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Volo cancellato e risarcimento del danno non patrimoniale

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Con l’ordinanza n. 33276 del 29 novembre 2023, la Corte di Cassazione ha precisato che in caso di cancellazione del volo si ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.

IL CASO

Il Tribunale, in qualità di giudice d'appello, confermava la sentenza del Giudice di Pace con cui era stato condannato il vettore aereo Omega s.p.a. a risarcire a Sempronio la somma di euro 600,00 per volo cancellato, ai sensi del Regolamento CE n. 261/2004, e l'ulteriore somma di euro 46,00 per spese. Erano, invece, state respinte le ulteriori domande attoree di risarcimento del danno patrimoniale, dovuto per lunga attesa in aeroporto, per pernottamento in albergo e per costi di bevande e mezzi di trasporto e di risarcimento del danno esistenziale, rectius non patrimoniale, per non aver potuto partecipare a causa della cancellazione del volo al funerale del padre.

LE CENSURE

Sempronio si rivolgeva alla Suprema Corte deducendo quanto segue. 1) Violazione e la falsa applicazione dell'articolo 2059 c.c. in ordine all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; secondo il ricorrente, il giudice d'appello, diversamente rispetto alla sentenza di primo grado, che si era limitata a ritenere non assolto l'onere probatorio attoreo, aveva negato la risarcibilità del danno non patrimoniale richiesto ex articolo 2059 c.c. sulla base della seguente, erronea, motivazione: "È evidente che avendo l'attore per la mancata partecipazione al funerale subito danno di tale lievità, non avendo perciò patito alcun peggioramento della qualità della vita e di felicità di vivere, non ha diritto al risarcimento, anche perché la cancellazione di un volo non è reato". 2) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti e mancato assolvimento dell'onere probatorio attoreo in ordine all'articolo 2697 c.c., articoli 115 e 321 c.p.c.

LA PRONUNCIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Cassazione dava ragione a Sempronio precisando che secondo la Corte di Giustizia UE, qualora la compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento 261/2004 non copra interamente il danno materiale morale patito dai passeggeri, questi ultimi possono chiedere il risarcimento supplementare alla compagnia aerea entro i limiti fissati dal diritto internazionale e dal diritto nazionale, dovendo infatti poter ottenere una compensazione integrale del danno subito (sentenza del 13/10/2011, C-83/10, Sousa Rodriguez e altri); inoltre, il massimale previsto dalla Convenzione di Montreal in caso di distruzione o di perdita dei bagagli comprende qualsiasi tipo di danno, vale a dire tanto il danno materiale quanto il danno morale, posto che la limitazione del risarcimento si riferisce al danno complessivamente subito da ciascun passeggero, indipendentemente dalla natura del danno (sentenza 06/05/2010, C-63/09, Walz). Altresì, gli Ermellini ribadivano i seguenti principi della giurisprudenza di legittimità:

  • il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale;
  • il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 c.c.: a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni); c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice;
  • il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 c.c. - anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: a) che l'interesse leso - e non il pregiudizio sofferto - abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'articolo 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile); b) che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all'articolo 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità;
  • il danno non patrimoniale, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, in quanto il danno risarcibile si identifica non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni (v. ex multis Cass., 26/10/2017, n. 25420; Cass., 28/03/2018, n. 7594; Cass., 06/12/2018, n. 31537). In virtù dei suesposti orientamenti, il Tribunale Supremo accoglieva il ricorso di Sempronio.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


RISARCIMENTO DANNO NON PATRIMONIALE DEI FAMILIARI DELLA PERSONA LESA

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Con la sentenza n. 25843/2020 del 13 novembre 2020 la Suprema Corte di Cassazione si è ancora una volta pronunciata in tema di infortunistica stradale, affermando che hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale i familiari di un soggetto danneggiato dalla condotta illecita altrui. Nella vicenda in esame, Tizio, Caio e Sempronia, ricorrevano per la cassazione della sentenza pronunciata dai Giudici d'Appello di Roma, con cui, in parziale accoglimento del gravame principale della Assicurazione spa e in rigetto del loro appello incidentale in ordine all’entità dei danni, era stato riconosciuto un concorso del fatto colposo del danneggiato pari al 25% e di conseguenza limitata la condanna pronunciata dal Tribunale di Cassino per il risarcimento dei danni subiti da Tizio, il quale, mentre era alla guida di un motociclo di proprietà del padre Caio, aveva subito un sinistro stradale causato dalla vettura condotta da Mevio e di proprietà di Calpurnio, assicurata dall'appellante principale. A seguito dell’incidente, il ragazzo, era rimasto in coma per vari giorni, aveva fatto una lunga degenza in ospedale e, all'esito di una lunga attività riabilitativa, aveva riportato comunque postumi rilevanti. La Corte d'Appello capitolina escludeva la prova del danno riflesso per carenza di dimostrazione dello sconvolgimento delle abitudini di vita o di patologie sofferte in conseguenza delle lesioni subite da Tizio, neppure potendo farsi ricorso alle presunzioni per l'entità delle lesioni, e condannava gli appellati e gli appellanti incidentali alle spese del giudizio di secondo grado. I ricorrenti, tra i vari motivi sollevati, in particolar modo: • eccepivano il mancato riconoscimento dei danni subiti dai genitori, nonché l'erroneità della conclusione della carenza di dimostrazione di sconvolgimenti delle abitudini di vita per tutto il prolungato periodo di ricovero del giovane presso gli ospedali romani e quello della successiva riabilitazione; • esponevano l'avvenuta dimostrazione, da parte di Caio, padre del danneggiato, dell’esigenza di impiegare le ferie e di accettare turni più intensi e gravosi per poter assistere il figlio; • negavano la necessità di una prova di una patologia, per il relativo danno non patrimoniale, potendo essere sufficiente l'effettiva alterazione delle proprie condizioni di vita. Il Tribunale Supremo, ritenendo la doglianza fondata, precisava che “il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita può subire un danno non patrimoniale che deve essere integralmente risarcito nel suo duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, purché tali pregiudizi rivestano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione, potendo di essi darsi prova anche per allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza (come l'ordinarietà della sofferenza dei genitori nei non pochi giorni di coma del figlio e nei periodi in cui se ne presentava incerto il recupero, nonché quella dell'assistenza ad un figlio minorenne già convivente, a lungo ricoverato lontano dalla residenza familiare e poi soggetto a non semplice riabilitazione)".

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'