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La Chiesa di Atlántida (1960) entra a far parte della Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO

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L’annuncio della Fundación Eladio Dieste arriva dopo la 44° seduta del Comitato del Patrimonio Mondiale tenutasi in modalità virtuale dal 16 al 31 luglio a Fuzhou (Cina).

L’ICOMOS, organo consultivo della convenzione ha suggerito l’inserimento dell’opera dell’ingegnere uruguaiano Eladio Dieste nell’importante elenco quale esempio dell’innovazione progettuale dell’America Latina del XX secolo. Il perfetto connubio tra la ricerca tecnologica e le produzioni locali nelle opere di Dieste hanno travalicato i confini attirando l’attenzione del panorama specialistico internazionale.

La semplicità e al tempo stesso la praticità sono i caratteri principali dei suoi progetti, attraverso l’impiego del semplice mattone giunge a soluzioni architettoniche che trascendono la tradizione dei principi costruttivi delle volte e giungono a risultati dall’effetto sorprendente. In particolare, il sistema costruttivo da lui adottato si presta alle coperture di estese superfici non venendo meno ad esigenze di economicità e praticità, sosteneva infatti che

“non si può produrre un'architettura sana senza un uso razionale ed economico dei materiali da costruzione".

L’opera di Dieste è resa dunque riconoscibile dal mattone a vista e dalle superfici curve, plasma la forma pur perpetrando un metodo di costruzione sostenibile. Le sue realizzazioni, infatti, sembrano penetrate da un profondo senso etico e spirituale della progettazione che lo ha portato a definire un sistema costruttivo originale ovvero la “ceramica armata” da cui sviluppa in seguito diversi tipi di strutture lamellari come le volta gaussiane e le volte autoportanti.

La Chiesa di Atlántida a Montevideo è il risultato di anni di sperimentazioni della ceramica armata, una chiesa realizzata interamente in mattoni su fondazioni puntuali, su pianta rettangolare ad aula unica di 30 m x 16 m, con una campata di 19 m sui lati più larghi. Colpisce subito l’andamento curvilineo dei muri perimetrali alti 7 m che alternano una sequenza di convessità a concavità, così come la copertura generando un effetto complessivo destabilizzante ed allo stesso tempo affascinante per l’osservatore. Le pareti sinuose presentano dei fori, con vetri colorati, che lasciano entrare la luce all’interno.

Al lato della chiesa si erge un campanile cilindrico con murature spesse 30 cm, in cui ancora una volta il mattono genera pieni e vuoti molto suggestivi. Le scelte progettuali non si muovono unicamente verso aspetti tecnico-costruttivi, ma assecondano anche la volontà del progettista di esprimere simbolicamente un’idea religiosa di innovazione della liturgia cattolica. Egli, infatti, descriveva così le sue opere:

“Ci commuovono perché risultano misteriosamente espressive e sembrano aprirci una specie di interminabile cammino di comprensione e comunione con il mondo. Perché questo succeda, non ci deve essere nulla di gratuito o trascurato; anzi, in queste opere il nostro spirito deve percepire un sottile adeguamento delle cose costruite alle leggi che tengono in equilibrio la materia. Nessuna dimenticanza o sperpero: solo così è possibile ottenere quell’economia in senso cosmico che implica armonia con l’inappagabile mistero che è l’universo. Non c’è niente di più nobile ed elegante, da un punto di vista spirituale e pratico al contempo, che resistere con la forma”.

La Chiesa di Atlántida costituisce un’eccezione rispetto alla tipologia di cantieri portati avanti dalla Dieste y Montañez che si sono occupati prevalentemente di capannoni industriali, di qui la vera grandezza di Eladio Dieste di sapere sfruttare le scarse capacità tecniche dell’edilizia locale, la manodopera improvvisata ed un materiale povero come il mattone passando da realizzazioni come i capannoni a quella di una chiesa.

L’iter di iscrizione alla lista era partito già dal 2015, la Fundación Eladio Dieste è stata istituita invece nel 2016 a Montevideo con lo scopo di tutelare e mettere al servizio di tutti archivi, modelli e progetti di Eladio Dieste.


Dopo il Louvre, una seconda piramide per Parigi

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Si tratta del nuovo progetto di Herzog & De Meuron, questa volta però le dimensioni sono quelle di un grattacielo. La Tour Triangle sarà il primo grattacielo di Parigi dopo 46 anni, e cambierà definitivamente lo skyline della città.

Il primo grattacielo nella città, la Tour Montparnasse fu realizzato nel 1973, è solo adesso che supera la resistenza al cambiamento con un edificio in vetro e acciaio nel quartiere di Porte de Versailles, nel 15° arrondissement di Parigi. Così come accadde per il Louvre l’evoluzione del progetto in questione non è stata meno difficoltosa, essendo stato molto criticato già dalla sua presentazione nel 2008. Da un lato si riteneva che l’enorme edificio avrebbe oscurato i palazzi dei dintorni e dall’altro a livello economico era ritenuto un progetto troppo ambizioso. È stato dunque rigettato nel 2014 e poi nuovamente modificato ed approvato nel 2015 grazie al contributo di associazioni di quartiere quali SOS Paris, France Nature Environment Ile-de-France e l’associazione per lo sviluppo armonioso della Porte de Versailles, fino all’approvazione da parte del tribunale amministrativo di Parigi arrivata nel 2019.

Il progetto rientra in un più sistematico programma di riqualificazione del Parco delle Esposizioni ed allo stesso tempo di valorizzazione del focus della Porta di Versailles e avrà un ruolo fondamentale nella riorganizzazione dei flussi ed in una nuova percezione dello spazio urbano.

“Il Triangolo è concepito come una porzione di città sviluppata in verticale. È tracciato da una rete di flussi di traffico verticali e orizzontali di velocità e capacità differenti. Come i viali, le strade e i passaggi più intimi di una città, questi flussi di traffico ricavano la costruzione da piccole isole di forma e dimensioni diverse”.

L’edificio alto 180 metri e 41 piani, prevede la realizzazione di un hotel di lusso con 120 stanze, uno sky bar, ristorante, sala conferenze, uno spazio culturale e circa 70 mq saranno dedicati ad uffici.

La forma triangolare che lascia pensare ad una piramide è in realtà frutto di una precisa scelta architettonica dei progettisti:

“Da una parte è generata ruotando l’asse nord e sud dal lotto rettangolare per creare una battuta d’arresto dinamica dal viale periferico a sud e dal Palais des Sport a nord dall’altra riduce le ombre sugli edifici residenziali adiacenti.”

Inoltre, come sostengono i progettisti la forma triangolare non è così estranea alla classicità tipica parigina, può essere letta a diversi livelli e rimanda al tessuto urbano della città stessa: “una forma generale facilmente riconoscibile e la silhouette fine e cristallina della sua facciata, che consente al Triangle di essere percepito in vari modi”.

Il prestigioso edificio sarà visitabile ed aperto al pubblico a livello del piano terra con accesso dalla Porte de Versailles e con una funicolare sarà possibile raggiungere il ristorante in alto.

Il termine dei lavori per la realizzazione dell’edificio è fissata per il 2024, anno in cui Parigi ospiterà i Giochi Olimpici.


Il Parco Oltreferroviario di Carpi, una riconnessione sotto la firma di Mario Cucinella

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Un’area pubblica, la più grande della città, che fungerà da collegamento tra il centro e la periferia. Un polmone verde che mira al recupero dell’identità paesaggistica del territorio.

Su una superficie di circa 100.000 metri quadrati, per un costo di circa 1 milione di euro, si dispiegherà la nuova opera dello studio MCA - Mario Cucinella Architects con la collaborazione di PAISÀ Landscape.

L’architetto ha così dichiarato: “Il nuovo parco agirà come un connettore così come una foglia porta linfa attraverso le sue nervature. Il parco riconnetterà il centro storico ad una nuova oasi di biodiversità a disposizione della cittadinanza di tutte le età. La nostra volontà è creare un’esperienza che sia attrattiva e punto di riferimento per l’intera comunità carpigiana, e non solo data vicinanza dell’università, in cui lo stare all’aria aperta si trasforma in un’emozione speciale".

L’iniziativa parte dal Comune di Carpi quale progetto di riconnessione del centro storico e dello spazio coltivato posto oltre la ferrovia. La cittadinanza stessa è stata coinvolta nelle scelte progettuali effettuate, per cui la necessità di avere uno spazio per lo svago e per l’attività sportiva all’aperto è stata più che soddisfatta. Il processo progettuale passa attraverso tre macrocategorie tematiche, definite “stanze”: eventi e servizi, spazi per l’attività sportiva, e spazi per la biodiversità.

Il nuovo parco si caratterizzerà dunque per la presenza di un nuovo ingresso, campi attrezzati, aree picnic ed il ripristino del reticolato agricolo, quest’ultimo vero legame con la città. Il territorio in precedenza era piuttosto eterogeneo con boschi periziali alle zone umide e corsi d’acqua.

Vi è dunque un grande nucleo verde centrale dal quale si diramano i percorsi pedonali e ciclo pedonali con filari alberati fino a giungere le aree di pertinenza dei servizi, al Polo Universitario ed i quartieri residenziali.

Inoltre, il Parco è stato pensato per essere sempre in continua evoluzione, lasciando ampio spazio alle generazioni future e alle relative esigenze che potrebbero modificarsi nel tempo.


Manifattura Tabacchi di Firenze, Hub di creatività sostenibile

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Il complesso, progettato da Pier Luigi Nervi a Firenze, si rinnova ed è destinato a diventare icona della factory italiana dove si incontrano arte, design e moda.

Nel 2016 la società immobiliare del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti e il PW Real Estate Fund III LP (fondo gestito da Aermont Capital) hanno fondato una associazione temporanea di imprese con l’obiettivo di dare a professionisti ed artisti l’opportunità di condividere l’ambiente lavorativo. Il complesso originariamente dedicato alla produzione di sigari e sigarette diventa terreno fertile per una progettazione a misura d’uomo e nel rispetto del genius loci.

L’intervento di ristrutturazione da 250 milioni di euro si configura come uno dei più complessi a scala nazionale coinvolgendo 16 edifici per un totale di 110.000 metri quadrati. Si è cercato di dar vita ad un vero e proprio polo multifunzionale sulla base del masterplan ideato da Concrete Architectural Associates e sviluppato poi dallo studio Q-bic di Luca e Marco Baldini e dal paesaggista Antonio Perazzi.

Prerogativa dei progettisti era quella di limitare al massimo le demolizioni puntando invece ad un efficientamento energetico degli edifici esistenti ed una corretta gestione delle risorse idriche. Come sostiene Giovanni Manfredi CEO Manifattura Tabacchi:

“L’inizio dei lavori della Factory di Manifattura è un momento molto importante e simbolico del cambiamento, per noi rappresenta il passaggio dal ‘pensare’ al ‘fare’. L’anima del progetto è quella di riscoprire la parte contemporanea di Firenze, offrendo una dimensione più ‘fresca’, un luogo dove è possibile sperimentare, fare errori, essere innovativi”.

La Manifattura Tabacchi dal 2018 è sede di mostre ed eventi temporanei che hanno luogo principalmente nell’edificio 7 ristrutturato, dove trovano posto anche laboratori per lezioni di grafica, fotografia, scenografia e pittura. Altri edifici sono stati poi recuperati come l’edificio 8 che ospita la DogHead Animation, un team che si occupa di animazione 2d e computergrafica e l’edificio 9 dove è stato realizzato il prototipo della Fabbrica dell’Aria, frutto dello studio di Stefano Mancuso sulla purificazione dell’aria.

La sostenibilità sarà fulcro fisico ed ideale del polo grazie alla realizzazione dell’Officina Botanica posta al di sopra dell’edificio centrale della Manifattura Tabacchi, il quale ospiterà la casa permanente di Not A Museum (NAM).

Alla moda è invece dedicato l’edificio 6, sede dell’istituto Polimoda, con circa 1000 metri quadrati di laboratori e una capienza di 800 studenti. L’attenzione al progetto originario di Nervi è esplicata attraverso le aperture che lasciano immutati i prospetti. Si è scelto quale materiale l’acciaio zincato verniciato che ben si sposa con i serramenti originari pur mantenendo alte prestazioni energetiche. Lo stesso edificio 6 richiama lo stile razionalista industriale tipico degli anni ’30 e degli edifici industriali.

Il quartiere sarà terminato entro il 2022 con l’apertura del complesso volto alla sostenibilità e alla creatività verso il panorama internazionale.


Un nuovo polo ferroviario per Parigi

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È lo studio italo-francese SCAPE a firmare il progetto del nuovo polo ferroviario parigino la cui originalità trova luogo nel perfetto connubio tra ville rinascimentali italiane ed innovazione tecnologica.

Ci troviamo per l’esattezza a Pantin, una piccola cittadina a nord-est della Capitale, facilmente raggiungibile anche dal grande parco della Villette. Qui sorge un vero e proprio centro di controllo all’avanguardia che gestisce circa il 20% del traffico ferroviario della Francia ed il cui scopo è quello di rendere agevole il collegamento verso la Normadia. Tuttavia il compito dei progettisti non è stato semplice, dovendo tener conto del fattore ambientale, peraltro in una posizione non troppo lontana dalla città consolidata. Infatti il nuovo polo rientra all’interno di un progetto più ampio, ovvero quello di un eco-quartiere da realizzarsi entro il 2030 e che dovrà ospitare oltre che ai servizi anche alloggi ed uffici. Così ha dichiarato l’architetto Ludovica Di Falco dello studio SCAPE:

“Il tema era assai articolato, la SNFC, società ferroviaria francese, richiedeva un edificio dalle particolarissime esigenze tecniche ma anche dalla forte ambizione architettonica, perché situato nel cuore di Pantin, di fronte alla stazione e alla sede del Comune. Ancora non si sa quale sarà la configurazione del nuovo insediamento. Come concepire un grande volume che oggi sorge isolato, ma in futuro sarà parte di uno sviluppo urbano ancora ignoto?”.

L’intervento da 28 milioni di euro prevede la realizzazione di un edificio che si configura piuttosto come un recinto di dimensioni pari a 140x150 m, all’interno troveranno posto nei due edifici emergenti le sale di comando, gli uffici collegati tramite passerelle alle aree destinate a parcheggio ed ai patii. La finitura esterna determina il carattere stilistico della struttura essendo rivestito in pietra di scisto, inoltre le ampie aperture lungo le facciate rendono il “recinto” permeabile ed in stretta relazione con il contesto. Le soluzioni progettuali si sono poste l’obiettivo di garantire affacci verso l’esterno senza venir meno al fattore della riservatezza. Gli edifici posti all’interno creano un sorprendente contrasto con il recinto, sono rivestiti da una maglia estrusa in 3D costituita da lega di alluminio e zinco con sfumature dorate.

L’architetta Di Falco descrive così l’ispirazione iniziale che ha guidato le fasi ideative:

“Nell’immaginare questa sorta di fortezza – l’edificio è un obiettivo sensibile, e in quanto tale doveva risultare protetto e chiuso in se stesso – abbiamo preso come riferimento la villa italiana del Rinascimento. Quando Scipione Borghese costruì Villa Borghese a Roma, realizzò una forma che allora sorgeva autonoma, ma oggi è perfettamente integrata nella città. Un risultato simile a quello che ci proponiamo noi.”

La sostenibilità dell’involucro è assicurata dalla presenza sulla copertura della grande sala di 1000 metri quadrati, e sulla copertura del parcheggio di superfici piantumate e a servizio dei dipendenti e dei fruitori del polo. Non meno importante è stata la valutazione sugli impianti illuminotecnici ed acustici tanto che:

“Sul tetto della sala centrale, 40 oblò di due metri di diametro convogliano all’interno la luce naturale, che viene mescolata a quella artificiale, e poi diffusa da un soffitto traslucido. Per un edificio operativo notte e giorno come questo, il comfort luminoso era uno dei temi cruciali.”