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Licenziamento per superamento del periodo di comporto: alcune sentenze rilevanti

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In tema di licenziamento per superamento del comporto, non assimilabile a quello disciplinare, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive; tuttavia, anche sulla base del novellato art. 2 della legge n. 604 del 1966, che impone la comunicazione contestuale dei motivi, la motivazione deve essere idonea ad evidenziare il superamento del comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, dando atto del numero totale di assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l'onere, nell'eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato. (Cass. Civ. Sez. L., 02/03/2023, n. 6336)

Ai fini della determinazione del periodo di comporto del personale addetto agli autoservizi di linea extraurbani con più di 25 dipendenti, è applicabile non già il c.c.n.l. autoferrotranvieri del 23 luglio 1976 (che ne fissa la durata in 12 mesi), ma la disciplina di cui al r.d. n. 148 del 1931 e all'accordo nazionale del 15 novembre 2005 (che lo determina in 18 mesi), non avendo inciso sulla stessa la disposizione dell'art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 2005, che esclude le imprese con tali requisiti dimensionali dall'ambito di applicazione del citato r.d., in quanto intervenuta successivamente, allorquando le parti sociali avevano già disciplinato la materia. (Cass. Civ. Sez. L., 19/01/2023, n. 1601)

Le regole dettate dall'art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono, in quanto speciali, sulla disciplina dei licenziamenti individuali e si sostanziano nell'impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cd. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice, nonché nel considerare quel superamento unica condizione di legittimità del recesso, nell'ottica di un contemperamento tra gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi, senza perdere i mezzi di sostentamento); ne deriva che lo scarso rendimento e l'eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non possono legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. (Cass. Civ. Sez. L., 12/12/2022, n. 36188)

Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, comma 2, cod. civ. (Cass. Civ. Sez. L., 28/07/2022, n. 23674)

Anche nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, vale la regola generale dell'immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo di licenziamento, posta a garanzia del lavoratore - il quale vedrebbe altrimenti frustrata la possibilità di contestare l’atto di recesso - con la conseguenza che, ai fini del superamento del suddetto periodo, non può tenersi conto delle assenze non indicate nella lettera di licenziamento, sempre che il lavoratore abbia contestato il superamento del periodo di comporto e che si tratti di ipotesi di comporto per sommatoria, essendo esclusa, invece, l'esigenza di una specifica indicazione delle giornate di malattia nel caso di assenze continuative. (Cass. Civ. Sez. L., 16/03/2022, n. 8628)

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'