L'invenzione rispone al problema della gestione dei rifiuti derivanti dalla dismissione dei pannelli fotovoltaici.
L’aumento esponenziale dei rifiuti costituiti da pannelli fotovoltaici giunti a fine vita rappresenta un problema urgente legato alla gestione degli stessi, anche a fronte delle leggi nazionali ed europee che impongono regole severe.
Per favorire il recupero e la valorizzazione di tali rifiuti, ENEA ha brevettato un nuovo processo a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale per il recupero dei principali componenti dei pannelli fotovoltaici in silicio cristallino. Il processo consente di separare i materiali utili, come strati polimerici, contatti elettrici, celle e vetro, e di smaltire il resto in sicurezza attraverso il rammollimento minimo e localizzato degli strati polimerici tramite il riscaldamento del pannello e il successivo scollamento “a strappo”.
I moduli cristallini presentano una struttura a strati costituita da uno strato di vetro protettivo, poi un sottile strato di materiale polimerico, l’Etilene Vinil Acetato (EVA), quindi le celle di silicio, contatti elettrici in metallo, un secondo strato di EVA e una superficie posteriore di supporto, generalmente in polivinifluoruro (PVF); il tutto racchiuso in una cornice in alluminio. Per recuperare i componenti è necessario separarli dallo strato di l’Etilene Vinil Acetato, che fa da collante tra i vari strati. Gli strati vengono quindi “strappati” meccanicamente, dopo il trattamento termico “mirato”, in modo da poter poi recuperare gli strati polimerici, i contatti elettrici, le celle ed il 100% del vetro e il foglio backsheet (in PVF), lo strato di EVA.
“Con questo processo si evitano: il rischio di degrado dei materiali, inutili dispendi di energia e si riducono sensibilmente pericolose emissioni gassose. Inoltre, l’impiantistica necessaria è semplice, adatta a un trattamento in continuo e altamente automatizzabile, senza necessità di un’atmosfera controllata mediante uso di gas specifici” - spiega Marco Tammaro, responsabile del Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali e inventore del brevetto insieme all’imprenditrice Patrizia Migliaccio.
Entrando nei dettagli, il brevetto sfrutta il rammollimento, minimo e localizzato, appena sufficiente per staccare gli strati polimerici per realizzare un processo in modalità continua e automatizzata. I pannelli vengono quindi riscaldati mentre avanzano su un nastro trasportatore; gli strati polimerici vengono staccati mediante un’azione a strappo, che si presta agevolmente a un’automatizzazione del processo. Il processo consente agevolmente la lavorazione in continuo di pannelli fotovoltaici a prescindere dalle diverse caratteristiche degli strati polimerici (spessore e tipologie), e a cui corrispondono diverse condizioni minime di distacco.
Il 41% dei rifiuti speciali arriva da costruzioni e demolizioni, ma l’Italia è leader nel riciclo
La produzione nazionale dei rifiuti speciali è ancora in aumento: nel 2017, secondo l’ultimo rapporto ISPRA/SNPA (Rapporto Rifiuti Speciali 2019) la produzione ha sfiorato i 140 milioni di tonnellate, quasi il 3% in più rispetto al 2016. A crescere sono per lo più i rifiuti pericolosi (+ 0,6 %), mentre rimane pressoché stabile la produzione di rifiuti non pericolosi.
I rifiuti non pericolosi sono costituiti per il 71% da terre e rocce da scavo, per il 16,2%da rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, e il restante 12,8% da altre tipologie di rifiuti.
I rifiuti pericolosi, invece, sono costituiti per il 68% da rifiuti contenenti amianto, per il 17,6% da altri materiali isolanti, e il restante 14,4% è rappresentato da altre tipologie di rifiuti.
I rifiuti complessivamente gestiti aumentano del 4% e l’Italia si conferma leader nel riciclo segnando un +7,7% delle quantità avviate a recupero di materia ed una diminuzione dell’8,4% di quelle destinate allo smaltimento.
Bisogna tuttavia ricordare che anche il processo di riciclo dei rifiuti, produce rifiuti. Secondo i dati, si sono prospettati per i rifiuti speciali quattro scenari diversi:
– il 67,4 % sono stati riciclati con recupero di materia;
– l’8,2 % è stato conferito in discarica;
– il 10,9 % ha subito altre operazioni di smaltimento;
– l’1,4 % è stato avviato al coincenerimento;
– lo 0,9 % all’incenerimento.
Le attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento ambientale rappresentano il 25,7% del totale (quasi 36 milioni di tonnellate), l’insieme delle attività manifatturiere il 21,5% (quasi 30 milioni di tonnellate).
I rifiuti di metallo importati sono destinati al riciclaggio, principalmente in acciaierie localizzate in Friuli Venezia Giulia e in Lombardia. Il 68% dei rifiuti esportati (poco più di 2 milioni di tonnellate) appartengono alla categoria dei non pericolosi e il restante 32% (circa 1 milione di tonnellate) a quella dei pericolosi.
A livello di macroarea geografica è il Nord che produce più rifiuti speciali, quasi 81 milioni di tonnellate (pari, in termini percentuali, al 58,3% del dato complessivo nazionale), seguita dal Sud con quasi 33 milioni di tonnellate (23,7%) e dal Centro con circa 25 milioni di tonnellate (18% del totale nazionale). La Lombardia produce il 22,2% del totale dei rifiuti speciali generati (30,8 milioni di tonnellate) seguita dal Veneto e dall’Emilia-Romagna con circa il 10% della produzione nazionale (rispettivamente pari a 15,1 milioni di tonnellate e 13,7 milioni di tonnellate).
Gli impianti di gestione dei rifiuti speciali operativi sono 11.209 di cui 6.415 situati al Nord, 2.165 al Centro e 2.629 al Sud. In Lombardia sono localizzate 2.176 infrastrutture, il 20% circa del totale degli impianti presenti sul territorio nazionale. Gli impianti dedicati al recupero di materia sono 4.597 (41% del totale).
Circa 20,2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono utilizzati, in luogo delle materie prime, all’interno del ciclo produttivo in 1.307 impianti industriali. Tali stabilimenti riciclano il 20% del totale dei rifiuti recuperati a livello nazionale.
L’economia circolare però, specie in edilizia, non è ancora di certo operativa: mancano tasselli importanti, primo tra tutti la carenza di impianti in Italia, motivo per cui i rifiuti che non possono essere smaltiti in modo idoneo qui da noi – circa 3,1 milioni di tonnellate – vengono esportati all’estero.
Come dichiara il direttore ISPRA Alessandro Bratti, " importiamo materiali necessari all’industria italiana, ma esportiamo rifiuti che non abbiamo modo di trattare adeguatamente con impianti". E questi rifiuti, che l’Italia non riesce a smaltire, sono costituiti per il 50% da scarti provenienti dagli impianti di trattamento dei rifiuti, delle acque reflue, dalla potabilizzazione dell’acqua.