della metropolitana e che agli stessi percorsi siano connesse attrezzature di supporto utili anche alla bicicletta condivisa.

“Questo nuovo finanziamento è un impegno positivo del Ministero per l’Ambiente in direzione della mobilità sostenibile, per agevolare progetti innovativi e alternative all’auto nella mobilità urbana – ha dichiarato Anna Donati, responsabile mobilità Kyoto Club. “Significativo che i progetti dovranno rientrare nelle strategie delle città per la mobilità in bicicletta, la condivisione dei mezzi e lo sviluppo del ruolo dei mobility manager”.