Oggetto di un progetto di rigenerazione dell’esistente è il singolare complesso monumentale emiliano, costituito da ben 5 istituti museali, punto di riferimento culturale a scala europea.
Si tratta del Teatro Farnese, della Biblioteca Palatina, della Galleria Nazionale, del Museo Bodoniano e del Museo Archeologico uniti sotto il nome di un’istituzione autonoma dal 2017.
Alle origini era sede dei servizi della corte dei Farnese, quale integrazione delle residenze ducali, un progetto del 1583, durante gli ultimi anni del ducato di Ottavio Farnese (1547-1586) su progetto dell’urbinate Francesco Paciotto. Si tratta di una vera e propria cittadella, con un articolato sistema di corridoi e cortili interni con scuderie, caserme, una sala d’armi. Il complesso prende il nome dal gioco nobiliare della “pelota” che si svolgeva nei suoi cortili in particolari occasioni di rappresentanza.
Nello stesso anno a guidare un innovativo ed articolato cantiere fisico e delle “idee” per il Pilotta è lo storico dell’arte Simone Verde, che così descrive il complesso alle porte del nucleo storico della città:
“Una delle rarissime sopravvivenze degli esperimenti che, a cavallo tra XVI e XVII secolo, condussero all’invenzione moderna del museo, il complesso si andò organizzando attorno a un gabinetto ducale, a collezioni librarie di corte e a una sala d’armi trasformata in seguito in teatro, arricchita da uno scalone monumentale dall’alta dimensione teocratica”.
Uno degli obiettivi primari era quello di valorizzare l’integrazione del Pilotta con il contesto territoriale ed al tempo stesso di elevarlo ad istituzione di valenza internazionale secondo una serie di operazioni integrate e parallele quali restauri, riallestimenti, acquisizioni ed adeguamenti.
Di fondamentale importanza è stata dunque anche la collaborazione con le istituzioni locali, imprenditori, associazioni e con le testate giornalistiche locali. La stessa fusione delle istituzioni museali, più che un’operazione burocratica, ma è un’operazione che mira ad unificare la percezione stessa del polo quale unica entità, o come meglio spiega Verde:
“È stata l’opportunità per riscoprire, attraverso la ricucitura filologica dei vari istituti, l’ottica intellettuale originaria con cui le raccolte sono state costituite, per poi essere smembrate verso la fine dell’Ottocento secondo le logiche ‘per generi’ – architettonici, librari, artistici – tipici della metodologia positivista”.
Uno dei primi interventi ha riguardato gli spazi di connessione del complesso, nello specifico lo scalone monumentale è stato restaurato e sono state realizzate delle biglietterie, al contrario per il vestibolo del teatro l’ex biglietteria ed un magazzino sono stati restaurati e trasformati in sale espositive. Il parcheggio che si trovava nel cortile esterno della Cavallerizza è stato eliminato e l’area riqualificata. Altro intervento ha come fil rouge la riconnessione tra il contenuto ed il contenitore, sono stati infatti rimossi i vetri oscuranti per lasciar posto a chiusure che non urtino la vista interna dell’edificio, ed è stato riportato alla luce il soffitto ligneo del Museo Archeologico. Infine, l’ordinamento delle sezioni ha richiesto un’attenzione particolare, le sezioni partono dal paleolitico per arrivare al tardo antico, passando poi per la Galleria si arriva al romanico ed in ultimo al gotico.
È aperto dal 1 ottobre il discusso Padiglione Italia per l’Expo di Dubai 2020. Il progetto di Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria è senz’altro uno dei più grandiosi. L’Expo sarà visitabile fino al 31 marzo 2022.
La critica si è scagliata soprattutto contro l’esuberante copertura che non rappresenterebbe a pieno lo spirito italiano. Questa è stata realizzata impiegando tre scafi da imbarcazione, la cui lunghezza va dai 40 ai 50 metri, e che potrebbero essere riutilizzati in mare una volta terminato l’evento. L’obiettivo è quello di materializzare “l’anima navigante” degli italiani a contatto con il cielo. Allo stesso tempo la realizzazione in stampa 3D del David di Michelangelo con la parte bassa del busto nascosta ha destato diverse perplessità.
Certamente resta una delle architetture più riconoscibili tra i padiglioni realizzati per l’Expo e si presenta come una sperimentazione di una architettura riconfigurabile e di design circolare, nonché un’interpretazione del secolare dualismo: naturale e artificiale. Così come afferma uno dei progettisti, Carlo Ratti:
"Il nostro progetto per il Padiglione Italia si occupa di quella che è probabilmente la maggiore sfida dell’architettura di oggi: esplorare la doppia convergenza tra naturale e artificiale. Questo ci consente di prefigurare e suggerire strategie che saranno sempre più cruciali nel futuro delle nostre città, mentre affrontiamo le conseguenze dell’attuale crisi climatica”.
La facciata, non meno iconica della copertura, è espressione del legame tra multimedialità ed ecosostenibilità, la parete viene annullata in virtù di un intreccio verticale fatto di corde nautiche che insieme raggiungerebbero i 70 km di lunghezza, si sfrutta inoltre un avanzato sistema di mitigazione del clima in sostituzione dell’aria condizionata. Anche in questo caso, una volta terminato l’evento, le corde potranno essere riutilizzate, nell’ottica dell’economia circolare. Di qui la sua essenza riconfigurabile, Italo Rota descrive infatti così il progetto:
"Il padiglione muta continuamente e parla di riconfigurabilità sia nel lungo termine, grazie all’approccio circolare, sia nel breve termine, grazie all’uso di tecnologie digitali. Il Padiglione Italia ha grandi dimensioni e una struttura molto sofisticata, ma più che un’architettura nel senso canonico è una grande installazione sperimentale dedicata ai confini ormai sfumati tra Naturale e Artificiale. La sua costruzione si ispira allo stesso tempo ai biotipi naturali e alle tecnologie più avanzate che derivano dalla ricerca spaziale. Da un lato, l’edificio guarda all’organizzazione delle foreste tropicali, dove la luce filtra da un’alta copertura e la vita è organizzata di conseguenza.”
Nel suo complesso l’edificio occupa circa 3.500 metri quadri e sfrutta nuovi materiali come le alghe, i fondi facce, le bucce d’arancia, la sabbia ecc. “un tema cruciale” aggiunge Italo Rota, “ è la produzione di neo-materia: nuovi materiali da costruzione di origine organica e biologica, la cui produzione tecnologica non è da confondere con il riciclo. Essendo il padiglione concepito secondo un approccio circolare, si può pensare a questa neo-materia come materiale che possono potenzialmente essere riutilizzati ovunque, con modalità e finalità diverse. Il Padiglione Italia rappresenta quasi una sorta di architectural banking: un catalogo da cui scegliere gli elementi di architetture future".
A partire dal piano terra troviamo una caffetteria, la Solar Coffe Garden di CRA e Italo Rota. Il David è collocato invece nel cosiddetto Teatro della Memoria, vi è poi il Belvedere, una installazione circolare la cui cupola di copertura è costituita da piante selvatiche della macchia mediterranea. Gli spazi più espressamente dedicati alla ricerca tecnologica vedono una serie di installazioni fatte di effetti luminosi: l’Innovation Space, il Second Sun e Second Moon.
Il Padiglione Italia è stato inoltre premiato come miglior progetto imprenditoriale dell’anno per i Construction Innovation Awards negli Emirati Arabi.
Dal 2019 alcuni edifici pubblici si sono adeguati ai requisiti nZEB, (nearly Energy Zero Building), dal 2021 gli standard energetici europei si allargano a tutti i nuovi edifici e a quelli sottoposti ad estesa ristrutturazione.
A livello comunitario l’edificio ad energia quasi zero è stato promosso dalla direttiva EPBD (2010/31/EU), che si occupa di favorire il miglioramento della prestazione energetica dell’Unione Europea:
“Gli edifici sono responsabili del 40 % del consumo globale di energia nell’Unione. Il settore è in espansione, e ciò è destinato ad aumentarne il consumo energetico. Pertanto, la riduzione del consumo energetico e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nel settore dell’edilizia costituiscono misure importanti necessarie per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione e le emissioni di gas a effetto serra.”
In Italia è stato promulgato il Decreto Ministeriale del 26 giugno 2015, come adeguamento delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, vengono definite prescrizioni e requisiti minimi: “I criteri generali si applicano agli edifici pubblici e privati, siano essi edifici di nuova costruzione o edifici esistenti sottoposti a ristrutturazione”.
Inoltre, vi è il Decreto Legge del 4 giugno 2013, n. 63: Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, aggiornato poi dalle disposizioni della Legge di Bilancio del 2018 (art.14).
Il Superbonus 110% ha determinato un incremento di interventi di ristrutturazione di una certa importanza, per poter usufruire dell’incentivo fiscale diventa dunque indispensabile l’attenzione al calcolo e alla verifica di alcuni parametri. Tuttavia, l’intervento di ristrutturazione di primo livello, in applicazione del Superbonus non prevede necessariamente la classificazione dell’edificio come nZEB.
Per edificio nZEB si intende: “Edificio ad altissima prestazione energetica [...]. Il cui fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili, prodotta in situ.” La normativa aggiunge che la classificazione di edificio nZEB è strettamente necessaria solo quando l’intervento si estende alla totalità della superfice disperdente ovvero la superficie esterna, la superficie di ambienti non climatizzati, l’impianto di climatizzazione, il terreno e gli ambienti climatizzati ad una diversa temperatura.
Nonostante alcuni equivoci generati dalla concomitanza del Superbonus e dell’attuazione della direttiva europea, con l’obbligatorietà dal gennaio 2021 di progettare edifici ad energia zero, il numero di edifici nZEB in Italia secondo una stima di ENEA è in netto aumento, portando il consumo per riscaldamento e acqua calda dai 200/400 kWh/mq all’anno ai 30 kWh/mq all’anno.
È stato ufficialmente approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 maggio il testo ufficiale del Decreto Semplificazioni 2021: l’accesso al Superbonus del 110 per cento sarà semplificato e ci sarà possibilità di delega a soggetti terzi per lo SPID.
La semplificazione degli adempimenti necessari per accedere al Superbonus persegue l’intenzione di dar man forte agli investimenti ad ai progetti del Recovery Plan. Nello stesso decreto si articola la governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stata conferita la responsabilità di indirizzo del Piano. Il Premier preside la Cabina di Regia a cui prenderanno parte in base alle tematiche trattate i relativi Ministri e Sottosegretari, per le competenze regionali e locali interverranno Presidenti di Regioni e Province Autonome. La Cabina di Regia sarà coadiuvata da una Segreteria tecnica che dovrà tenere sotto controllo lo stato di attuazione dei progetti del PNRR. Il superamento degli ostacoli normativi viene regolato dall’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della regolazione. Si istituisce poi un Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale. Infine, il Servizio centrale per il PNRR si occuperà del monitoraggio e della rendicontazione.
Le misure approvate con il decreto del 28 maggio tendono ad evitare impedimenti per i progetti del Recovery Plan, nello specifico: “ in caso di dissenso, diniego o opposizione proveniente da un organo statale che può minare l’attuazione del PNRR e dopo un iter di confronto con i soggetti interessati, il Presidente del Consiglio intraprenderà le iniziative necessarie per l’esercizio dei poteri sostitutivi ”e “in caso di inerzia dei soggetti attuatori del PNRR, avrà la possibilità di individuare altri soggetti per l’attuazione dei progetti”.
Gli interventi con il Superbonus che saranno considerati manutenzioni straordinarie si allargano ad ospedali, case di cura, ospizi e caserma, restano fuori gli alberghi e gli immobili sprovvisti di impianto termico. La doppia conformità non sarà più necessaria, sarà sufficiente la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) per l’inizio dei lavori ad esclusione di interventi di demolizione e ricostruzione.
Con questa strategia si intende velocizzare l’aspetto burocratico, favorendo l’apertura di cantieri. Per gli immobili realizzati post 1967 la Cila dovrà essere corredata del titolo abilitativo per la sua realizzazione o del provvedimento di legittimazione. Al contrario per gli immobili realizzati ante 1967 si dovrà certificare la costruzione precedente al 1 settembre del 1967. Le difformità non dovranno essere accertate preventivamente dal tecnico, in assenza di Cila o nell’eventualità di difformità rispetto alla realizzazione o di dichiarazioni mendaci l’agevolazione viene revocata.
Riguardo allo SPID invece si favorisce un maggior utilizzo dell’identità digitale. Inoltre, i certificati online saranno rilasciati al cittadino a titolo gratuito, senza dover sostenere la spesa dell’imposta di bollo di 16 euro e dei diritti di segreteria.
Ci sono novità anche in tema di appalti, il subappalto fino al 31 ottobre 2021 può arrivare fino al 50% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Dal 1 novembre 2021 non vi sarà un limite quantitativo al subappalto, sarò obbligo delle stazioni appaltanti indicare prestazioni e lavorazioni che per la loro peculiarità devono essere realizzate dall’aggiudicatario. Nel decreto viene anche stabilito che coloro che intendono partecipare ai bandi di gara debbano presentare un rapporto che certifichi lo stato di inclusività della donna nell’attività lavorativa, una maggiorazione del punteggio è invece prevista per chi assume donne e giovani sotto i 35 anni.
Il PNRR prevede interventi la cui aggiudicazione sarà basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a beneficio di aspetti qualitativi e non solo economici. L’affidamento è unico sia per la progettazione che per l’esecuzione dell’opera e a fronte di un progetto di fattibilità tecnico-economica.
Ritorna nelle intenzioni del PNRR lo strumento del dibattito pubblico, al fine di migliorare la divulgazione delle opere da realizzare e incentivare la collaborazione tra società civile ed enti territoriali.
Ad Eindhoven, per la precisione nel quartiere di Bosrijk, si trova immersa nel verde la prima casa d’Europa stampata in 3D, un progetto che preannuncia e concretizza sostanziali rivoluzioni dei canoni abitativi così come li conosciamo.
La casa rientra in un progetto più ampio che vede la realizzazione di un vero e proprio complesso residenziale costituito da cinque unità. Si va verso l’idea di una città eco-friendly, nell’ottica di un futuro sostenibile.
Il Milestone Project è stato promosso dalla Eindhoven University of Technology e dal comune coadiuvati dall'appaltatore Van Wijnen e da diversi enti, tra cui la società dei materiali Saint Gobain-Weber Beamix e la società di ingegneria Witteveen + Bosche. Infine, il gestore immobiliare Vesteda che si occuperà della vendita delle unità abitative, tutte nel rispetto degli standard.
Dopo gli iniziali prototipi, finalmente si è giunti ad una soluzione legalmente abitabile. I primi ad aver lasciato una casa tradizionale per sperimentare l’innovativa casa in 3D sono una coppia di negozianti in pensione Elize Lutz, 70 anni, e Harrie Dekkers, 67 anni. La casa è grande 94 metri quadrati, ad un piano con due camere da letto, dotata di tutti i confort e sostenibile dal punto di vista energetico.
Il design ricorda quello di un grande megalite, di qui il nome del progetto. Le forme sinuose ed irregolari progettate dagli architetti Houben / Van Mierlo si scontrano con la rigidezza dei tradizionali materiali come il calcestruzzo, e sfruttano le capacità della tecnologia della stampa 3D di poter dare vita a superfici e forme molto più complesse.
Tutti gli elementi delle abitazioni saranno stampati presso la stessa Eindhoven University of Technology per poi essere spostati verso il cantiere e messe in opera.
Si riscontra una significativa riduzione dell’impegno economico e dell’impatto sull’ambiente. I vantaggi di questa tecnologia appaiono molteplici, tra cui la possibilità di personalizzare la propria abitazione assecondando le proprie necessità.
Lo stesso Rudy van Gurp, project manager dell’azienda Van Wijnen afferma:
“Al momento ci piace l’aspetto delle case, il suo essere innovativo e il design molto futuristico ma stiamo già cercando di fare un passo avanti: le persone saranno in grado di progettare le proprie case per poi stamparle. In questo modo potranno rendere le loro case più adatte a loro, personalizzandole e rendendole esteticamente piacevoli”.
Si ritiene che ben presto questa tecnologia possa diffondersi sempre di più, interpretando le esigenze abitative contemporanee e soprattutto essendo più sostenibili delle abitazioni convenzionali.