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SULL’AZIONE DI REGRESSO INAIL: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE

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I giudici d’Appello, in riforma della pronuncia del Tribunale, accoglievano l’azione di regresso proposta dall’INAIL nei confronti della società Alfa e di Tizio nella qualità di legale rappresentante della medesima società, con conseguente condanna della società al pagamento, all’Istituto previdenziale, di euro 1.366.882,93 oltre accessori di legge e rigetto della domanda nei confronti di Tizio. La Corte distrettuale rilevava che: • il datore di lavoro doveva ritenersi responsabile dell’infortunio sul lavoro di Caio avvenuto il 6 aprile 2006, risultando provata l’omissione delle tutele di sicurezza, nonché la violazione di specifiche norme antinfortunistiche; • il legale rappresentante della società aveva patteggiato, in sede penale la pena per il reato di lesioni colpose aggravate e ottemperato alle prescrizioni impartite dalla U.S.L. n. 2 in ordine alla sicurezza degli impianti; • non vi erano elementi per ravvisare una responsabilità esclusiva o concorrente del danneggiato, il quale non aveva adottato alcuna condotta abnorme o imprevedibile; • di conseguenza, doveva ravvisarsi la responsabilità penale del legale rappresentante della società di cui rispondeva, a fini civilistici e quindi a titolo di regresso il datore di lavoro; • nessuna responsabilità personale poteva ravvisarsi a carico del legale rappresentante, dal momento che il datore di lavoro era una società di capitali, centro autonomo di imputazione giuridica, né risultava dedotta, dall’INAIL, una responsabilità specifica di Tizio. L’INAIL ricorreva in Cassazione lamentando la violazione degli artt.10 e 11 del d.P.R. n. 1124 del 1965, 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 626 del 1994, 2087 c.c. (in ordine all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, i giudici di secondo grado, erroneamente escluso la responsabilità del legale rappresentante della società di capitali, società Alfa, nonostante dal rapporto organico dello stesso con la persona giuridica (e in assenza di una valida delega in materia di prevenzione) conseguisse la posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori. La Suprema Corte dava ragione all’Istituto stabilendo che “La speciale azione di regresso spettante all'INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso tutti i soggetti che, chiamati a collaborare a vario titolo nell'assolvimento dell'obbligo di sicurezza in ragione dell'attività svolta, siano gravati di specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio”. Pertanto, anche il legale rappresentante, il quale (in assenza di specifiche deleghe sulla sicurezza) operava come responsabile dell'organizzazione produttiva all'interno dell'ambiente di lavoro, ingerendosi in concreto nella stessa, aveva assunto la relativa responsabilità nel contesto aziendale. In virtù di ciò, i giudici di legittimità accoglievano il ricorso dell’INAIL.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


LA CASSAZIONE SI ESPRIME SUL CALCOLO DEL DANNO DIFFERENZIALE

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Con la sentenza n. 26117 del 27 settembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di calcolo del danno iatrogeno differenziale, vale a dire il pregiudizio alla salute connesso all'aggravamento di una lesione o di una patologia preesistente conseguente al comportamento colposo di un sanitario. Gli Ermellini hanno ripreso consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui i pagamenti effettuati dall'INAIL riducono il credito risarcitorio della vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, se l'indennizzo ha lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito (Cass. 12566/2018). Nel momento in cui l’assicuratore sociale paga l’indennizzo, il credito risarcitorio si trasferisce ope legis dal danneggiato all’assicuratore. Si tratta di una ipotesi di surrogazione, in cui si verifica una modifica del rapporto obbligatorio dal lato attivo. Dunque, il danneggiato (creditore), in seguito al pagamento dell’indennizzo, perde la titolarità attiva dell’obbligazione per la parte indennizzata. In altri termini, il danneggiato, non essendo più creditore, non può pretendere il risarcimento dal responsabile. Il credito risarcitorio residuo che il danneggiato (creditore) vanta nei confronti del responsabile è il danno differenziale, che va calcolato per voci o poste di danno. Secondo il Tribunale Supremo, a) “L’indennizzo per danno biologico permanente pagato dall'Inail alla vittima di lesioni personali va detratto dal credito aquiliano per danno biologico permanente, vantato dalla vittima nei confronti del terzo responsabile, al netto della personalizzazione e del danno morale; b) nel caso di indennizzo sotto forma di rendita, la detrazione deve avvenire sottraendo dal credito civilistico il cumulo dei ratei già riscossi e del valore capitale della rendita ancora da erogare, al netto dell'aliquota di rendita destinata al ristoro del danno patrimoniale; c) il danno c.d. iatrogeno (e cioè l'aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che comunque sarebbero residuati, ma in minor misura) va liquidato monetizzando il grado complessivo di invalidità permanente accertato in corpore; monetizzando il grado verosimile di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all'infortunio anche in assenza dell'errore medico; detraendo il secondo importo dal primo; d) nel caso in cui la vittima di un danno iatrogeno abbia percepito un indennizzo dall'INAIL, il credito residuo della vittima nei confronti del responsabile va determinato sottraendo dal risarcimento dovuto per danno iatrogeno solo l'eventuale eccedenza dell'indennizzo INAIL rispetto al controvalore monetario del danno-base (cioè il danno che comunque si sarebbe verificato anche in assenza dell'illecito)”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'