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Il Multimediale a servizio della storia, le celebrazioni dei 100 anni della Scuola di Architettura della Sapienza di Roma

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Un riallestimento attento e preciso permette di immergersi in uno spazio fino a poco prima fatiscente ed abbandonato a se stesso. È quello che è stato reso possibile negli uffici amministrativi dell’Università La Sapienza di Roma in occasione dei 100 anni dalla sua fondazione.

Il progetto a cura di Andrea Grimaldi, professore di Architettura degli interni è un vero e proprio vademecum di come luoghi della quotidianità possano essere rinnovati e valorizzati. L’area oggetto d’intervento era un delimitato spazio distributivo che le strategie di design riallestivo messe in campo dall’architetto ampliano verso uno spazio che è contemporaneamente di comunicazione, osmosi e conoscenza più che un semplice spazio di second’ordine. Si poneva inoltre una questione pratica ovvero quella dell’organizzazione impiantistica, per cui gli interventi di semplice rimodulazione hanno eluso i costi ingenti che essa prevedeva. Il progetto di allestimento, dunque opera una sorta di mimetizzazione cromatica rispetto all’involucro originario dello spazio ed una controsoffittatura in barre luminose e binari elettrificati posti sopra l’importa delle porte. Elemento focale dell’allestimento sono i grandi canon à lumière prismatici sospesi, questi hanno una duplice funzione, da un lato fungono da amplificatori sonori, dall’altro costituiscono un fondale scenico cangiante grazie a lampade RGB colorate. Altro tema dominante è il cosiddetto “pentagramma architettonico” ovvero un sistema espositivo in massello multistrato di abete.

La prima “messa in scena” dell’allestimento, che vede la collaborazione di Studio Azzurro per le installazioni multimediali. nella ricorrenza dei 100 anni della Scuola di Architettura della Sapienza, allora chiamata Regia Scuola Superiore di Architettura, negli stessi anni in cui nasceva a Weimar il Bauhaus e promossa nel 1920 da Giovannoni. La mostra è un racconto dei tanti docenti che hanno animato la Scuola romana e il loro contributo alla formazione della professione di architetto del ‘900. Alfonso Giancotti, coordinatore della mostra ha dichiarato:

«Attraverso materiale d’archivio e filmati abbiamo cercato di raccontare la storia della più antica Facoltà di architettura d’Italia per mezzo di una multicolore Linea del Tempo progettata da Studio Azzurro che presenta - dall’anno della sua istituzione ad oggi - le figure, i libri, le opere e i maggiori avvenimenti, sincronicamente a confronto con gli accadimenti politici, culturali, scientifici e artistici della storia del mondo. Il pubblico scoprirà come fatti e figure apparentemente distanti tra loro siano invece coevi, come libri apparentemente antichi siano stati scritti in momenti in cui si costruivano i simboli della modernità e potrà leggere, nei punti di intersezione di questi due percorsi, eventuali allineamenti o considerevoli discontinuità. Una serie di dialoghi immaginari tra i maestri della scuola accompagneranno il visitatore in questo viaggio nel tempo. Sarà la narrazione, dichiaratamente trasversale e obliqua, di uno spazio fisico e di un progetto culturale a più livelli di percezione che guarda decisamente al futuro della nostra scuola».

La mostra dunque alterna video-installazioni con le voci dei testimoni del passato e del futuro ed una selezione di documenti d’archivio dedicata ai progetti elaborati per le sedi della Scuola di Architettura dal 1919 al 1963. Come racconta Leonardo Sangiorgi di Studio Azzurro: “Il tempo scorre e le parole della “storia”, nello stendersi del loro racconto, fermano o tentano continuamente di arrestare il suo fluire. Immaginiamo che questo tentativo sia imperfetto, immaginiamo addirittura di poter seguire, superare o rincorrere e ritornare, alle origini degli eventi. Senza bloccarli, senza arrestare il loro flusso”.


“Fedeltà al tradimento”, la mostra su Carlo Aymonino alla Triennale di Milano.

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La mostra sarà aperta fino al 22 agosto 2021, nasce da un’idea di Livia e Silvia Aymonino. Il curatore Manuel Orazi attraverso progetti, schizzi, foto d’archivio ed interviste pone l’attenzione anche sull’uomo che c’era dietro il grande architetto Aymonino.

La mostra monografica su Aymonino (1926-2010) è ospitata presso la Triennale di Milano insieme a quella di altri due grandi designer Enzo Mari e Vico Magistretti, tuttavia la figura di Aymonino sembra passare spesso in secondo piano rispetto ai grandi del Novecento. Manuel Orazi tenta dunque di accendere nuovamente i riflettori su questo architetto viaggiando su due linee parallele: la vita privata e quella lavorativa.

Ne emerge una figura complessa che si dedica alla pittura così come alla politica, all’editoria così come all’insegnamento, come afferma lo stesso curatore Orazi: “Gli architetti, che lavorano all’incrocio di diverse discipline, sono inevitabilmente poliedrici e lo sono stati ancora di più nella seconda metà del ‘900. Aymonino non fa eccezione, ma ha un elemento di unicità, legato alle sue geografie biografiche e professionali.”

Aymonino è di Roma ma il suo operato si sposta allo IUAV di Venezia nel 1963, poi a Milano realizza tra il 1967 e il 1972 il complesso Monte Amiata al Quartiere Gallaratese, per poi spostarsi in tutta Italia superando le resistenze regionali dell’epoca. Il Gallatarese è il progetto più famoso ed anche il più importante di Aymonino se consideriamo le parole del curatore Orazi: “Un progetto come il Gallaratese di Milano è la traduzione costruita del confronto e scambio proficuo tra saperi, discipline e personalità diverse. Non si tratta solo del tradizionale affiancamento di teoria e prassi, ma della capacità di articolare in maniera organica riflessione storico-critica e teorica ed esperienza sul campo.”

Il titolo della mostra rende onore proprio a questa sua poliedricità e straordinaria capacità di destreggiarsi tra ambiti diversi tra loro, senza focalizzarsi in schemi prefissati ma distaccandosene di volta in volta come dei piccoli tradimenti.

Il soggetto principale dell’allestimento a cura di Federica Parolini sono i suoi disegni, in grande formato, che, come dei “pop-up”, saltano fuori dando vita agli schizzi del grande architetto, trasportando il visitatore in una onirica Wunderkammer. I caratteristici quadernetti rossi che utilizzava per disegnare, appuntare aneddoti aiutano a comprendere meglio la sua vita quotidiana. Il rapporto con le diverse città che lo hanno accolto viene narrato in senso cronologico Roma, Matera, Venezia, Milano, Pesaro. Ogni città ha contribuito ad influenzare l’architetto, in uno scambio reciproco fondamentale in periodi come quello del dopoguerra, periodo in cui egli si impegnò particolarmente nella ricostruzione delle periferie.

L’obiettivo della mostra è quello di portare la figura di Aymonino alla conoscenza dei “non addetti ai lavori”, di marcare l’attualità della sua personalità, e di superare quell’oblio, che a causa di oscillazioni di gusto, lo ha relegato in una posizione d’ombra.

Il Presidente della Triennale di Milano, Boeri ha dichiarato infatti: “Uno degli obiettivi di Triennale è restituire attraverso le proprie mostre e iniziative la grandezza di figure complesse della cultura italiana del progetto, portando all’attenzione nuove chiavi interpretative, superando facili etichette e inquadramenti, a volte anche contribuendo a riscoperte e riletture critiche inedite. Questa mostra offre l’opportunità per rivisitare non solo il profilo professionale del progettista, ma anche l’intreccio di vite e passioni dell’uomo. Aymonino è stato in grado di proporre un originale discorso sulla città: la ha studiata, discretizzata, scomposta. Quello di Aymonino, nei suoi progetti e nei suoi testi, è un invito a spostare lo sguardo, da orizzontale a verticale, come ben esemplificato dagli edifici del complesso del Monte Amiata nel quartiere Galleratese di Milano del 1967-1972”.