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Perdita del rapporto parentale: alcuni chiarimenti della Suprema Corte

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Con la sentenza n. 25541 del 30 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata ancora una volta in tema di perdita del rapporto parentale. Nella vicenda in esame, i familiari di Tizio denunciavano Caio, medico di turno al pronto soccorso, per aver sbagliato la diagnosi, nonché il piano terapeutico, che aveva causato il decesso del loro congiunto. Sia il giudice di prime cure che i giudici d’Appello assolvevano l'imputato ritenendo, il primo, insussistente il fatto contestato, la Corte territoriale, assente il nesso causale fra la condotta omissiva, sia pure colposa, dell'imputato e la morte di Tizio. La Corte di Cassazione, investita dei soli capi civili annullava la pronuncia della Corte distrettuale per illogicità della motivazione, rinviando ex art. 622 c.p.p. al giudice civile competente. I giudici d’Appello, dopo avere disposto l’espletamento di CTU medico-legale, accoglievano la domanda risarcitoria dei congiunti di Tizio a titolo di danno iure proprio per perdita del rapporto parentale. A questo punto, Caio si rivolgeva alla Suprema Corte deducendo, in particolare, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3, nonché la nullità della sentenza per vizio di motivazione ex art. 360 n. 4 c.p.c. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale aveva errato nel riconoscere agli attori il diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale per la sola esistenza del legame di parentela con Tizio. Il sanitario asseriva soprattutto che, per consolidata giurisprudenza, tale danno, lungi dal poter essere considerato in re ipsa, richiede una puntuale allegazione. Il Tribunale Supremo rigettava il ricorso precisando che i giudici d’Appello avevano richiamato ed applicato in maniera corretta l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità ritenendo che il fatto illecito costituito dall’uccisione del congiunto aveva dato luogo a un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, in quanto aveva colpito soggetti (i figli di Tizio), legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Secondo gli Ermellini, “Il c.d. danno presuntivo è concetto autonomo e distinto rispetto al c.d. danno in re ipsa: se, infatti, per quest’ultimo non è richiesta alcuna allegazione da parte del danneggiato, sorgendo il diritto al risarcimento del danno per il sol fatto del ricorrere di una determinata condizione, il primo richiede un’allegazione, seppur presuntiva, che è sempre suscettibile di essere superata da una eventuale prova contraria allegata da controparte”. In altre parole, “Affermare, come ha fatto la Corte d’Appello, che la presenza di un legame di parentela qualificato sia elemento idoneo a fondare la presunzione, secondo l’id quod plerumque accidit, dell’esistenza del danno in capo ai familiari del defunto, è cosa distinta dal riconoscere a quest’ultimi la risarcibilità del danno in re ipsa, per il sol fatto della sussistenza di un legame familiare”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'