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IL TRADIMENTO PRESUNTO È CAUSA DI ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE?

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Con la sentenza n. 1136/2020, la Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di infedeltà coniugale, ha stabilito che l’addebito della separazione è possibile non soltanto nel caso di tradimento consumato, bensì anche quando si tratti di tradimento presunto. Più nello specifico, i Giudici di piazza Cavour hanno sottolineato che “la relazione con estranei che dia luogo a plausibili sospetti d’infedeltà rende addebitabile la separazione, quando comporti offesa alla dignità ed all’onore del coniuge, anche se non si sostanzi in adulterio”. Inoltre, “la decisione del marito di trasferirsi lasciando la casa familiare non è conforme all’obbligo di collaborazione e di quello di concordare l’indirizzo della vita familiare”. Dunque, in base al suddetto principio della giurisprudenza di legittimità, non è necessario che la vittima del tradimento riesca a provare la relazione extraconiugale del coniuge traditore, essendo il solo sospetto sufficiente a ledere la dignità del coniuge tradito. In altri termini, bastano i sospetti generati nel coniuge e in soggetti terzi per procedere all’addebito della separazione, in quanto gli stessi comportano la lesione alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge. Dunque, ai fini dell’addebito della separazione, non occorre che l’adulterio si concretizzi. La relazione extraconiugale intrattenuta da un coniuge rende addebitabile la separazione, ai sensi dell’articolo 151 c.c., laddove, in considerazione degli aspetti esteriori con cui la stessa è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a ragionevoli, plausibili ed accettabili sospetti di infedeltà o, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge. Solitamente si presume che il tradimento abbia determinato l’intollerabilità della convivenza, salvo prova contraria. Difatti, solo nell’ipotesi in cui il traditore riesca a dimostrare che il fallimento del matrimonio sia la conseguenza di altri motivi risalenti nel tempo e che il tradimento derivi da una situazione pregiudicata da altre ragioni, questi non subisce l’addebito della separazione. Ma, il traditore è tenuto a dare prova certa di ciò.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


NON PERDE IL DIRITTO AL MANTENIMENTO IL FIGLIO CHE CONSEGUE UNA BORSA DI STUDIO

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Con l’ordinanza n. 1448/2020, la Corte di Cassazione ha trattato ancora una volta il tema dell’obbligo al mantenimento dei figli da parte dei genitori. Nella vicenda in esame, la Corte territoriale confermava la sentenza con la quale il giudice di prime cure aveva pronunciato la separazione personale di Tizio e Caia, ponendo a carico di Tizio un assegno di mantenimento in favore di Caia e delle figlie. A questo punto, Tizio si rivolgeva alla Suprema Corte per impugnare l’addebito della separazione e l’obbligo al mantenimento della moglie e delle figlie, disposto a suo carico. In particolare, l’uomo asseriva che la maggiore delle figlie era ormai economicamente autosufficiente, dal momento che percepiva 800 euro mensili a titolo di borsa di studio. Il Tribunale Supremo, rigettando il ricorso, stabiliva che “l’obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest’ultimo, ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica”. In particolare, gli Ermellini sottolineavano che “il raggiungimento di detta indipendenza non è dimostrato dal mero conseguimento di una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca, sia per la sua temporaneità, sia per la modestia dell’introito in rapporto alle incrementate, presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario”.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'