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Le differenze fra duplicato informatico e copia informatica nel processo telematico

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27379 del 19 settembre 2022, ha definito le differenze che intercorrono fra duplicato informatico e copia informatica degli atti giudiziari digitali nel processo civile telematico. Nella vicenda in esame, il Tribunale rigettava l’opposizione promossa da alcuni fideiussori di una società, successivamente dichiarata fallita, avverso un decreto ingiuntivo notificatole da una banca a titolo di saldo del conto anticipi sottoscritto con la predetta banca. I fideiussori proponevano appello che veniva dichiarato inammissibile dai giudici di secondo grado, poiché proposto tardivamente. I giudici del gravame disattendevano la prospettazione degli appellanti - secondo cui la prima notificazione della sentenza di primo grado (la seconda era avvenuta cinque giorni dopo), avvenuta in data 25 gennaio 2017, sarebbe stata nulla, non riportando la sentenza medesima né la firma digitale né quella autografa del giudice che la aveva emessa – evidenziando che il duplicato informatico della sentenza, anche se non materialmente visibile, era comunque esistente e poteva essere verificato mediante i programmi di verifica della firma elettronica. Dunque, la predetta notifica del 25 gennaio 2017 era del tutto valida ed idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, con conseguente tardività dell’atto di appello che era stato consegnato per la notifica il 28 febbraio 2017 e ricevuto dalla banca il 3 marzo 2017. Poiché la vicenda approdava in Cassazione, quest’ultima sottolineava che i ricorrenti avevano confuso l’istituto del duplicato informato della sentenza sottoscritta telematicamente con quello della copia informatica della stessa. Più nel dettaglio, gli Ermellini affermavano quanto segue: “I requisiti che i ricorrenti associano al duplicato informatico appartengono, invece, alla copia informatica di un documento nativo digitale, la quale presenta effettivamente, sul bordo destro delle pagine, la “coccarda” e la stringa alfanumerica indicante i firmatari dell’atto/provvedimento, segni grafici, che sono generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari e che non rappresentano, peraltro, la firma digitale, ma una mera attestazione in merito alla firma digitale apposta sull’originale di quel documento”. Quanto al duplicato informatico, i giudici di legittimità specificavano che esso “è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit)”. Infine, il Tribunale Supremo sottolineava che i giudici di secondo grado avevano correttamente fatto decorrere il termine breve per l’impugnazione dalla data del 25 gennaio 2017, essendo la prima notifica della sentenza di primo grado del 25 gennaio 2017 (effettuata dalla banca) pienamente valida. Pertanto, la Suprema Corte rigettava il ricorso e compensava tra le parti le spese di lite.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'