Il Tribunale accoglieva l'appello che Sempronio aveva proposto per impugnare la decisione con cui il Giudice di Pace, nonostante avesse accolto l'opposizione proposta dallo stesso avverso il verbale di contestazione di violazione del Codice della Strada, aveva, tuttavia, compensato le spese di lite.
Il Tribunale stabiliva, in riforma della sentenza appellata, che le spese di lite, sia per il primo, sia per il secondo grado, dovevano essere poste a carico del Comune di Trieste.
In particolare, secondo il Tribunale, le spese del primo grado di giudizio dovevano essere determinate alla luce dei parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014, nei limiti della fase di studio ed introduttiva, dal momento che non si era svolta alcuna attività istruttoria ed in mancanza di una vera e propria fase decisionale, vista l'adesione del Comune alla domanda del ricorrente.
Il caso approdava così in Cassazione, davanti alla quale Sempronio censurava la sentenza impugnata soprattutto nella parte in cui il Tribunale, omettendo di spiegare quale fosse lo scaglione adottato e l'importo liquidato per ogni fase del procedimento, aveva provveduto ad una liquidazione globale delle spese di lite del giudizio senza, però, liquidare né le spese di lite della fase istruttoria/di trattazione del giudizio di primo grado e del giudizio d'appello, né le spese della fase decisoria del giudizio di primo grado, che, invece, costituiscono fasi ineludibili del processo.
Il Tribunale Supremo, ritenendo il motivo fondato, affermava che “non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale, per cui il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi. Resta, tuttavia, ferma la necessità che il giudice proceda alla liquidazione di tutte le prestazioni che, in base alle fasi indicate nell'art. 4 del d.m. n. 55 cit. e secondo gli scaglioni esposti nelle tabelle allegate al medesimo d.m. n. 55, l'avvocato abbia effettivamente reso nel giudizio, dandone specificamente conto in motivazione”.
Per i Giudici Ermellini, il Tribunale erroneamente non aveva provveduto alla liquidazione delle prestazioni che in primo grado avevano riguardato la fase della trattazione (in ogni caso, ineludibile) e quella della decisione (comprendente prestazioni senz'altro rese, come la precisazione delle conclusioni) della causa.
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'
Con la sentenza n. 9464 del 22 maggio 2020, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata ancora una volta in merito alla sorte dei crediti della società a seguito della cancellazione della stessa dal registro delle imprese.
Nel caso in esame, la società veniva cancellata dal registro delle imprese in pendenza di un giudizio che la stessa aveva intrapreso. La questione approdava in Cassazione, la quale stabiliva il principio secondo cui l'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non comporta al tempo stesso l'estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche mediante un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito, comunicandola al debitore, e a patto che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare.
Più precisamente, secondo gli Ermellini “sarebbe, dunque, errato presumere sempre iuris et de iure, in presenza di una cancellazione richiesta dal liquidatore della società ed operata in corso di causa, una rinuncia della stessa al diritto azionato", dal momento che la stessa potrebbe essere il frutto di una scelta “di convenienza” della società allo scopo di evitare ulteriori costi, senza che ciò possa costituire, di per sé solo, anche rinuncia al credito.
In virtù di detto principio, veniva quindi confermata la sentenza della Corte d’Appello che aveva ritenuto spettanti agli ex soci di una società di capitali, cancellatasi dal Registro delle Imprese ed estintasi nel corso del giudizio, le somme indebitamente percepite da una Banca per effetto di clausole del contratto di apertura del conto corrente nulle, concernenti gli interessi anatocistici trimestrali, la capitalizzazione annuale, la commissione di massimo scoperto, ed ulteriori spese, per la cui restituzione la società aveva convenuto la Banca in giudizio.
L’art. 2495 cod. civ., disciplinando la sorte dei soli debiti della società estinta rimasti insoddisfatti, stabilisce che per essi opera la successione in capo ai soci, anche se nei limiti di quanto ognuno di essi ha riscosso in sede di bilancio finale di liquidazione, e che di essi è responsabile anche il liquidatore, nella misura in cui il mancato pagamento dei debiti prima della cancellazione è dipeso da colpa del liquidatore stesso.
Dunque, all’estinzione della società, che deriva dalla cancellazione, consegue il trasferimento dei rapporti passivi in capo ai soci, quali “successori” nella titolarità delle obbligazioni già facenti capo alla società, verso i quali i creditori insoddisfatti possono agire per far valere i loro crediti.
Il legislatore ha invece mostrato disinteresse per la sorte dei rapporti attivi, i quali non vengono presi in considerazione dalla disposizione in questione, il che ha spinto la giurisprudenza a colmare questo vuoto di disciplina con numerose pronunce concernenti l’estinzione per cancellazione della società, sia sotto il profilo sostanziale sia sotto il profilo processuale.
Alla luce dei principi della Corte di Cassazione, è andato consolidandosi l’orientamento in base al quale la cancellazione della società dal registro delle imprese viene interpretata quale espressione di rinuncia tacita, non soltanto alle mere pretese, ma pure ai crediti litigiosi o illiquidi, con conseguente non operatività del trasferimento per successione in capo ai soci ed estinzione dei crediti stessi.
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'