Valido il licenziamento anche se intimato dal datore in forma indiretta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24391 del 5 agosto 2022, ha stabilito che è valido il licenziamento anche se viene comunicato in forma indiretta, dal momento che il datore non ha l’onere di utilizzare forme sacramentali per notiziarlo al lavoratore. Nella vicenda in esame, Tizio impugnava giudizialmente la Determinazione Dirigenziale con cui la Pubblica Amministrazione aveva risolto il rapporto di lavoro, a seguito del provvedimento della Commissione medica che, all’esito di un infarto al miocardio, lo aveva dichiarato non idoneo permanentemente al servizio. I giudici di secondo grado rigettavano la predetta domanda, in quanto ritenevano sussistenti i requisiti della forma scritta del recesso e della conoscenza da parte del destinatario. A questo punto, Tizio si rivolgeva alla Suprema Corte deducendo: • la violazione degli artt. 2 legge n. 604/1966, 1334, 1335 c.c., in ordine all'art. 360, comma 1, n. 3. c.p.c., in quanto il licenziamento è negozio unilaterale recettizio a forma vincolata; il ricorrente asseriva di non aver mai ricevuto consegna in copia conforme dell'atto da parte dell'amministrazione e che il rinvenimento di una copia senza conformità e firma in originale non valeva a sanare il vizio di omessa comunicazione; • la violazione dell'art. 2 legge n. 604/1966, art. 18 legge 300/1970, in ordine all'art. 360, comma 1, n. 3. c.p.c., per difetto di forma scritta ad substantiam del collocamento a riposo con decorrenza 1/1/2015, trattandosi di negozio nullo non convertibile; • la violazione dell'art. 18, commi 1 e 2 cit. e dell’art 1423 c.c. in ordine all'art. 360, comma 1, n. 3. c.p.c., non essendosi mai perfezionato il licenziamento orale intimato al lavoratore. Il Tribunale Supremo dava torto a Tizio; in primo luogo, reputava non condivisibile la tesi difensiva secondo la quale la determina dirigenziale di collocamento a riposo avrebbe dovuto essere in ogni caso comunicata in copia conforme e in originale all'interessato, con conseguente irrilevanza della sua conoscenza aliunde. I giudici Ermellini affermavano, in particolare, che “In tema di forma del licenziamento, l'art. 2 della legge n. 604 del 1966 esige, a pena di inefficacia, che il recesso sia comunicato al lavoratore per iscritto, ma non prescrive modalità specifiche di comunicazione (Cass. n. 12499/2012); sicché, non sussistendo per il datore di lavoro l'onere di adoperare formule sacramentali, la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara”. Pertanto, la Suprema Corte respingeva il ricorso e condannava parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio.
AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'