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Adozione: la Consulta interviene sull’intervallo di età minimo

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Adozione: la Consulta interviene sull’intervallo di età minimo La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 291, comma 1, c.c. nella parte in cui, per l’adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre l’intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando

Il caso: la questione di legittimità costituzionale La vicenda prende avvio dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Firenze – in riferimento agli artt. 2, 3, 10, comma 1 (in relazione agli artt. 8 della CEDU, 7 della CDFUE e 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani), e 30 della Costituzione – dell’art. 291, comma 1, c.c., “nella parte in cui non consente al giudice di dichiarare l’adozione di maggiorenne derogando al limite del divario di età tra adottante ed adottando imposto in 18 anni nei casi di esigua differenza di età”. Nella specie, l’istante si era rivolta al Tribunale di Firenze richiedendo di adottare un soggetto maggiorenne, figlio del proprio marito e orfano di madre. La richiedente aveva in particolare rappresentato di aver contratto matrimonio nel ’68 con il padre dell’orfano, il quale aveva sempre vissuto con loro dall’età di 5 anni; a tal proposito, la richiedente aveva affermato di essersi sempre presa cura del figlio di suo marito e di averlo cresciuto senza alcuna differenza rispetto alla figlia biologica, nata dal matrimonio con il suddetto marito. Dall’esposizione dei fatti era altresì emerso che la differenza di età rispetto al figlio del coniuge è pari “a 17 anni e 3 mesi, sicché non risulta nella specie pienamente sussistente il requisito del divario minimo di età di 18 anni, imposto dall’art. 291, primo comma, cod. civ.”. Ciononostante, la richiedente aveva evidenziato che il legame affettivo esistente tra la stessa ed il figlio del coniuge “merita tutela in ossequio ai principi costituzionali, tra cui quello dell’unità familiare (art. 30 Cost.) e del rispetto della vita privata e familiare”. Il Tribunale rimettente, dopo aver dato atto delle dichiarazioni di consenso all’adozione espresse all’udienza camerale dagli aventi causa, aveva rilevato che “risulta oggettivamente non rispettato il differenziale di età fra la richiedente l’adozione e l’adottando, prescritto dall’art. 291, primo comma, cod. civ. Tuttavia, è pacifica l’esistenza di un lungo e positivo legame di affetto e solidarietà tra gli aspiranti all’adozione, tipico del rapporto genitoriale. Risulta, altresì, evidente, secondo il giudice a quo, il requisito della convenienza all’adozione, ai sensi dell’art. 312, numero 2), cod. civ., trovando l’interesse del figlio del coniuge dell’adottante effettiva e reale rispondenza nella comunione di intenti di tutti i membri della famiglia”. Alla stregua di tali considerazioni, il Tribunale di Firenze aveva sollevato, come sopra detto, questione di legittimità costituzionale dinanzi al Giudice delle leggi.

La Consulta ammette, entro certi limiti, la deroga all’art. 291, comma 1, c.c. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 5/2024, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale sottoposta alla sua attenzione, ha accolto le censure espresse dal Tribunale rimettente. La Corte, dopo aver ripercorso la normativa e la giurisprudenza riguardanti l’istituto dell’adozione, con particolare riguardo all’adozione del soggetto maggiorenne, è entrata nel merito della questione di legittimità costituzionale. Sul punto, il Giudice delle leggi ha affermato che “L’adozione di persone maggiori di età non persegue più, e soltanto, per come vive attualmente nell’ordinamento, la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e alle successioni, ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. L’istituto – suggellando sovente l’effettiva e definitiva coincidenza tra situazione di fatto e status – formalizza legami affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell’identità dell’individuo”. Ne consegue, afferma la Corte, che “La disposizione censurata, non consentendo al giudice di intervenire, derogando, se del caso, al limite minimo nel divario di età tra adottante e adottando, si rivela in radice incapace di tutelare situazioni affettive largamente affermatesi, senza che tale assoluto sacrificio trovi coerente giustificazione compensativa. L’attuale conformazione dell’istituto rende, anche in questo caso, «palese l’irragionevolezza di una regola priva di un margine di flessibilità» (…), in quanto destinata ad entrare in frizione, nell’assolutezza della previsione, con il diritto costituzionale inviolabile all’identità personale”. Pertanto, “L’ordinario divario di età tra adottante e adottato mantiene intatta, del resto, la sua valenza. È la assoluta inderogabilità di esso che entra in frizione con i richiamati principi costituzionali. Il punto di equilibrio è nell’accertamento rimesso al giudice (come previsto, in tema di assensi, dall’art. 297, secondo comma, cod. civ.), che, caso per caso e nel bilanciamento degli interessi coinvolti, individuati in ragione della nuova funzionalità dell’istituto, provvederà ad apprezzare se esistano motivi meritevoli che consentano di derogarvi nel caso in cui la riduzione di quel divario risulti esigua”. Sulla scorta di tutto quanto sopra riferito, la Corte ha dunque concluso il proprio esame dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 291, comma 1, c.c. “nella parte in cui, per l’adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l’intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando”.