Costruire un futuro sostenibile, per Audi, vuol dire agire su tutti i fronti. E, dal momento che anche l'architettura moderna è ormai attenta alla sostenibilità ambientale tanto quanto lo è al design, l'Audi Brand Experience Center all'aeroporto di Monaco è un esempio perfetto di come la strategia della Casa automobilistica ne abbracci diversi aspetti: un cubo di 30 x 30 metri, il primo dei tre moduli previsti, che “galleggia” liberamente in aria, supportato solo da quattro colonne interne e diviso in più piani da una serie di lastre di cemento armato.
“L'obiettivo era creare una location ecocompatibile dedicata agli eventi, che potesse ospitare fino a 2.000 persone. Per questo è stato sviluppato il concetto di “scatola flessibile”, che rende la struttura incredibilmente versatile e multifunzionale” racconta l'architetto Peter Zauner.
Progettato dall’architetto Peter Zauner, il Brand Experience Center si presenta come una scatola multifunzionale su tre livelli, racchiusa da facciate vetrate e cornici bianche. L’involucro esterno in vetro, in affaccio sia verso est che verso ovest, è il punto di forza dell’edificio e mostra una tecnologia che dona forma e struttura al complesso edilizio. E’ composto da circa 1.650 celle solari integrate nelle lastre in vetro per una superficie totale di 450 mq di elementi fotovoltaici. Il sistema è così in grado di erogare fino a 42.000 kWh di energia elettrica all’anno, molta di più di quella che serve per alimentare l’edificio. Una soluzione che si inserisce nella roadmap Audi verso un futuro sostenibile e a zero emissioni. L'elettricità prodotta in eccesso dai pannelli solari è infatti utilizzata per alimentare sei punti di ricarica pubblici di fronte all'edificio, di cui due per la ricarica rapida a 150 kW di potenza. Con condizioni climatiche ideali, le colonnine vengono alimentate esclusivamente con energia solare, ma esiste anche un sistema di backup in caso di maltempo. Questi sei punti di ricarica si vanno ad aggiungere agli altri 78 dell'aeroporto di Monaco, installati sempre nell’ambito di una partnership con Audi, che di fatto è uno dei più grandi parchi di ricarica contigui in tutta Europa.
La tecnologia scelta per il riscaldamento e il raffreddamento si basa su una forma di energia alternativa e rinnovabile come quella geotermica, in vista di un processo completo di decarbonizzazione. Entro il 2025 il gruppo Audi intende infatti eliminare le emissioni di anidride carbonica dalle sedi produttive in tutto il mondo, per arrivare ad essere completamente carbon neutral entro il 2050. L’attenzione non è solo alle emissioni delle auto ma coinvolge tutto il ciclo di vita dei veicoli: dalla progettazione alle materie prime, dalla logistica alla produzione, dall’utilizzo allo smaltimento, fino al riciclo.
E così anche l’architettura, attenta all’ambiente, non può che farsi portavoce di un futuro sostenibile a zero emissioni e alimentare, con tecnologie all’avanguardia, la crescita della mobilità elettrica.
L'invenzione rispone al problema della gestione dei rifiuti derivanti dalla dismissione dei pannelli fotovoltaici.
L’aumento esponenziale dei rifiuti costituiti da pannelli fotovoltaici giunti a fine vita rappresenta un problema urgente legato alla gestione degli stessi, anche a fronte delle leggi nazionali ed europee che impongono regole severe.
Per favorire il recupero e la valorizzazione di tali rifiuti, ENEA ha brevettato un nuovo processo a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale per il recupero dei principali componenti dei pannelli fotovoltaici in silicio cristallino. Il processo consente di separare i materiali utili, come strati polimerici, contatti elettrici, celle e vetro, e di smaltire il resto in sicurezza attraverso il rammollimento minimo e localizzato degli strati polimerici tramite il riscaldamento del pannello e il successivo scollamento “a strappo”.
I moduli cristallini presentano una struttura a strati costituita da uno strato di vetro protettivo, poi un sottile strato di materiale polimerico, l’Etilene Vinil Acetato (EVA), quindi le celle di silicio, contatti elettrici in metallo, un secondo strato di EVA e una superficie posteriore di supporto, generalmente in polivinifluoruro (PVF); il tutto racchiuso in una cornice in alluminio. Per recuperare i componenti è necessario separarli dallo strato di l’Etilene Vinil Acetato, che fa da collante tra i vari strati. Gli strati vengono quindi “strappati” meccanicamente, dopo il trattamento termico “mirato”, in modo da poter poi recuperare gli strati polimerici, i contatti elettrici, le celle ed il 100% del vetro e il foglio backsheet (in PVF), lo strato di EVA.
“Con questo processo si evitano: il rischio di degrado dei materiali, inutili dispendi di energia e si riducono sensibilmente pericolose emissioni gassose. Inoltre, l’impiantistica necessaria è semplice, adatta a un trattamento in continuo e altamente automatizzabile, senza necessità di un’atmosfera controllata mediante uso di gas specifici” - spiega Marco Tammaro, responsabile del Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali e inventore del brevetto insieme all’imprenditrice Patrizia Migliaccio.
Entrando nei dettagli, il brevetto sfrutta il rammollimento, minimo e localizzato, appena sufficiente per staccare gli strati polimerici per realizzare un processo in modalità continua e automatizzata. I pannelli vengono quindi riscaldati mentre avanzano su un nastro trasportatore; gli strati polimerici vengono staccati mediante un’azione a strappo, che si presta agevolmente a un’automatizzazione del processo. Il processo consente agevolmente la lavorazione in continuo di pannelli fotovoltaici a prescindere dalle diverse caratteristiche degli strati polimerici (spessore e tipologie), e a cui corrispondono diverse condizioni minime di distacco.
Saipem, società italiana di engineering, scommette su questa tecnologia basata su un concept sviluppato dalla norvegese Moss Maritime
Il futuro del fotovoltaico non si limiterà solo agli impianti a terra e a quelli integrati agli elementi edilizi: una nuova categoria di installazioni solari si sta facendo spazio nel mercato energetico, e verrà installato in acqua. Si tratta del fotovoltaico flottante, ossia pannelli solari realizzati su strutture galleggianti da porre sulla superficie di laghi artificiali, bacini idroelettrici e persino in mare aperto. Oggi nel mondo esistono già circa 350 sistemi di fotovoltaico flottante in attività, tra impianti di test e strutture commerciali, per una capacità cumulata di circa 2,6 GW, ma si prevede che a livello mondiale si raggiungeranno i 10 GW di nuova capacità entro il 2025.
Nel nostro Paese, la multinazionale italiana Saipem sta ridisegnando il suo ruolo nel comparto energetico ampliando il portafoglio tecnologico green con soluzioni di ultima generazione, tra cui quella del nuovo modello di fotovoltaico flottante, messo a punto in collaborazione con la norvegese Equinor. Le due società hanno firmato un accordo di cooperazione con l’obiettivo di realizzare soluzioni ad hoc per l’installazione di pannelli solari galleggianti vicini alla costa. Alla base dell’accordo c’è il concept sviluppato in-house da un’altra realtà norvegese: la Moss Maritime, una delle eccellenze della nuova divisione XSIGHT di Saipem.
II sistema consiste in una piattaforma galleggiante, modulare e flessibile, che può essere personalizzata in base al luogo d’installazione e alla potenza da realizzare. Al contrario dei sistemi oggi esistenti di solare fotovoltaico galleggiante – destinato per lo più a laghi artificiali, cave sommerse o bacini idroelettrici – il concept di Moss Maritime non teme il mare, ambiente ostico ma dalle potenzialità illimitate.
Il sistema, infatti, resiste alla corrosione dell’acqua marina e alle condizioni meteorologiche più severe, assicurando l’integrità dei moduli – e dunque la produzione energetica – e consentendo l’installazione anche in zone esposte a venti e onde. Il merito va anche alla sua estrema flessibilità: la struttura non è rigida ma, grazie alle speciali giunture tra le unità, segue docilmente il movimento ondoso.
A spiegarne l’innovazione è l’Ing. Mauro Piasere, Chief Operating Officer della Divisione XSIGHT e Direttore Innovazione Digitale. “Fino ad ora il fotovoltaico flottante è stato installato nei bacini e nelle aree marittime interne”, ha sottolineato Piasere. “Il progetto Moss prevede, invece, la possibilità di utilizzare questa tecnologia anche in mare aperto grazie ad un sistema capace di resistere ad onde significative alte fino a 4 metri”.
Il sistema è composto da diversi galleggianti, un sistema di ormeggio convenzionale e pannelli fotovoltaici protetti in un telaio da vibrazioni e flessioni. Gli inverter si troverebbero su sottostazioni o all’interno di moduli disposti sul fondale, in maniera da trasferire sulla terra ferma direttamente corrente alternata da immettere in rete.
“Altro aspetto particolarmente innovativo della tecnologia Moss è la sua modularità ed economicità”, spiega il CCO di XSIGHT. La piattaforma si compone di moduli standardizzati collegabili fra loro. In questo modo la fabbricazione, il trasporto e l’installazione dei componenti è più efficiente, riducendo al contempo le esigenze di manutenzione.
“Abbiamo immaginato una sorta di ‘modello IKEA’ per fotovoltaico flottante, un sistema completamente smontabile e riposizionabile in tempi brevi”, aggiunge Piasere.
L'articolo 1, commi da 219 a 224 della legge 27 dicembre 2019 n. 160 (c.d. Legge di bilancio 2020) ha previsto una detrazione fiscale del 90% dall’imposta lorda (Irpef o Ires) delle spese documentate e sostenute nell’anno 2020 per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, anche strumentali e inclusi gli interventi di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Considerato che la Legge di Bilancio prevede che il bonus facciate possa essere utilizzato "per le spese documentate, sostenute nell’anno 2020", i lavori che potranno godere dell'incentivo possono essere anche quelli cominciati nel 2019 e pagati nel 2020.
E' stabilito che gli immobili che possono usufruire della detrazione fiscale sono quelli ubicati nelle zone A o B (DM n. 1444/1968) o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali.
- Zona A : comprende le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.
- Zona B : include le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A. Si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.
Gli interventi agevolabili sono quelli finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna:
- interventi di pulitura o tinteggiatura esterna sulle strutture opache della facciata
- interventi su balconi, ornamenti o fregi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura
- interventi sulle strutture opache della facciata influenti dal punto di vista termico o che interessino oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio.
La guida dell'Agenzia delle Entrate chiarisce che possono fruire della detrazione fiscale del 90% anche altri interventi per il decoro urbano effettuati su: grondaie, pluviali, parapetti,cornicioni. Posso fruire del bonus facciate anche gli interventi su superfici confinanti con: chiostrine, cavedi, cortili, spazi interni, smaltimento, materiale, cornicioni; ma solo se visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico.
Le spese ammissibili al bonus facciate sono quelle relative: all'acquisto materiali, alla progettazione e altre prestazioni professionali connesse (per esempio, perizie e sopralluoghi e rilascio dell’attestazione di prestazione energetica), all'installazione di ponteggi, allo smaltimento del materiale, l'Iva, l'imposta di bollo,i diritti pagati per la richiesta di titoli abitativi edilizi, la tassa per l’occupazione del suolo pubblico.
La detrazione va ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. La cosa più interessante e che probabilmente sta portando alla scelta di sceglierlo al posto del Superbonus 110%, è che per il bonus facciate non sono previsti limiti massimi di spesa né un limite massimo di detrazione.
Allo stato attuale la scadenza prevista per il bonus facciate è il 31 dicembre 2020, ma dal Documento programmatico di bilancio - DPB inviato alla Commissione UE sono già arrivate anticipazioni circa una proroga al 31 dicembre 2021.
In alternativa alla fruizione diretta della detrazione fiscale, come previsto dall'art. 121 del Decreto Rilancio, i contribuenti interessati possono optare per un contributo, sotto forma di:
- sconto in fattura fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest'ultimo recuperato sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
- cessione del credito d'imposta di importo corrispondente alla detrazione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari con facoltà di successiva cessione.
I documenti da conservare sono: le fatture, le ricevuta del bonifico, le abilitazioni amministrative richieste o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con indicazione della data di inizio lavori, la domanda di accatastamento, per immobili non censiti, le ricevute di pagamento dei tributi locali sugli immobili, se dovuti la delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale, per gli interventi condominiali, il consenso ai lavori, per gli interventi fatti da chi detiene l’immobile.
Per interventi di efficienza energetica è necessario conservare anche: l'asseverazione di un tecnico abilitato, l'attestato di prestazione energetica (APE).
Al via la strategia Green City per la prima regione italiana
È il Friuli Venezia Giulia la prima regione italiana a dotarsi di uno strumento ad hoc per le green city e per lo sviluppo sostenibile urbano: un documento “green” realizzato dal Green City Network, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, con la collaborazione della Direzione regionale difesa dell’ambiente del Friuli Venezia Giulia e di Arpa.
Per l’Assessore regionale all’ambiente, Fabio Scoccimarro , “la sfida che l’emergenza sanitaria ha posto ai nostri territori dovrà essere affrontata in termini di sviluppo sostenibile, poiché dobbiamo assicurare il soddisfacimento dei bisogni per le generazioni attuali senza compromettere la possibilità delle generazioni future”.
La strategia prende in esame tre ambiti prioritari basati su aspetti decisivi per le green city: la qualità ambientale delle città; l’efficienza e la circolarità delle risorse; il cambiamento climatico.
Nel dettaglio, nei tre obiettivi prioritari sono esaminate 12 linee guida. Per la qualità ambientale, la qualità urbana e architettonica, il verde, la qualità dell’aria, la mobilità sostenibile. Per l’utilizzo delle risorse in modo efficiente e circolare, la rigenerazione urbana e la tutela del suolo, la riqualificazione, riuso e manutenzione del patrimonio edilizio esistente, rifiuti ed economia circolare, gestione delle acque. Per il cambiamento climatico, l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dei consumi di energia, le fonti rinnovabili, le misure di adattamento al cambiamento climatico.
Il documento esamina inoltre tutte le azioni ulteriori da attivare per promuovere l’applicazione dell’approccio delle green city allo sviluppo sostenibile e potrà essere adottato anche da altre Regioni per rafforzare il green city approach. Il percorso prende in considerazione tutte le misure e le iniziative in corso sul territorio, le problematiche ancora aperte, suggerendo le azioni da perseguire, ponendo degli obiettivi per rendere più sostenibili le città, migliorare la qualità ecologica, il benessere dei cittadini, l’inclusione sociale, promuovere sviluppo locale e nuova occupazione.
“Questo documento - specifica Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – mette a disposizione della Regione una vera e propria cassetta degli attrezzi per rendere le sue città, grandi e piccole, più resilienti, meno vulnerabili, più capaci di affrontare i cambiamenti climatici, più proattive nel promuovere meccanismi di economia circolare, più attente a preservare tutti i valori ambientali. Essa integra gli strumenti e gli interventi già adottati e vigenti ed è importante perché affronta e vuole risolvere il problema in un’ottica sistemica e in un quadro strategico coerente”.
In questo quadro, significative sono le azioni già avviate da Arpa e Regione. Arpa, infatti, coordina il gruppo di lavoro regionale per lo sviluppo sostenibile e supporta la Regione con le sue strutture dedicate, in particolare il Laboratorio regionale di educazione allo sviluppo sostenibile (Larea) e l’Osservatorio meteo regionale, per quanto riguarda i cambiamenti climatici.