La registrazione del contratto di affitto è obbligatoria. Se non si provvede a questo adempimento il contratto è da considerarsi nullo. Questa nullità interessa soprattutto il proprietario dell'immobile, dal momento che in costanza di una locazione nulla, il locatore non può percepire i canoni concordati con l'inquilino e, in caso di morosità di quest’ultimo, non può nemmeno sfrattarlo, secondo la procedura prevista dalla legge.
Spetta al locatore dell'immobile provvedere alla registrazione del contratto. Più precisamente, per non incorrere in alcuna responsabilità, deve farlo “nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile”. Inoltre, nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato” (Art. 13 Legge 431/1998).
L’art. 8 della Legge 392/1978 stabilisce che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali. Ciò significa che la spesa in questione viene divisa al 50% tra il proprietario dell’immobile ed il conduttore, anche se in alcune occasioni è il locatore che si assume l'onere di versare l'intero tributo. Tuttavia, non bisogna trascurare che nei riguardi dell'Agenzia delle Entrate l'imposta grava su entrambi ed integralmente. In altre parole, proprietario e inquilino sono solidalmente responsabili qualora dovessero dimenticare di versare la tassa di registrazione. Essi potrebbero essere chiamati, anche separatamente, a pagare l'intero importo, fatta salva la possibilità di recuperare il dovuto dalla controparte.
Se si tratta di locazione di un immobile ad uso abitativo, la tassa di registrazione è pari al 2%. Questa percentuale va calcolata considerando il canone di locazione dovuto per un anno intero. Il risultato ottenuto dovrà essere, poi, moltiplicato per le varie annualità del contratto.
I contratti di locazione a canone concordato, che si riferiscono agli immobili siti all'interno dei cosiddetti Comuni "ad elevata tensione abitativa", usufruiscono di un'imposta agevolata. Difatti, in tali casi la tassa di registrazione dell'affitto è più bassa, dal momento che la base imponibile su cui va calcolato l'onere fiscale è ridotta al 70%. Inoltre, non vige l'obbligo di registrazione, qualora il contratto preveda una locazione di durata non superiore ai 30 giorni in un anno.
Nelle ipotesi di mancata di registrazione del contratto di locazione sono previste delle sanzioni. Più nello specifico “chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta. Se la richiesta di registrazione è effettuata con ritardo non superiore a 30 giorni, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200” (Art. 69 Dpr 131/1986).
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'
Secondo l’articolo 1571 del codice civile, la locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un certo periodo di tempo verso un determinato corrispettivo. Detta norma prevede un ambito applicativo generale per i beni mobili e immobili (artt. 1571-1614), nell’ambito del quale rientra la locazione di fondi urbani (artt. 1607-1614). La Legge n. 431/98, che ha abrogato in parte la Legge n. 392/78, contiene, invece, la disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti a uso abitativo e delle locazioni ad uso diverso da quello abitativo. La locazione a uso diverso da quello di abitazione è il contratto con il quale un soggetto (detto locatore) mette a disposizione di un altro soggetto (detto conduttore) un immobile destinato a un uso diverso da quello abitativo, ottenendo in cambio il pagamento di un corrispettivo stabilito dalle parti. Per “uso non abitativo” si intende il fatto che trattasi di immobili destinati allo svolgimento di attività artigianali, industriali, nonché di interesse turistico, come, ad esempio, agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi e attività alberghiere o a queste ultime assimilate, vale a dire pensioni, trattorie, case di cura, stabilimenti balneari e stabilimenti di pubblici spettacoli. La durata della locazione non abitativa dipende dall'attività che il conduttore intende svolgere nell'immobile locato. In particolare, essa è fissata in sei anni se si tratta di attività commerciali, artigianali, industriali, professionali e turistiche, mentre è fissata in nove anni in caso di attività teatrali e alberghiere o di altre attività a queste ultime assimilate. Qualora venga pattuita dalle parti una durata contrattuale inferiore, questa è considerata automaticamente pari alla durata stabilita dalla legge. Diversamente è previsto per i contratti relativi ad attività a carattere stagionale: in questi casi, la locazione deve necessariamente essere rinnovata sempre allo stesso conduttore per la durata della stagione che interessa la sua attività, a seconda dei casi, per sei o nove anni consecutivi. Per quanto concerne invece la forma contrattuale, per questa tipologia di locazione vale il principio generale della libertà di forma (fatta eccezione per i contratti di durata superiore a nove anni e per quelli stipulati dalla pubblica amministrazione), a condizione che il contratto venga sottoposto a registrazione. Il conduttore può recedere dal contratto in qualunque momento, a patto che comunichi formalmente la sua intenzione almeno sei mesi prima della data di esecuzione del recesso; in mancanza di una tale previsione contrattuale potrà comunque recedere, fermo restando l'obbligo di tempestivo preavviso al locatore soltanto nel caso in cui ricorrano gravi motivi inerenti alla sua persona e all'immobile locato o motivi fondati su eventi successivi alla stipula del contratto, individuati dalla giurisprudenza in “avvenimenti estranei alla volontà del locatario, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione; inoltre, con riferimento all'andamento dell'attività aziendale, può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, non solo un andamento della congiuntura economica sfavorevole all'attività di impresa, ma anche uno favorevole, purché sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (quando fu stipulato il contratto) che lo obblighi ad ampliare la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo” (Cass. Civ., sent. n. 10624 del 26 giugno 2012). Il locatore può disdire il contratto soltanto in presenza di specifici casi: 1) qualora voglia adibire l’immobile a propria abitazione, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta (figli, genitori e nipoti); 2) qualora intenda adibire l’immobile all’esercizio di un’attività commerciale, artigianale, industriale o di interesse turistico, purché tali attività vengano esercitate dal locatore in proprio o dal suo coniuge e/o dai suoi parenti entro il secondo grado in linea retta (genitori, figli o nipoti); 3) nel caso in cui il locatore sia una pubblica amministrazione e voglia adibire l’immobile all’esercizio di attività volte al conseguimento della propria finalità istituzionale; 4) qualora voglia ristrutturare l’immobile allo scopo di rendere la superficie dei locali conforme al piano comunale di cui agli artt. 11 e 12 della L. 426/197 e se questa ristrutturazione risulti incompatibile con la presenza del conduttore nell’immobile. Nel momento in cui il locatore intende disdire il contratto di locazione in uno di questi casi appena esposti, questi è sottoposto a sanzioni se, entro sei mesi dal rilascio dell’immobile, non abbia realmente attuato la motivazione della disdetta, cioè non abbia adibito l’immobile ad abitazione oppure ad una propria attività commerciale. Come avviene per la locazione ad uso abitativo, le spese della locazione non abitativa si suddividono in ordinarie e in straordinarie. Mentre le prime sono a carico del conduttore, le spese straordinarie gravano invece sul locatore. Inoltre, il conduttore può sublocare l'immobile, oppure anche cedere il contratto a terzi, indipendentemente dal consenso del locatore, purché lo faccia presente a quest’ultimo mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Qualora ricorrano gravi motivi, il proprietario può però opporsi alla sublocazione. La locazione ad uso non abitativo può prevedere l’adeguamento ISTAT del canone di locazione, ma ciò deve essere espressamente previsto nel contratto. Alle locazioni commerciali non si applica l'opzione della cedolare secca, come invece avviene nel caso delle locazioni ad uso abitativo. Infine, anche le locazioni commerciali vanno registrate e le relative spese di registrazione sono divise a metà fra le parti.
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'
La registrazione del contratto di affitto è obbligatoria. Se non si provvede a questo adempimento il contratto è da considerarsi nullo. Questa nullità interessa soprattutto il proprietario dell'immobile, dal momento che in costanza di una locazione nulla, il locatore non può percepire i canoni concordati con l'inquilino e, in caso di morosità di quest’ultimo, non può nemmeno sfrattarlo, secondo la procedura prevista dalla legge.
Spetta al locatore dell'immobile provvedere alla registrazione del contratto. Più precisamente, per non incorrere in alcuna responsabilità, deve farlo “nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile”. Inoltre, nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell'immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato” (Art. 13 Legge 431/1998).
L’art. 8 della Legge 392/1978 stabilisce che le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali. Ciò significa che la spesa in questione viene divisa al 50% tra il proprietario dell’immobile ed il conduttore, anche se in alcune occasioni è il locatore che si assume l'onere di versare l'intero tributo. Tuttavia, non bisogna trascurare che nei riguardi dell'Agenzia delle Entrate l'imposta grava su entrambi ed integralmente. In altre parole, proprietario e inquilino sono solidalmente responsabili qualora dovessero dimenticare di versare la tassa di registrazione. Essi potrebbero essere chiamati, anche separatamente, a pagare l'intero importo, fatta salva la possibilità di recuperare il dovuto dalla controparte.
Se si tratta di locazione di un immobile ad uso abitativo, la tassa di registrazione è pari al 2%. Questa percentuale va calcolata considerando il canone di locazione dovuto per un anno intero. Il risultato ottenuto dovrà essere, poi, moltiplicato per le varie annualità del contratto.
I contratti di locazione a canone concordato, che si riferiscono agli immobili siti all'interno dei cosiddetti Comuni "ad elevata tensione abitativa", usufruiscono di un'imposta agevolata. Difatti, in tali casi la tassa di registrazione dell'affitto è più bassa, dal momento che la base imponibile su cui va calcolato l'onere fiscale è ridotta al 70%. Inoltre, non vige l'obbligo di registrazione, qualora il contratto preveda una locazione di durata non superiore ai 30 giorni in un anno.
Nelle ipotesi di mancata di registrazione del contratto di locazione sono previste delle sanzioni. Più nello specifico, “chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta. Se la richiesta di registrazione è effettuata con ritardo non superiore a 30 giorni, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200” (Art. 69 Dpr 131/1986).
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'