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Sospensione del procedimento disciplinare del pubblico dipendente

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La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 4185/2023, ha stabilito che il procedimento disciplinare nel pubblico impiego può essere sospeso soltanto qualora il dipendente risulti affetto da una patologia talmente grave da impedirgli di esercitare il diritto di difesa mediante qualsiasi mezzo. Nella vicenda in esame, i giudici di merito confermavano la pronuncia del Tribunale che, in parziale accoglimento del ricorso proposto da Tizio (infermiere nel reparto di neuropsichiatria infantile), nei confronti della ASST, aveva ridotto la sanzione disciplinare a 4 mesi, in luogo di quella di 6 mesi senza retribuzione, irrogata, rigettando le altre domande. La Corte territoriale riteneva corretto l'operato della datrice di lavoro relativamente alla audizione dell'incolpato nella procedura disciplinare e in quella di accertamento dei fatti contestati che aveva considerato, in sede giudiziale, dimostrati e provati (somministrazione ad un paziente di un farmaco al posto di un altro con relativa alterazione della cartella clinica). Tizio si rivolgeva alla Suprema Corte, la quale confermava la sentenza dei giudici di secondo grado. Gli Ermellini evidenziavano che “All'obbligo datoriale di procedere all'audizione del dipendente, raggiunto da una contestazione disciplinare, non corrisponde un incondizionato diritto di quest'ultimo al differimento dell'incontro in cui deve essere sentito, atteso che la violazione del predetto obbligo da' luogo alla nullita' della sanzione solo ove sia dimostrato dall'interessato un pregiudizio al concreto esercizio del diritto di difesa, sicche' e' onere del dipendente provare di non avere potuto presenziare all'audizione a causa di una patologia cosi' grave da risultare ostativa in assoluto all'esercizio di quel diritto, dovendosi ritenere che altre malattie non precludano all'incolpato diverse forme partecipative (quali, ad es., l'invio di memorie esplicative o di delega difensiva ad un avvocato) tali da consentire al procedimento di proseguire nel rispetto dei termini perentori finali che lo cadenzano”. Pertanto, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'