Nel 2007, per il debutto negli Emirati Arabi del ME, il primo hotel della catena Meliá in Medio Oriente, Zaha Hadid Architects presentò un progetto che grazie alla ben distinguibile firma dell’archistar irachena, avrebbe reso riconoscibile la torre The Opus dalla foresta di grattacieli che caratterizza lo skyline della città. Il complesso sorge a Dubai a qualche centinaio di metri dal Burj Khalifa, ed è il primo progetto completato nella capitale degli Emirati Arabi, pensato e disegnato completamente nella sua architettura e nei suoi interni dall'archistar. Con un cantiere cominciato nel 2012 e conclusosi quest’anno, l’edificio alto 93 metri, assume un’identità diversa in base al punto dal quale lo si osserva.
Nella sua architettura Opus è definita da un’imponente volume quasi cubico contenuto dentro le dimensioni di 100x67x93 m. Completamente vetrato e specchiato, è scavato nella sua parte centrale da una grande apertura dalle forme libere che si innalza per otto dei suoi livelli fuori terra. Il volume si sviluppa su un basamento da cui si elevano due torri. Queste sono parzialmente unite alla loro sommità da un’ardita struttura a ponte sospesa nel vuoto, innalzata a una quota di 74 metri, è larga 38 metri e alta il corrispondente di tre livelli.
L'involucro esterno è composto da un doppio strato di vetro che incorpora un pannello coibente e una pellicola filtro per i raggi UV. Gli strati comprendono un vetro basso emissivo da 8 mm rivestito verso l’interno e due vetri laminati da 6 mm uniti da 1,52 mm di resina di PVB, una camera d’aria da 16 mm separa interno ed esterno. Vista l'iconica forma i pannelli sono stati realizzati su misura in numerose dimensioni e curvature: piani, a semplice e a doppia curvatura; definiscono in ogni sua parte un involucro che è piatto sui lati esterni ma fluido in corrispondenza dello spazio centrale. Il vuoto è definito da una superficie di 6.000 mq rivestita dall’unione di 4.300 pannelli. Sulle facciate esterne di Opus, l’ortogonalità della griglia definita dai pannelli è animata da ulteriori schermi solari puntinati e specchiati posati sulla superficie esterna dei vetri.
Il The Opus di Dubai, l’edificio è destinato a diventare un caso: è infatti la prima volta che lo studio Zaha Hadid Architects si occupa interamente di un edificio, curandone anche gli interni arredati con pezzi disegnati dalla scomparsa archistar. Nelle 74 camere e 19 suite sarà quindi possibile sedersi sui divani Petalinas, composti da elementi modulari liberamente ispirati dalle forme della natura, dormire sui letti Opus e riconoscere, perfino nei bagni, le curve della collezione Vitae, che sono dotate di grande fascino e rendono indubbiamente riconoscibile l’autore.
Ikea sta costruendo un nuovo punto vendita nel centro cittadino di Vienna, in Austria, il cantiere è riaperto da poco dopo uno stop forzato a causa del Covid19. Il negozio sorgerà nei pressi della stazione che le dà il nome e affacciata su Mariahilfer Strasse, una delle principali vie commerciali di Vienna, e non offrirà più il parcheggio auto ai suoi clienti. Tutti gli attuali punti vendita sono serviti da ampie superfici a parcheggio, scoperto o coperto. La nuova scelta, invece, è stata fatta per scoraggiare l'uso delle vetture e così i clienti si vedranno recapitare direttamente a casa gli oggetti più ingombranti che acquisteranno.
Tutti gli odierni punti vendita sono dominati dai colori che riprendono il giallo e il blu della bandiera svedese, sono capannoni, solitamente prefabbricati, che distribuiscono l’esposizione dei mobili su più livelli a cui affiancano le aree ristorazione e bar e quella riservata alla vendita di prodotti alimentari. L’organizzazione interna segue le indicazioni dettate da una collaudata catena di montaggio, con una formula di vendita che ha decretato il successo planetario dell’azienda. Il nuovo modello di punto vendita, ospitato in un edificio che sviluppa 21.600 mq di superficie all’interno di 8 livelli fuori terra, conterrà un’esposizione di mobili che, occupando 4 piani, punterà sul potenziamento degli acquisti online e della rete di consegna dei prodotti. A questa si affiancheranno i negozi, che saranno posizionati lungo Mariahilfer Strasse, e un ostello, che occuperà gli ultimi due piani. Ikea Westbahnhof si propone di diventare un luogo di ritrovo aperto e dinamico. I suoi spazi interni sono studiati per offrirsi ai visitatori a cui è reso accessibile anche il tetto giardino dell’ultimo piano.
L’architettura pensata e progettata dallo studio Querkrafk presenta un volume quasi cubico chiuso dominato da un tetto piano, tutto racchiuso in una griglia regolare ma dinamica.
La struttura portante è volutamente lasciata a vista, costituita da un telaio di impostato su una griglia di base di 10×10 m. Pilastri e travi sono pensati come strutture prefabbricate in cemento armato, assemblabili in un cantiere a secco. La sua ostentata regolarità consente di creare la vivace alternanza di pieni e vuoti creati su tutti i fronti dalla rientranza del nucleo interno rispetto alla struttura, arretrata di 4,5 m. I vuoti sono parzialmente e variamente riempiti da un progetto che sposta all’esterno e lascia a vista anche i collegamenti verticali, scale e ascensori.
Per rendere la visita in negozio più sicura e confortevole, il colosso svedese ha previsto la costruzione di grandi marciapiedi intorno all’edificio connessi in modo diretto alla rete del trasporto pubblico, oltre a pareti e terrazze ricche di vegetazione e spazi verdi accessibili anche durante gli orari di chiusura del punto vendita.
Il progetto prevede la presenza di 160 alberi di diversa dimensione posizionati sulle facciate e sul tetto giardino. Il verde, oltre a migliorare l’esperienza e il soggiorno dei visitatori, avrà anche un ruolo di termoregolatore degli interni abbassandone la temperatura, permettendo al complesso di aspirare alla certificazione BREEAM Excellent.
Un simbolo della lenta ripresa di uno dei primi Paesi colpiti della pandemia di Covid 19
Appare come un minerale roccioso che emerge dal terreno il nuovo Department Store Galleria, l’ultimo progetto firmato dallo studio olandese OMA e sesta filiale del più grande franchising di grandi magazzini in Corea.
Il nuovo landmark della Corea del Sud è stato inaugurato lo scorso 25 marzo a Gwanggyo, cittadina a sud di Seoul, centro giovane aperto al nuovo sviluppo urbano della città. Il progetto rappresenta oggi un simbolo di speranza e di ripresa per la Corea, uno dei primi paesi trovatosi a fronteggiare lo stato di emergenza causato dall’epidemia da Coronavirus.
Con una superficie per piano di circa 74.000 mq, Galleria rappresenta un punto gravitazionale nella vita pubblica della città. Circondato da torri residenziali, lo shopping centre, con il suo aspetto roccioso, crea un incrocio tra natura e spazio urbano. Il volume cubico scolpito è sagomato al piano terra nei due angoli per creare l’ingresso al parcheggio e l’ingresso ai clienti. Sono presenti inoltre delle aperture per gli ingressi ai vari negozi che simulano una strada porticata.
L’edificio si sviluppa per dieci piani e al suo interno include, oltre agli spazi di vendita, un centro culturale, un giardino pensile, strutture per il tempo libero e spazi per performance, distribuiti lungo la “public route”. Il percorso taglia la facciata principale e corre tutto intorno all’edificio come un tunnel di vetro iridescente contrastando l’opacità del prospetto.
"Attraverso il vetro, le attività commerciali e culturali all'interno vengono rivelate ai passanti della città, mentre i visitatori all'interno acquisiscono nuovi punti panoramici per sperimentare Gwanggyo. Formato con una sequenza di terrazze a cascata, il circuito pubblico offre spazi per mostre ed esibizioni.", spiega Rem Koolhaas di OMA.
“Con un circuito pubblico deliberatamente progettato per l’offerta culturale,” afferma Chris van Duijn, partner di OMA e responsabile del progetto “la Galleria di Gwanggyo è un luogo dove i visitatori si confrontano con l’architettura e la cultura mentre fanno acquisti. Il luogo offre un’esperienza di vendita unica, che si fonde con piacevoli sorprese dopo ogni visita”. "Un luogo in cui vendita al dettaglio e cultura, città e natura si scontrano, la Galleria di Gwanggyo offre una fuga dalla prevedibilità dello shopping".
In questi giorni, in cui il clima sembra impazzire, si sente spesso parlare del fenomeno del dissesto idrogeologico, con tale termine si indicano i processi di tipo morfologico caratterizzati da azioni che generano un degrado del suolo. Sebbene il dissesto idrogeologico possa generarsi a seguito di fenomeni meteorologici le azioni che causano un degrado del suolo sono quasi del tutto di origine antropica, legati a varie attività umane, tra cui la cementificazione. Pertanto, la definizione di dissesto idrogeologico indica un insieme di processi di degradazione del territorio e del suolo più nello specifico, processi innescati quasi esclusivamente dall’uomo, che hanno conseguenze notevolmente gravi, soprattutto quando si verificano determinate condizioni meteorologiche.
La fragilità del suolo, in Italia, è un problema diffuso nella maggior parte del territorio, con conseguenze spesso molto ingenti, sia in termini economici, che ambientali. A tutto ciò si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici in atto che, con intense precipitazioni in brevi periodi di tempo, possono aumentare il rischio di conseguenze disastrose. Secondo l’ultimo Rapporto sul Dissesto Idrogeologico curato dall’ISPRA, gli edifici situati in aree a rischio frane elevato e molto elevato in Italia sono più di 150 mila e quasi 38.000 i beni culturali. Sono di più gli edifici a rischio elevato di alluvioni, che raggiungono quasi le 500 mila unità, mentre sono quasi 14.000 i beni culturali esposti a pericolosità elevata.
Per ridurre il rischio dovuto al dissesto idrogeologico è fondamentale insistere su azioni di previsione, prevenzione e mitigazione degli effetti. La conoscenza del territorio, l’individuazione e la quantificazione dei rischi, permettono di prevedere eventuali disastri e calamità naturali, con l’obiettivo di ridurre al minimo i possibili effetti collaterali.
Il Ministero dell’Ambiente ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio il decreto per rendere immediatamente effettivo lo stanziamento di ulteriori 361 milioni di euro per 236 interventi sul territorio nazionale, volti a contrastare il fenomeno del dissesto idrogeologico e rientranti nel “Piano operativo sul dissesto idrogeologico per l’anno 2019”. I fondi odierni vanno ad aggiungersi ai finanziamenti già erogati (a luglio 2019) alle Regioni attraverso il Piano stralcio sul dissesto idrogeologico.
Per il Ministro: "Si tratta di risorse ulteriori e immediatamente disponibili per la messa in sicurezza idrogeologica e per progetti immediatamente cantierabili . Non lavoriamo sulla logica dell’emergenza, ma con una programmazione costante e interventi specifici per attenuare i rischi e le criticità sull’intero territorio nazionale."
L’impegno finanziario complessivo del Piano, che ammonta ad euro 361.896.975 trova la necessaria copertura nelle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 deliberate dal CIPE a favore del Piano Operativo “Ambiente”. I fondi saranno erogati in via diretta, senza la stipula di successivi accordi di programma, come previsto dalla delibera CIPE n.64 , adottata lo scorso agosto. I fondi odierni, destinati a ulteriori progetti, vanno ad aggiungersi ai finanziamenti già erogati alle regioni attraverso il Piano stralcio sul dissesto idrogeologico.
“Bisogna mettere in sicurezza il Paese e i fondi ci sono, sono opere di estrema urgenza e indifferibilità. Il disegno di legge Cantiere Ambiente, incardinato al Senato, deve avere un iter celere. La messa in sicurezza preventiva costituisce il migliore strumento per la salvaguardia delle vite umane e del territorio.” ha aggiunto il Ministro Costa.
Gli interventi vanno dalla sistemazione di versanti franosi, al consolidamento e alla difesa idraulica, al ripascimento e difesa delle aree costiere, alla messa in sicurezza di abitati.
Un nastro di cemento che esprime morbidezza organica
Con il suo ultimo progetto intitolato Twine, spago in inglese, l’architetto messicano Antony Gibbon continua ad indagare sul tema della connessione tra nature e nurture – la dicotomia tra le qualità innate dell’individuo e i fattori esterni dati dall’esperienza e l’apprendimento della persona, cercando di fondere i due temi l’uno nell’altro.
La geometria del suo ultimo lavoro imita le forme della natura, suggerendo al contempo morbidezza e senso di fluido quasi organico. Twine dialoga con il paesaggio circostante: le torsioni della struttura monolitica in cemento replicano le onde collinari integrandosi nel contesto. L’accesso alla costruzione avviene attraverso una piattaforma pavimentata che si contrappone al paesaggio naturale. La superficie introduce una serie ritmica di cornici che si aprono recando al loro interno una delicata, quasi impercettibile parete di vetro che serve a preservare il profilo ondulato distintivo dell'architettura e a inondare di luce naturale gli spazi interni.
Secondo l'architetto, Twine è un progetto che mette in atto," una serie di forme organiche […] si contorce e si snoda insieme per formare una serie di archi che ospitano gli spazi interni". Infatti, al fine di generare uno spazio residenziale, Antony Gibbon divide la costruzione in 2 entità. Le aree soggiorno e cucina sono integrate nella prima rotazione, dove la struttura incontra il suolo e forma un'unità chiusa. La seconda parte ospiterà le camere da letto. Il design simile al DNA genera in alcune aree una planarità nel tetto. Alle estremità, il piano orizzontale contiene i pannelli solari e, al centro della struttura, il tetto piano ospita una vasca idromassaggio, accessibile solo da una scala a chiocciola.
L’effetto scultoreo dell’edificio crea panorami inaspettati: lo scenario esterno è incorniciato da ondulazioni di cemento e, in questo contesto, sembra che il paesaggio naturale faccia solo da cornice alla singolare abitazione per essere solamente musa ispiratrice delle forme organiche dell’intera scultura. Gibbon immagina un’ampia pavimentazione che separa il costruito dal naturale. Unica area esterna attrezzata è il grande focolare dalle forme circolari posto sotto l’incavo centrale della costruzione.
Il progetto attualmente è solo un prototipo, ma il lavoro di Gibbon è una continua sperimentazione formale della materia. Famosa è la sua Mobius House, dove sperimenta la striscia di Mobius costituita da una superficie matematica non orientabile costituita da un solo lato.