Realizzata su un’area di 550 metri quadrati nella città di Morelia, capoluogo dello Stato messicano di Michoacàn, la “residenza percorribile” si affaccia sulla natura alternando pieni e vuoti, pareti continue ed aperture invisibili.
L’architetto Daniela Bucio Sistos ha voluto realizzare uno spazio domestico che si nasconde tra gli alberi e che si caratterizza per un ininterrotto in&out attraverso quella che potrebbe essere scambiata per una promenade, grazie anche alla solennità delle geometrie che soddisfano bisogni contemplativi.Così lo stesso architetto descrive il progetto:
"Il disegno architettonico nasce dalla volontà di creare un progetto che restituisse una certa ambiguità spaziale tra l'interno e l'esterno, a volte impercettibile. In questa residenza tutti gli spazi interni sono in diretto contatto con i microambienti all’interno della casa."
L’aspetto dell’edificio nel suo complesso è monocromatico, tuttavia diverse accezioni assumono le volumetrie a seconda delle varie texture dei materiali. Anche il design dei mobili non è stato trascurato, i materiali naturali e le nuance sono sapientemente calibrati nello stile dell’edificio nel suo complesso. L’architetto Bucio Sistos si è avvalsa anche della collaborazione di Edel Hernández, Isabel Molina Plaza, Gonzalo Nares Vázquez e Jimena Eslava Ramírez. I quali dichiarano che l’obiettivo era proprio quello di sfruttare:
"l'incidenza della luce naturale sui diversi volumi, il progetto avrebbe svelato diverse personalità durante il giorno".
Quindi su un terreno che è leggermente in pendenza, l’alternarsi dei pieni e dei vuoti è costruito con monoliti che tagliano trasversalmente gli spazi per poi riconnettersi ad un cortile centrale con una copertura circolare leggermente sopraelevata.
"Casa Uc non dice molto dall'esterno. L'ingresso principale è nascosto da un muro divisorio testurizzato che corre lungo la maggior parte del fronte della proprietà. Entrando e scendendo la rampa d'accesso, si trova il vestibolo principale della residenza dove un trionfo di vegetazione centrale guarda al grande tetto circolare rialzato."
Altre due aperture circolari sovrastano ed inondano di luce l’interno della biblioteca e una terza in posizione opposta che segna il termine del patio che va alle camere da letto. In totale sono presenti all’interno quattro camere da letto, una libreria, una cucina, una sala da pranzo, una terrazza, un living ed un frutteto. Alle spalle vi è la lunga fila di cipressi ed una rampa che collega soggiorno e giardino.
"Il foyer circolare è l'asse guida dell'edificio, e, simbolicamente, viene preso come punto di partenza per il piano radiale che corre lungo tutto il progetto".
La chiusura dell’edificio sui lati e nella parte antistante ne garantisce il rispetto della privacy e del silenzio.
Ad Eindhoven, per la precisione nel quartiere di Bosrijk, si trova immersa nel verde la prima casa d’Europa stampata in 3D, un progetto che preannuncia e concretizza sostanziali rivoluzioni dei canoni abitativi così come li conosciamo.
La casa rientra in un progetto più ampio che vede la realizzazione di un vero e proprio complesso residenziale costituito da cinque unità. Si va verso l’idea di una città eco-friendly, nell’ottica di un futuro sostenibile.
Il Milestone Project è stato promosso dalla Eindhoven University of Technology e dal comune coadiuvati dall'appaltatore Van Wijnen e da diversi enti, tra cui la società dei materiali Saint Gobain-Weber Beamix e la società di ingegneria Witteveen + Bosche. Infine, il gestore immobiliare Vesteda che si occuperà della vendita delle unità abitative, tutte nel rispetto degli standard.
Dopo gli iniziali prototipi, finalmente si è giunti ad una soluzione legalmente abitabile. I primi ad aver lasciato una casa tradizionale per sperimentare l’innovativa casa in 3D sono una coppia di negozianti in pensione Elize Lutz, 70 anni, e Harrie Dekkers, 67 anni. La casa è grande 94 metri quadrati, ad un piano con due camere da letto, dotata di tutti i confort e sostenibile dal punto di vista energetico.
Il design ricorda quello di un grande megalite, di qui il nome del progetto. Le forme sinuose ed irregolari progettate dagli architetti Houben / Van Mierlo si scontrano con la rigidezza dei tradizionali materiali come il calcestruzzo, e sfruttano le capacità della tecnologia della stampa 3D di poter dare vita a superfici e forme molto più complesse.
Tutti gli elementi delle abitazioni saranno stampati presso la stessa Eindhoven University of Technology per poi essere spostati verso il cantiere e messe in opera.
Si riscontra una significativa riduzione dell’impegno economico e dell’impatto sull’ambiente. I vantaggi di questa tecnologia appaiono molteplici, tra cui la possibilità di personalizzare la propria abitazione assecondando le proprie necessità.
Lo stesso Rudy van Gurp, project manager dell’azienda Van Wijnen afferma:
“Al momento ci piace l’aspetto delle case, il suo essere innovativo e il design molto futuristico ma stiamo già cercando di fare un passo avanti: le persone saranno in grado di progettare le proprie case per poi stamparle. In questo modo potranno rendere le loro case più adatte a loro, personalizzandole e rendendole esteticamente piacevoli”.
Si ritiene che ben presto questa tecnologia possa diffondersi sempre di più, interpretando le esigenze abitative contemporanee e soprattutto essendo più sostenibili delle abitazioni convenzionali.
I rifiuti sono prodotti di scarto del processo produttivo e dei consumi. I rifiuti sono composti da materiali che possono essere recuperati tramite il riciclaggio, oppure essere utilizzati per produrre energia termica ed elettrica, una parte di questi può, infatti, trasformarsi in combustibile. Il recupero energetico ha luogo in speciali stabilimenti di termovalorizzazione, la combustione dei rifiuti nei termovalorizzatori genera calore (energia termica) ed energia elettrica tramite un generatore elettrico a turbina. Di per sé i termovalorizzatori sono inceneritori moderni che valorizzano la combustione dei rifiuti per produrre energia. Va sottolineato che non tutti i rifiuti possono essere inviati alla termovalorizzazione; possono essere bruciati nei termovalorizzatori soltanto una particolare miscela di rifiuti pre-trattata con processi fisico-chimici. Questa miscela prende il nome di CDR (Combustibile Da Rifiuti) ed è composta prevalentemente da plastiche, prodotti derivati dal petrolio, gomme,ecc. Tutto ciò che non può essere avviato alla termovalorizzazione deve essere stoccato nelle discariche normali o speciali a seconda della tipologia del rifiuto. Una recente controversia verte sulla collocazione del CDR tra le fonti di energia rinnovabili.
ENEA, insieme a Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), Technical University of Denmark e gruppo industriale Solidpower, ha messo a punto un innovativo processo per produrre energia elettrica da rifiuti organici nell’ambito del Progetto europeo Waste2GridS - W2G, Rifiuti per le Reti (elettriche e gas) appena concluso. Il cuore del processo è rappresentato dalla tecnologia rSOC (Celle a Combustibile a Ossidi Solidi Reversibili) che, oltre a produrre energia elettrica da rifiuti, utilizza l’elettricità in eccesso da fonte eolica e fotovoltaica per produrre combustibile gassoso da impiegare nei trasporti o da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale. “Questa soluzione consente di trasformare in opportunità la gestione di rifiuti e residui organici e di utilizzare l’energia elettrica prodotta in eccesso da fonti rinnovabili che altrimenti andrebbe persa” annunciano Alessandro Agostini e Claudio Carbone, ricercatori del Laboratorio ENEA Accumulo di Energia e Tecnologie per l'Idrogeno che hanno collaborato al progetto. “In un contesto di crescente penetrazione di fonti rinnovabili non programmabili, la tecnologia rSOC consente di valorizzare l’eccesso di produzione e di migliorare la gestione e la stabilità del sistema elettrico, favorendo l’integrazione tra la rete gas e la rete elettrica”.
La tecnologia proposta favorirebbe inoltre il raggiungimento degli obiettivi UE in termini di produzione di energia da rinnovabili (32% del mix energetico, recepito nel PNIEC – Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, con un 55% di energia elettrica rinnovabile nel 2030) e di quelli segnalati nella direttiva Waste che fissa alla stessa data una quota del 60% di separazione dei rifiuti urbani per il loro riutilizzo o la loro valorizzazione energetica se non più riciclabili.
Cosa sono, come funzionano e perché potrebbero rivoluzionare l’economia sostenibile del nostro Paese
Il mercato energetico europeo sta vivendo una transizione fondamentale da un sistema basato sull’energia fossile e nucleare verso uno basato interamente sull’energia rinnovabile, efficiente e sostenibile. Anche il mercato si trasforma, da centralizzato, dominato da grandi impianti ad uno distribuito, con milioni di cittadini attivi sul fronte dell’energia.
In Italia il Decreto Milleproroghe 2020 ha introdotto quanto già previsto nella Direttiva EU RED II del 2018 riguardo l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili; il decreto permetterà la condivisione di energia da fonti rinnovabili nei condomini e tra le imprese, grazie alla creazione delle comunità energetiche. Tuttavia, riguardo la loro applicabilità ed il quadro normativo che dovrebbe regolarle abbiamo solo ipotesi.
Ma cosa si intende per “autoconsumo collettivo” e “Comunità energetica”?
L'autoconsumo collettivo permette a un gruppo di cittadini o agli abitanti dei condomini di consumare, immagazzinare e vendere energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, risparmiando così sulla bolletta.
Riprendendo la direttiva RED II, nota anche come direttiva rinnovabili (2018/2001), per essere considerati autoconsumatori che agiscono collettivamente è sufficiente un gruppo di almeno due autoconsumatori.
Per far ciò la normativa europea prevede la possibilità di dar vita a forme di autoconsumo collettivo di energia rinnovabile definendo due tipologie di soggetti giuridici: la Renewable Energy Community (REC) e la Citizen Energy Community (CEC) rispettivamente introdotte con la Direttiva RED II e la Direttiva Elettrica (Direttiva 2019/944). In particolare le REC sono entità giuridiche basate sulla partecipazione aperta e volontaria da parte degli utenti pubblici o privati con l’obiettivo fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari mediante attività di produzione e condivisione dell’energia rinnovabile anche a mezzo di accumulo. Tale attività non contempla la distribuzione dell’energia.
Le CEC sono soggetti autonomi molto simili alle REC da punto di vista della partecipazione e missione sociale, ma, in questo caso, si prescinde dal carattere rinnovabile dell’energia. Esso può includere il possesso e la gestione della rete elettrica interna alla comunità e può prevedere servizi di efficienza energetica per i membri della comunità.
In Italia, la Legge Nazionale 221/2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, all’art. 71 istituisce le Oil free zone" al fine di promuovere su base sperimentale e sussidiaria la progressiva fuoriuscita dall’economia basata sul ciclo del carbonio e di raggiungere gli standard europei in materia di sostenibilità ambientale”.
Sulla scia di tale legge, negli anni passati, l’iniziativa locale e regionale ha cominciato a sviluppare i primi, interessanti progetti.
In prima fila c’è sicuramente il Piemonte che nel 2018, con una legge regionale ha avviato la promozione e istituzione delle comunità energetiche ; nella zona del pinerolese – in un’area di 1.350 km quadrati, con una popolazione di 150mila abitanti – un gruppo di Comuni ha ufficialmente sottoscritto un protocollo di intesa per creare la prima Oil Free Zone in Italia per la progressiva sostituzione dei combustibili fossili con fonti rinnovabili, fino a raggiungere la completa indipendenza.
Anche la Regione Puglia si è mossa per velocizzare il passaggio alle energie rinnovabili sostenendo la formazione di comunità energetiche con la Legge Regionale 9 agosto 2019, n. 45 che fornisce indicazioni ai Comuni che intendono procedere alla costituzione di una comunità energetica attraverso criteri che saranno specificati da un futuro provvedimento regionale.
I benefici che derivano dalla costituzione di una comunità energetica non sono però solo diretti solo alle utenze strettamente interessate, ma verrebbero estesi alla qualità e alla fornitura stessa di energia in tutto il Paese: a livello energetico e ambientale si avrebbero meno sprechi, grazie a una miglior gestione, e meno emissioni prodotte; a livello economico, una minor dipendenza dall’importazione estera e una maggiore sicurezza energetica; infine si avrebbero vantaggi anche a livello sociale perché i vantaggi delle comunità energetiche verrebbero percepiti anche dai cittadini che ne ricaverebbero benefici economici. I numeri infatti non sono banali: secondo una ricerca realizzata da Studio Ambrosetti e dal Politecnico di Milano, infatti, il volume d’affari delle comunità energetiche potrebbe toccare i 29 miliardi di euro – due punti di Pil.
Risparmio in bolletta e minore impatto ambientale possono davvero scardinare un sistema – quello della distribuzione energetica – sin qui rimasto invariato da decenni. Chi non vorrebbe approfittare della doppia combinazione benefica? Non ancora la maggioranza degli italiani ma, secondo un’indagine dell’Istituto Piepoli, il 37% degli intervistati “potrebbe essere interessato a partecipare a un progetto di comunità energetica“.
Attualmente con il decreto Milleproroghe è possibile attivare l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e realizzare comunità energetiche rinnovabili. I clienti finali possono associarsi per diventare autoconsumatori che agiscono collettivamente o dare vita a comunità energetiche, a condizione che siano rispettati una serie di requisiti. Sarà possibile condividere l’energia prodotta da impianti rinnovabili per potenza complessiva inferiore ai 200 kW ed effettuare autoconsumo utilizzando la linea di distribuzione elettrica esistente. Un sistema sperimentale, che si aggiunge ai primissimi progetti appena avviati dall’RSE, in attesa del recepimento della direttiva europea RED 2, la 2018/2001/UE, previsto per giugno 2021.
La novità della proposta sta soprattutto nell’utilizzo della rete esistente con il pagamento degli oneri di sistema sia per l’energia prelevata dalla rete sia per l’energia condivisa.
Gli impianti realizzati in comunità energetiche non potranno accedere agli incentivi previsti dal decreto FER1, ma avranno un nuovo incentivo il cui funzionamento sarà individuato dal Ministero dello Sviluppo e il cui valore verrà definito da Arera.
L’energia prodotta dalle comunità energetiche sarà autoconsumata nelle immediate vicinanze dell’impianto; questo farà diminuire i costi di gestione di tali reti, che oggi si trovano a gestire i fenomeni di sbilanciamento e che rappresentano un costo poi pagato in bolletta agli italiani.
Presentata al Ces 2020 da Toyota, il prototipo di ecosistema urbano funzionerà totalmente ad idrogeno
Battezzata Woven City, la città del futuro progettata da Toyota sarà un ecosistema connesso e alimentato da idrogeno. La città sarà realizzata su un’area di oltre 70 ettari alla base del monte Fuji in Giappone. Presentata all'edizione 2020 del Ces di Las Vegas, è pensata come un laboratorio vivente dove residenti e ricercatori a tempo pieno testeranno e svilupperanno tecnologie innovative come l'autonomia, la robotica, veicoli a guida automatica, le case intelligenti e coltivazioni idroponiche. L'inaugurazione del sito è prevista per l'inizio del 2021.
“Costruire una città completa dalle fondamenta, anche su piccola scala come questa, è un'opportunità unica per sviluppare le tecnologie del futuro, compreso un sistema operativo digitale per le infrastrutture della città. Con persone, edifici e veicoli tutti collegati e in comunicazione tra loro attraverso dati e sensori, saremo in grado di testare l'intelligenza artificiale connessa... sia nel mondo virtuale che in quello fisico... massimizzandone il potenziale”, ha dichiarato Akio Toyoda, presidente della Toyota Motor Corporation.
Toyota estenderà un invito aperto di collaborazione ad altri partner commerciali e accademici ed esorterà gli scienziati e i ricercatori interessati di tutto il mondo a venire a lavorare ai propri progetti in questo incubatore, unico nel suo genere, nel mondo reale.
"Diamo il benvenuto a tutti coloro che sono ispirati a migliorare il nostro modo di vivere nel futuro, a trarre vantaggio da questo ecosistema di ricerca unico nel suo genere e ad unirsi a noi nella nostra ricerca per creare uno stile di vita e una mobilità sempre migliore per tutti", afferma Akio Toyoda.
Per la progettazione di Woven City, Toyota ha incaricato l'architetto danese Bjarke Ingels, CEO di Bjarke Ingels Group (BIG).
"Uno sciame di tecnologie diverse sta cominciando a cambiare radicalmente il modo in cui abitiamo e viviamo le nostre città. Soluzioni di mobilità connesse, autonome, senza emissioni e condivise sono destinate a scatenare un mondo di opportunità per nuove forme di vita urbana. Con la portata delle tecnologie e dei settori a cui abbiamo potuto accedere e con cui abbiamo potuto collaborare grazie all'ecosistema aziendale Toyota, crediamo di avere con Woven City un'opportunità unica nell’esplorare nuove forme di urbanità che potrebbero aprire nuove strade da intraprendere per le altre città" afferma Bjarke Ingels.
La città è articolata su tre diverse tipologie di viabilità: quella riservata ai veicoli più veloci, quella dedicata a velocità inferiori come mobilità personale e pedoni ed infine percorsi assimilabili alle passeggiate nei parchi esclusivamente pedonali. I trasporti saranno tutti automatizzati e a zero emissioni.
Gli edifici saranno realizzati per o più in legno per ridurre al minimo le emissioni di CO2, utilizzando le tradizionali tecniche di falegnameria giapponese combinate a sistemi produttivi robotizzati. Grazie alla presenza di pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici sarà possibile produrre energia solare oltre a quella generata dalle celle a combustibile a idrogeno. Le residenze saranno dotate delle più recenti tecnologie di domotica per assistere la vita quotidiana. Le case utilizzeranno l'intelligenza artificiale basata su sensori per controllare la salute degli occupanti, prendersi cura delle esigenze di base e migliorare la vita quotidiana, creando l'opportunità di utilizzare la tecnologia connessa con integrità e fiducia, in modo sicuro e positivo.
La città sarà immersa nel verde grazie alla presenza di vegetazione autoctona e idroponica.
Sottoterra, la città avrà un impianto di accumulo per l’idrogeno e uno per la filtrazione dell’acqua. Nel progetto è previsto anche un servizio di consegna diretta sotterraneo robotizzato. Una volta inaugurata, circa 2.000 persone saranno in grado di vivere nella Woven City, e Toyota ha già fatto sapere che darà la priorità ai propri ricercatori ma che aprirà anche spazi per pensionati, famiglie, rivenditori, scienziati e partner del settore.