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Azione revocatoria: alcune sentenze rilevanti

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L'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non ha anche la sua concreta esigibilità pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, atti dispositivi del fideiussore successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'articolo 2901, n. 1, prima parte, del codice civile, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio le ragioni del creditore. L'acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore precedente risale al momento della nascita del credito sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito. (Corte App. Palermo, sent. n. 1361, 20/07/2023)

La cessione di crediti costituisce modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, come tale assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promuovibile dal curatore ex art. 66 L.F.; il principio della non sottoponibilità all'azione revocatoria dell'adempimento di un debito scaduto, fissato dall'art. 2901, comma 3, c.c., trova invero applicazione solo con riguardo all'adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi, come la predetta cessione, riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto, per il quale l'estinzione dell'obbligazione è l'effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto; né l'irrevocabilità dell'atto di disposizione può conseguire alla dimostrazione da parte del debitore dell'assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto, principio applicabile in relazione a fattispecie disciplinate dall'art. 2901 c.c., ma non nell'ambito dell'azione revocatoria di cui all'art. 66 L.F., posta a tutela della "par condicio creditorum". (Cass. Civ. Sez. III, 07/06/2023, n. 16013)

Per l'esercizio dell'azione revocatoria il requisito del consilium fraudis non è richiesto, essendo sufficiente la sussistenza degli altri due requisiti e, in particolare, l'eventus damni e la consapevolezza del debitore del danno cagionato. La posizione del fideiussore poi può essere assimilata a quella del debitore, sicché l'azione revocatoria può essere esperita anche nei suoi confronti. (Trib. Patti, sent. n. 493, 12/05/2023)

L'azione revocatoria ordinaria mira a rendere inopponibili al creditore gli atti con cui il debitore, disponendo del proprio patrimonio, lo sottrae in tutto o in parte alla garanzia del creditore medesimo, mettendo così in pericolo il soddisfacimento delle ragioni di costui. Tale azione, dunque, non incide sulla validità di quegli atti, ma (ricorrendo le condizioni prescritte dalla legge) ne sterilizza gli effetti nei confronti del creditore che si sia avvalso di tale rimedio, consentendo perciò a costui di aggredire poi esecutivamente i beni usciti dal patrimonio del debitore come se vi fossero ancora ricompresi. Pur non essendo, quindi, in senso proprio, un'azione esecutiva, tale azione è comunque naturalmente orientata a finalità esecutive, come inequivocabilmente testimonia il disposto dell'art. 2902 c.c. (Trib. Biella, sent. n. 151, 20/04/2023)

In tema di azione revocatoria, rileva una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con la conseguenza che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore abilitato all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto dispositivo compiuto dal debitore, a nulla rilevando che sia di fonte contrattuale o derivi da fatto illecito e senza che vi sia necessità della preventiva introduzione di un giudizio di accertamento del medesimo credito o della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, in coerenza con la funzione di tale azione, che non persegue fini restitutori. (Cass. Civ. Sez. III, 04/04/2023, n. 9278)

La sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria giova al cessionario del creditore ope legis. Stabilisce infatti l’art. 2902 c.c. che il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione d’un atto dispositivo, “può promuovere l’azione esecutiva” nei confronti dell’avente causa del debitore. Se dunque il credito tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto di cessione, anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di “promuovere l’azione esecutiva”, che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto. (Cass. Civ. Sez. III, 23/06/2022, n. 20315)

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


L’ATTO ISTITUTIVO DI UN TRUST PUÒ ESSERE ASSOGGETTATO AD AZIONE REVOCATORIA?

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Con la sentenza n. 13883/2020, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di Trust, affermando che l’atto istitutivo dello stesso è assoggettabile ad azione revocatoria e, nell’ipotesi in cui il bene conferito sia stato intestato al trustee, il suo accoglimento determina l’inefficacia del relativo atto dispositivo. Il Tribunale Supremo, richiamando consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato che nel trust, “dispositivo è l’atto con il quale viene intestato al trustee il bene conferito in trust”; tuttavia, ciò “non comporta che la relativa domanda revocatoria debba essere necessariamente indirizzata negli immediati confronti di quest’atto, né che possa, perciò stesso, essere utilmente proposta pure nei confronti dell’atto istitutivo del trust”. Nell’ipotesi in cui all'istituzione del trust sia seguita l'effettiva intestazione del bene conferito al trustee, “la domanda di revocatoria, che assume ad oggetto l'atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l'esito di inefficacia dell'atto dispositivo a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell'effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz'altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del codice civile, come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell'azione revocatoria)”. Ai fini della constatazione di tale idoneità è sufficiente considerare che l’atto di trasferimento e di intestazione del bene conferito al trustee non sia un atto isolato ed autoreferente, dal momento che, nel corso di una operazione di trust, lo stesso si pone sia come atto conseguente, sia come atto dipendente da quello istitutivo. Inoltre, la particolare tipologia di proprietà che sussiste in capo al trustee non può sopravvivere all’inesistenza o al venir meno dell’atto istitutivo del trust. Pertanto, l’inefficacia dell’atto istitutivo conseguente all’accoglimento di una azione revocatoria, genera anche l’inefficacia dell’atto dispositivo.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


L’ATTO ISTITUTIVO DI UN TRUST PUÒ ESSERE ASSOGGETTATO AD AZIONE REVOCATORIA?

Con la sentenza n. 13883/2020, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di Trust, affermando che l’atto istitutivo dello stesso è assoggettabile ad azione revocatoria e, nell’ipotesi in cui il bene conferito sia stato intestato al trustee, il suo accoglimento determina l’inefficacia del relativo atto dispositivo. Il Tribunale Supremo, richiamando consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato che nel trust, “dispositivo è l’atto con il quale viene intestato al trustee il bene conferito in trust”; tuttavia, ciò “non comporta che la relativa domanda revocatoria debba essere necessariamente indirizzata negli immediati confronti di quest’atto, né che possa, perciò stesso, essere utilmente proposta pure nei confronti dell’atto istitutivo del trust”. Nell’ipotesi in cui all'istituzione del trust sia seguita l'effettiva intestazione del bene conferito al trustee, “la domanda di revocatoria, che assume ad oggetto l'atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l'esito di inefficacia dell'atto dispositivo a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell'effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz'altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del codice civile, come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell'azione revocatoria)”. Ai fini della constatazione di tale idoneità è sufficiente considerare che l’atto di trasferimento e di intestazione del bene conferito al trustee non sia un atto isolato ed autoreferente, dal momento che, nel corso di una operazione di trust, lo stesso si pone sia come atto conseguente, sia come atto dipendente da quello istitutivo. Inoltre, la particolare tipologia di proprietà che sussiste in capo al trustee non può sopravvivere all’inesistenza o al venir meno dell’atto istitutivo del trust. Pertanto, l’inefficacia dell’atto istitutivo conseguente all’accoglimento di una azione revocatoria, genera anche l’inefficacia dell’atto dispositivo.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'