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Equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo

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Con la sentenza n. 2221/2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo. I giudici di legittimità hanno evidenziato che “In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, il patema d’animo derivante dalla situazione di incertezza per l’esito della causa è da escludersi non solo ogni qualvolta la parte rimasta soccombente abbia proposto una lite temeraria, difettando in questi casi la stessa condizione soggettiva di incertezza sin dal momento dell’instaurazione del giudizio, ma anche per il periodo comunque conseguente alla consapevolezza dell’infondatezza delle proprie pretese che sia sopravvenuta dopo che la durata del processo abbia superato il termine di durata ragionevole (Cass. Sez. 6 – 2, 12/01/2017, n. 665; Cass. Sez. 2, 18/04/2018, n. 9552; Cass. Sez. 6-2, 24/06/2021, n. 18191, non massimata). La valutazione di temerarietà del giudizio presupposto operata dal giudice del merito dell’equa riparazione non va, peraltro, soggetta al sindacato di legittimità motivazionale, per effetto dei limiti introdotti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ferma la ipotizzabilità del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 ove determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione impugna risultino in contrasto con l’indicata norma regolatrice della fattispecie”. La Legge n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 – quinquies, come modificato dalla Legge n. 208 del 2015, esclude l’indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande e difese. Nella vicenda esaminata, la Corte territoriale aveva applicato la Legge n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a, in una fattispecie in cui il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nell’ambito di un giudizio di primo grado certamente eccedente la durata ragionevole, aveva emanato una ordinanza che negava l’esecuzione provvisoria del decreto stesso (di per sé provvedimento di natura interinale e produttivo di effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronunzia sull’opposizione, senza interferire sulla definizione della causa) e disposto di procedere a C.T.U. proprio per superare l’incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione). Tuttavia, il decreto impugnato non aveva spiegato, se non in via meramente assertiva, il motivo per il quale dalla pronuncia di rigetto dell’istanza ex art. 648 c.p.c. o dal successivo accertamento contabile (“dopo molti anni”) della non usurarietà dei tassi di interesse, il ricorrente avrebbe acquisito consapevolezza che la sua opposizione a decreto ingiuntivo fosse ab origine manifestamente infondata e insuscettibile, in quanto tale, di generare una possibile incertezza sull’esito della causa e perciò di arrecare pregiudizio per la protrazione del processo oltre il limite della ragionevole durata.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'