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Scia alternativa al permesso di costruire, interviene il TAR

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Edilizia libera, comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), permesso di costruire, SCIA alternativa al permesso di costruire. Uno degli maggiori limiti del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è probabilmente rappresentato dalla quantità di casistiche "limite" che interessati, tecnici e pubbliche amministrazione non riescono sempre ad incasellare all'interno del corretto articolo previsto dalla normativa edilizia.

Con la sentenza n. 1262 del 24 luglio 2021, il Tar Puglia interviene sulla validità della segnalazione certificata di inizio attività (Scia) alternativa al permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione pesante, esaminando il ricorso per l’impugnazione e l’annullamento dell’ordinanza con cui era stata ingiunta la demolizione, entro novanta giorni dalla notifica del provvedimento, di opere abusive consistenti in “tre muri perimetrali al piano superiore di un’abitazione preesistente di cui due misuranti 7,00 x 0,30 x h 1,90 ed uno di m. 7,00 x o,30 x h 1,20, nonché di ogni altro atto connesso, collegato, presupposto, precedente e consequenziale”.

Secondo la ricorrente sarebbe stata sufficiente la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) alternativa al permesso di costruire. Ma non per i Carabinieri locali che a seguito di sopralluogo hanno contestato la violazione di alcune norme edilizie procedendo al sequestro preventivo delle opere ritenute abusive con conseguente segnalazione al Comune che ha emesso l'ordinanza di demolizione ma (afferma il ricorrente) “senza alcuna adeguata istruttoria riportandosi pedissequamente a quanto accertato dai Carabinieri”. La ricorrente ha evidenziato che tali opere sarebbero state realizzate “sulla base di valido titolo abilitativo costituito da una Scia alternativa al permesso di costruire per la realizzazione di un ampliamento di un fabbricato esistente ad uso abitativo, corredata dagli elaborati dimostranti il superamento dei vincoli presenti sull’immobile, nonché dalla relativa autorizzazione paesaggistica semplificata”, e nel rispetto di tutte le norme di legge e regolamentari in materia edilizia e sismica, supportate anche dal rilascio di autorizzazione paesaggistica semplificata. Quindi, tali opere non necessiterebbero “di autorizzazione sismica in quanto rientranti secondo la normativa nazionale sulle costruzioni, Ntc 018 e Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30 aprile 2020, tra le “opere di minore rilevanza” perché ricadenti, in particolare, “in sito di zonizzazione sismica 2 ma con ag minore di 0,20 g”.

Il Tar Puglia ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, analizzando l’ art. 23 del Dpr 380/2001, che individua una serie di interventi edilizi, tra i quali (comma 1, lett. a) “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela”. Dall’esame della tabella A allegata al d.lgs. n. 222/2016 gli elementi che connotano gli interventi di cd. “ristrutturazione pesante”, realizzabili tramite Scia alternativa a permesso di costruire, sono, tra gli altri, quelli che:

  • non comportino la completa demolizione dell’edificio;
  • comportino l’aumento del volume complessivo;
  • apportino modifiche al prospetto dell’edificio;
  • comportino un cambio d’uso urbanisticamente rilevante se l’immobile è ricompreso nel centro storico. Per tutti questi interventi è ammessa la Scia alternativa al permesso di costruire.

La medesima tabella prevede che il medesimo titolo è sufficiente per le nuove costruzione “in esecuzione di strumento urbanistico attuativo”, nonché per gli “interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati”, ivi compresi “gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi”.

Nel caso in esame, i lavori indicati nella Scia alternativa al permesso di costruire presentata dalla ricorrente fanno riferimento all’art. 4, comma 1 della Legge Regionale Puglia n. 14 del 2009 (cd. Piano casa), che all’art. 3 disciplina gli “interventi straordinari di ampliamento” stabilendo al primo comma che “possono essere ampliati, nel limite del 20 per cento della volumetria complessiva, e comunque per non oltre 200 m3, gli edifici residenziali di volumetria non superiore a 1.000 m3” , e ciò sul presupposto che “per volumetria complessiva si intende la somma dei volumi vuoto per pieno collocati esclusivamente o prevalentemente fuori terra. Nel computo di detto volume sono compresi i vani ascensore, le scale, restandone esclusi i volumi tecnici e quelli condominiali o di uso pubblico (androni, porticati, ecc)”.

In sostanza, nel caso di specie gli interventi realizzati consistono in un ampliamento del fabbricato preesistente inferiore al 20% della volumetria totale dell’immobile. Fatto che li riconduce di diritto agli interventi descritti alla lettera c), comma 1 dell'art. 10 del DPR n. 380/2001, dato che gli interventi realizzati hanno evidentemente comportato (soltanto) “modifiche della volumetria complessiva” dell’edificio. Da ciò consegue che l’intervento edilizio trova legittimo titolo nella SCIA alternativa.

Inoltre, gli interventi realizzati rientrano nella fattispecie di cui al comma 1, lett. b, n. 1 dell’art. 94 bis Tue, riferita agli “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di ag compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3”: si tratta, in pratica, di interventi qualificabili come di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità e, per tale ragione, esenti dal peculiare regime dell’autorizzazione sismica.

L’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto, prima di emettere l’ordine di demolizione delle opere considerate abusive, della Scia presentata dalla ricorrente, instaurando un contraddittorio finalizzato a stabilire le ragioni per le quali si sarebbe dovuto conseguire, quale titolo legittimante l’intervento, il permesso di costruire. In conclusione, il Tar ha accolto il ricorso.


Linee guida per la redazione del PFTE da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC

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Le linee guida PFTE, per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC, rappresentano uno strumento di supporto per la realizzazione dei progetti previsti dal Recovery Plan (PNRR).

Il nuovo Progetto di Fattibilità Tecnico-Economica delle opere pubbliche (PFTE) è uno strumento per accelerare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ovvero si parla di una vera e propria analisi di conoscenza dell’opera e del territorio che la ospita. Gli articoli 44 e 48 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021, convertito nella legge del 29 luglio 2021, stabiliscono, rispettivamente, una procedura accelerata per “grandi opere” sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica (Pfte) e la facoltà per le stazioni appaltanti di affidare congiuntamente la progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del medesimo Pfte in relazione alle procedure di affidamento a valere sulle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari (Pnc).

In attuazione di dette norme, un gruppo di lavoro del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile ha predisposto le Linee guida del Progetto di Fattibilità Tecnico-Economica delle opere pubbliche (Pfte), una vera e propria analisi di conoscenza dell’opera e del territorio che la ospita. Il PFTE contiene le informazioni necessarie per definire le caratteristiche dell’opera: a partire dalle indagini e le diagnosi volte a definire le caratteristiche ingegneristiche e di sicurezza, fino alla Relazione sulla sostenibilità, la sua efficienza energetica e il contributo che deve portare ai target di decarbonizzazione. Il PFTE inoltre punta a valorizzare gli schemi di economia circolare e i requisiti ambientali nella scelta dei materiali.

Il MIMS sottolinea e mette in evidenza l’innovazione tecnologica dell’infrastruttura, che all’interno del PFTE, non è solo una caratteristica dell’opera, ma diventa la metodologia di riferimento per la sua progettazione, poiché l’infrastruttura dev’essere disegnata con gli strumenti elettronici di modellazione. Il Pfte consente alle stazioni appaltanti di usare una procedura integrata per aggiudicare la realizzazione dell’opera, individuando, tramite l’analisi costi benefici, le progettualità che dal punto di vista tecnico e qualitativo possano soddisfare criteri che favoriscano sostenibilità e innovazione, e al tempo stesso, rendano più efficiente il processo approvativo, anche attraverso mirati strumenti di semplificazione.

Nel documento vengono individuate due macro-fasi che consentono di pervenire alla compiuta redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, con quelle indispensabili caratteristiche di completezza degli elaborati riguardo al rapporto tra assetto geometrico-spaziale dell’infrastruttura, componenti ambientali e matrice territoriale. Dette macro-fasi, coerenti con il vigente quadro normativo di settore ma certamente innovative riguardo alla cornice metodologica di riferimento, assolvono a due distinti obiettivi:

  • definizione del “CHE COSA” debba essere progettato in una cornice più generale di promozione dello sviluppo sostenibile;
  • definizione del “COME” pervenire ad una efficiente progettazione dell’opera, così come individuata nella prima macro-fase, tenendo conto degli elementi qualificativi di sostenibilità dell’opera stessa lungo l’intero ciclo di vita.

Le stazioni appaltanti potranno quindi avvalersi di una procedura integrata per aggiudicare la realizzazione dell’opera; proprio in considerazione dell’elevato livello di progettazione nonché delle novità che caratterizzano il nuovo sistema, la PNRR Academy organizzerà, a partire dal mese di settembre, appositi corsi formativi per il personale tecnico delle stazioni di committenza.


Incendio di Milano: chi risarcisce i danni agli inquilini?

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Dopo il recente rogo del grattacielo di Milano si è inevitabilmente cominciato a dibattere dei pannelli di rivestimento dello stabile che sono “bruciati come cartone” (queste le parole usate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano). È vero, infatti, che l’innesco del rogo è da accertare, ma sembrerebbe che la veloce propagazione delle fiamme sia legata al cappotto termico dell’edificio, il rivestimento esterno dell’edificio.

Il cappotto termico è un sistema di isolamento che si applica direttamente sulle facciate, all’esterno, si può, quindi, affermare che una volta installato, costituisca parte integrante dei muri perimetrali. I pannelli, data la loro configurazione e messa in opera, rientrano tra le parti condominiali.

I prodotti isolanti presenti in facciata secondo le linee guida antincendio relative alle facciate degli edifici civili, recepite dal D.M. del 25 gennaio 2019, devono possedere precisi requisiti di reazione al fuoco, ed è compito del progettista considerare anche il rischio che, in caso di incendio, parti di tali pannelli possano cadere compromettendo l’esodo e la sicurezza. La Torre dei Moro, però, è stata ultimata nel 2011, quindi prima dell’aggiornamento ed entrata in vigore della D.M., non vi è dubbio però che i rivestimenti “non dovevano bruciare così”, parole dei magistrati, ragion per cui non si può escludere che i materiali utilizzati fossero difettosi. Bisogna considerare però, come l’omessa realizzazione del cappotto termico in un condominio costituisca, per l’edificio, un grave difetto e, come tale, sia assoggettato alla tutela, ed i termini, indicati dall’articolo 1669 c.c. Ne consegue che il vizio deve essere denunciato entro un anno dalla sua scoperta, che deve avvenire entro dieci anni dall’ultimazione dell’opera (e purtroppo la Torre dei Mori di Milano è stata costruita tra il 2006 e il 2011 con la conseguenza che potrebbero essere già trascorsi i 10 anni dalla fine dei lavori). Si deve considerare, inoltre, la possibile responsabilità anche delle ditte che hanno fornito i materiali. A tale proposito si ricorda che, salvo il decorso dei termini di prescrizione, l’appaltatore si trova, rispetto ai materiali acquistati presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, in una posizione analoga a quella dell’acquirente successivo nell’ipotesi della c.d. vendita a catena.

Solitamente i condomini decidono di stipulare una polizza globale fabbricato che è un’assicurazione a copertura della responsabilità civile derivante dalla proprietà dei partecipanti in un condominio, per danni cagionati da parti condominiali o private (o in condominio parziale), ma sempre inserite nell’edificio assicurato, a terzi o agli stessi condomini, sia per responsabilità oggettiva, sia per colpa.

Se l'edificio è assicurato per un valore inferiore al valore effettivo, l’indennizzo del bene danneggiato sarà, a prescindere da eventuali franchigie, ridotto proporzionalmente al difetto di valore (ma se l’incendio fosse cominciato da una parte comune o in conseguenza di una mancata manutenzione, allora le somme mancanti per risarcire i danni dovranno essere pagate dal condominio che è custode delle parti condominiali).

Se l’incendio, però, è scaturito da una singola unità immobiliare, il proprietario custode deve risarcire, oltre il condominio (se vi sono danni alle parti comuni), anche i proprietari delle unità danneggiate (una polizza personale potrebbe coprire tutti i danni, mentre le differenze potrebbero essere coperte dalla polizza del condominio).


La Corte di Cassazione ribadisce le differenze dei requisiti richiesti per l’accertamento di conformità e il condono edilizio

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Come ben noto l'art. 36 del Testo Unico Edilizia detta i criteri con i quali, il responsabile dell'abuso edilizio, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono richiedere e ottenere il permesso di costruire in sanatoria. La sanatoria è possibile solo in presenza di doppia conformità urbanistica, ossia se l'intervento risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente: sia al momento della realizzazione dello stesso; sia al momento della presentazione della domanda.

Nella sentenza n. 25945/2021 della Corte di Cassazione, ha giudicato inammissibile il ricorso inerente l'ordinanza di demolizione di un capannone di volumetria pari a 1.100 metri cubi e quindi superiore al limite vigente di 750 metri cubi, previsto dalle leggi speciali sul condono edilizio, ossia:

  • la legge n. 47/1985, che fa riferimento alle opere ultimate entro 1° ottobre 1983;
  • la legge n. 724/1994, che sposta il limite al 31 dicembre 1993, per opere che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi;
  • la legge n. 326/2003, per le opere realizzate abusivamente e completate entro il 31 marzo 2003, che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria nel caso di nuove costruzioni residenziali, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.

Nella fattispecie, il fabbricato sarebbe stato oggetto di lavori progressivi, compresi tra il 1980 e il 2003, a cui non è possibile applicare la doppia conformità richiesta dal ricorrente con riferimento agli artt. 39 I. n. 724 del 1994 e 31 I. n. 47 del 1985 che avrebbero motivato il permesso di costruire in sanatoria ottenuto nel 2013. Infatti, tale PdC è stato reputato illegittimo dalla Cassazione perché la cubatura realizzata è ampiamente superiore ai 750 metri cubi; il capannone è stato ultimato in data successiva alla scadenza del termine di legge.

La sentenza quindi riafferma il requisito della doppia conformità urbanistica per la sanatoria di abusi edilizi, ma ha anche confermato una differenza sostanziale tra sanatoria di abusi e condono edilizio:

  • la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del D.P.R. 380/2001 può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la doppia conformità, escludendo una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica;
  • nel caso del condono edilizio, invece, non è richiesto che l'opera abusivamente realizzata sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento del rilascio del provvedimento e a quelli vigenti al momento della sua realizzazione, e quindi al requisito della "doppia conformità".

Superbonus 110% ,sconto in fattura e cessione del credito.

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Il vero successo del superbonus in questi mesi lo si deve alle opzioni alternative alla detrazione fiscale, quali: sconto in fattura e cessione del credito . Le due opzioni previste all'art. 121 del Decreto Rilancio hanno dato accesso agli interventi a molti contribuenti che altrimenti non avrebbero potuto effettuare lavori sui propri immobili.

La condizione per fruire di una detrazione fiscale è possedere un reddito, e anche avendolo, è sempre necessario che ci sia la capienza fiscale per poter beneficiare di incentivi che, se non fruiti nell'anno di riferimento, vengono persi. L'art. 121 del Decreto Rilancio ha, invece, istituzionalizzato le due opzioni alternative di:

  • sconto in fattura, ovvero un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
  • cessione del credito di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. Ma non solo. Perché l'art. 121 ha previsto queste due opzioni per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021 per gli interventi di superbonus ma anche molti altri interventi (ecobonus, sismabonus, bonus facciata, ecosismabonus, fotovoltaico ordinario, colonnine di ricarica ordinarie).

Con le proroghe del Fondo complementare al PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.160 del 6 luglio, della legge n.101/2021 del 1° luglio, di conversione con modificazioni del DL 59/2021 non sono state inserite però le proroghe alle opzioni alternative previste per il 2022 (cioè sconto in fattura e cessione del credito) all'art. 121, comma 7-bis del Decreto Rilancio che attendono la conferma dell'Europa per essere considerate effettive.

Dunque, benché il D.L. n. 59/2021 (già convertito in legge) consenta ai condomini l'accesso al superbonus per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022, se ad oggi si dovesse firmare un contratto per l'esecuzione di interventi con cronoprogramma settembre 2021-marzo 2022, non sarà possibile prevedere lo sconto in fattura (o scegliere la cessione del credito) per le spese sostenute nell'anno 2022.

Le scadenze (ad oggi) del Superbonus 110% sono queste:

  • persone fisiche (edifici unifamiliari): 31 dicembre 2021 (NB - con approvazione del Consiglio UE, questa data si sposterebbe al 30 giugno 2022);
  • persone fisiche con edifici plurifamiliari da 2 a 4 unità: 31 dicembre 2022 con SAL al 60% entro il 30 giugno 2022, altrimenti 30 giugno 2022;
  • condomini: 31 dicembre 2022 (senza SAL);
  • IACP: 31 dicembre 2023 con SAL al 60% entro il 30 giugno 2023, altrimenti 30 giugno 2023;
  • altri fruitori: 31 dicembre 2021 (NB - con approvazione del Consiglio UE, questa data si sposterebbe al 30 giugno 2022).