Posts in category “Architettura”

Cosa devi sapere per mantenerti aggiornato come Architetto Professionista .

Eccoti alcune linee guida.

Le linee guida e di coordinamento del CNAPPC - il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori - stabiliscono tempi e i modi del conseguimento dei crediti formativi per gli architetti. In particolare, il CNAPPC ha disposto che l’aggiornamento professionale avvenga seguendo una scansione triennale. Nel corso di ciascun triennio formativo (quello in vigore è il 2020-2022) gli iscritti all’albo degli architetti devono infatti maturare un minimo di 60 CFP, di cui almeno 12 in materia di deontologia professionale e discipline ordinistiche.

La formazione continua degli architetti

Il regolamento CNAPPC indica diversi modi attraverso cui è possibile ottenere i crediti formativi per architetti: iscrizione a master universitari di primo e secondo livello; scuole di specializzazione; corsi di dottorato; corsi di laurea (in materie attinenti); corsi di abilitazione specifica. Tra le varie attività è prevista anche la partecipazione a seminari e corsi online, che permettono ai partecipanti di conseguire un CFP per ogni ora di frequentazione [Art. 5, comma 2].

Per questo Abbiamo creato per te una vasta gamma di corsi On line sulle nostre piattaforme clicca sul link per vedere l’elenco ,,,,,

Non possiamo dimenticarci di consigliarti anche qualche lettura propedeutica

Professione Architetto: letture consigliate

Tra le migliori opere da leggere se sei appassionato di architettura non può assolutamente mancare il classico per eccellenza: "Verso una Architettura" del padre dell'architettura moderna Le Corbusier. In questo stupendo libro troverai una serie di riflessioni scorrevoli ed affascinanti sui temi portanti dell'architettura: forma, funzione, impatto ambientale ecc. sono tematiche affrontate con amore e lucidità e ti porteranno ad amare ancor di più il mondo dell'architettura!

Se sei appassionato di letteratura e di poesia, oltre che di architettura, ti consigliamo "La poetica dello spazio" di Gaston Bachelard. In questo libro viene trattata in maniera inarrivabile la dialettica tra spazio e percezione umana, tra architettura e poesia. Un libro in cui la scienza esatta dell'architettura si fonde con il pensiero poetico. In ultimo, se sei più improntato all'urbanistica, ti consigliamo "L'immagine della città" di Kevin Lync, opera che affronta le dinamiche tra spazio urbano ed architettura concentrandosi sull'esperienza del cittadino in relazione a questi. Un'opera molto lucida ed affascinante che sa congiungere i diversi elementi del discorso architettonico in un tutt'uno molto scorrevole. Una lettura strettamente rivolta agli appassionati di architettura urbana.

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Ritorno alle origini, il progetto della nuova arena del Colosseo tra antichità ed innovazione

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È la Milan Ingegneria, studio veneziano-milanese, ad aggiudicarsi il bando di concorso dello scorso dicembre per la progettazione e realizzazione della nuova arena del Colosseo.

La procedura di gara è stata gestita dal Parco del Colosseo con la sua direttrice Alfonsina Russo e da Invitalia che ha sorteggiato la commissione giudicatrice così composta: Salvatore Acampora, Michel Gras, Stefano Pampanin, Giuseppe Scarpelli e Alessandro Viscogliosi.

Il progetto prevede un finanziamento di 18,5 milioni di euro e rientra nel programma dei Grandi Progetti Beni Culturali dal 2015. L’idea nasce infatti già nel 2014 dall’iniziativa dell’archeologo Daniele Manacorda, con il supporto del ministro Franceschini. Si tratta dunque della messa in opera di studi ed indagini che vanno avanti da almeno cinque anni; la fine dei lavori è prevista per il 2023. Lo stesso ministro ha così esordito a conclusione dell’affidamento dell’incarico: “Ancora un passo avanti verso la ricostruzione dell’arena, un progetto ambizioso che aiuterà la conservazione e la tutela delle strutture archeologiche recuperando l’immagine originale del Colosseo restituendogli anche la sua natura di complessa macchina scenica”.

Leggerezza, reversibilità e sostenibilità, questi i requisiti principali dell’arena individuati da architetti, archeologi, restauratori e strutturisti del Parco Archeologico del Colosseo all’interno del Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP), redatto ai sensi del Codice dei Contratti e punto di partenza imprescindibile. Si mira infatti a criteri guida quali la sicurezza, la funzionalità ed economicità realizzativa che possano da un lato incrementare il livello di tutela del patrimonio esistente e dall’altro restituire un’immagine ed una percezione del monumento stesso che si era da tempo perduta. Vengono dunque riconfermate le competenze dell’Italia sul tema del patrimonio culturale. Le soluzioni proposte infatti dal punto di vista tecnologico si presentano nuove e ricercate, ma non rinnegano una raffinatezza estetica notevole.

In virtù del perseguimento di scelte sostenibili il materiale in cui verrà realizzata l’arena sarà il legno di Accoya, materiale ad elevata resistenza e durabilità. La necessità di tutelare le strutture ipogee è soddisfatta dalla possibilità di effettuare un ricambio d’aria completo in soli 30 minuti attraverso pannelli mobili, e da 24 unità di ventilazione sul perimetro che monitoreranno lo stato igrometrico degli ambienti. Un sistema di raccolta e recupero delle acque meteoriche eviteranno il rischio di carico idrico ed alimenteranno i servizi igienici dello stesso monumento.

L’obiettivo del progetto è quello di restituire una lettura simile a quella originaria del monumento riproponendo eventi culturali che possano avvalorare l’antica essenza dell’Anfiteatro Flavio quale luogo dei celebri spettacoli gladiatori.

Non sono tuttavia mancate critiche, la percezione del monumento, al suo stato attuale, è ormai consolidata nell’immaginario comune, acquistando una certa storicità. L’introduzione della nuova arena precluderà la possibilità di osservare gli ambienti ipogei direttamente, se non attraverso i pannelli mobili. Lo stesso costo del progetto è risultato spropositato rispetto ad altre situazioni ben più compromesse, così come si teme un’eccessiva “mercificazione” del monumento a fronte degli eventi che potrebbero ora svolgersi al suo interno, venendo meno all’obiettivo principe della conservazione.

Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici nel 2014, risponde alle obiezioni sostenendo che: “Un monumento è un organismo vivo”, motivo per cui nel tempo vengono a modificarsi le necessità di conservazione ed i valori che ogni società attribuisce al patrimonio storico-architettonico. Il cambiamento diventa dunque se non necessario, preferibile. Gli ambienti ipogei potrebbero inoltre essere oggetto di un percorso di visita che, grazie alla nuova arena, non danneggia le strutture sottostanti e sarebbe comparabile alla reale entità di quegli ambienti angusti adibiti in antico al “personale”.

In conclusione, il progetto della nuova arena della Milan Ingegneria si apre ad una nuova lettura espressiva di questo edificio, comprensibile anche dai non specialisti.

La comunità torna a vivere un monumento che non è più solo quello delle cartoline e del turismo di massa, ma uno spazio urbano vivibile quale centro di promozione e produzione culturale.


Pacentro avrà la sua Scuola Partecipata

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Iniziati i lavori per il polo scolastico di Pacentro (AQ) progettato da Mario Cucinella con LAPLaboratorio di Architettura Partecipata

La Scuola Partecipata di Pacentro diventa realtà. È infatti partito il cantiere per la realizzazione del polo scolastico di Pacentro (AQ), progetto nato cinque anni fa con la partecipazione di tutta la popolazione colpita dal sisma del 2009 e dalla sinergia dei diversi attori coinvolti, tra cui di ActionAid e di Viviamolaq. Il progetto, realizzato dallo Studio Mario Cucinella Architects e Lap (Laboratorio di Architettura Partecipata), nasce dalla volontà di creare, anzitutto, un nuovo modello di edilizia scolastica, ma anche luogo di incontro, di condivisione e scambio d’idee: un’architettura di comunità, costruita intercettando i bisogni delle persone e che, allo stesso tempo, vuole essere un esempio di scuola innovativa e sicura. Raffaello Fico, Titolare Usrc afferma «Sono soddisfatto della conclusione di un percorso, iniziato nel 2015, di cui l’Usrc si è fatto promotore con l’obiettivo di rendere la nuova scuola di Pacentro un esempio di riferimento per gli interventi del Piano «Scuole Abruzzo – Il Futuro in sicurezza», sia nel metodo progettuale partecipativo che per l’innovazione architettonica».

Il lavoro è anche frutto della collaborazione dell’Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa (Indire) che da anni studia e promuove architetture scolastiche in grado di combinare benessere, comfort e protagonismo dello studente. «L’interesse di Indire alla nuova scuola di Pacentro è legata soprattutto alla possibilità di dare il proprio contributo in un contesto aperto al confronto e desideroso di sviluppare un’idea di scuola che guardi al futuro.» spiega Samuele Borri , Dirigente di Ricerca Indire-. «Da qui lo sforzo di mettere a disposizione gli indirizzi emersi da una pluriennale ricerca nell’ambito delle architetture scolastiche e promuovere una visione di scuola fatta di spazi diversificati, flessibili e complementari, in grado di dare risposta alle istanze di una didattica centrata sullo studente e in grado di promuovere una idea di vita scolastica che combina benessere, comfort e protagonismo dello studente. Il manifesto «1+4 Spazi Educativi» elaborato da Indire promuove infatti una idea di scuola in cui un ambiente didattico flessibile e aperto alla collaborazione a tutti i livelli si combina con spazi informali per la socialità e momenti collettivi da vivere in una sorta di agorà della scuola, la piazza-simbolo della scuola».

Alla base del progetto vi è un’architettura dalla forma circolare che richiama la celebre frase di Munari “la prima cosa che disegna un bambino assomiglia ad un cerchio”, che si inserisce quasi mimetizzandosi nel suggestivo paesaggio appenninico circostante creando un “duna” artificiale che circonda come un anello l’edificio, svelandolo gradualmente alla vista di chi si avvicina lungo il percorso di accesso.A partire dal grande atrio centrale della piazza si generano tutti gli altri spazi della scuola, pensati seguendo il concetto di didattica basata sulla teoria del “learning landscape”, con ambienti interni visibili e strutturati per l’apprendimento, flessibili e con pareti trasparenti con aree di apprendimento svincolate dal tradizionale concetto di aula.

«L’architettura come terzo educatore. Noi adulti abbiamo il dovere di fare le scuole belle perché lì crescono gli adulti di domani. L’architettura sta dicendo qualcosa agli studenti. Sta dicendo soprattutto che ci stiamo prendendo cura di loro, che ci stiamo occupando del loro futuro, e che lo stiamo facendo attraverso la costruzione dello spazio, di quei luoghi educativi nuovi e sicuri di cui hanno bisogno» spiega l’Architetto Mario Cucinella.


Lo studio olandese OMA per il centro commerciale coreano Galleria

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Un simbolo della lenta ripresa di uno dei primi Paesi colpiti della pandemia di Covid 19

Appare come un minerale roccioso che emerge dal terreno il nuovo Department Store Galleria, l’ultimo progetto firmato dallo studio olandese OMA e sesta filiale del più grande franchising di grandi magazzini in Corea. Il nuovo landmark della Corea del Sud è stato inaugurato lo scorso 25 marzo a Gwanggyo, cittadina a sud di Seoul, centro giovane aperto al nuovo sviluppo urbano della città. Il progetto rappresenta oggi un simbolo di speranza e di ripresa per la Corea, uno dei primi paesi trovatosi a fronteggiare lo stato di emergenza causato dall’epidemia da Coronavirus.

Con una superficie per piano di circa 74.000 mq, Galleria rappresenta un punto gravitazionale nella vita pubblica della città. Circondato da torri residenziali, lo shopping centre, con il suo aspetto roccioso, crea un incrocio tra natura e spazio urbano. Il volume cubico scolpito è sagomato al piano terra nei due angoli per creare l’ingresso al parcheggio e l’ingresso ai clienti. Sono presenti inoltre delle aperture per gli ingressi ai vari negozi che simulano una strada porticata.
L’edificio si sviluppa per dieci piani e al suo interno include, oltre agli spazi di vendita, un centro culturale, un giardino pensile, strutture per il tempo libero e spazi per performance, distribuiti lungo la “public route”. Il percorso taglia la facciata principale e corre tutto intorno all’edificio come un tunnel di vetro iridescente contrastando l’opacità del prospetto. "Attraverso il vetro, le attività commerciali e culturali all'interno vengono rivelate ai passanti della città, mentre i visitatori all'interno acquisiscono nuovi punti panoramici per sperimentare Gwanggyo. Formato con una sequenza di terrazze a cascata, il circuito pubblico offre spazi per mostre ed esibizioni.", spiega Rem Koolhaas di OMA.

Con un circuito pubblico deliberatamente progettato per l’offerta culturale,” afferma Chris van Duijn, partner di OMA e responsabile del progetto “la Galleria di Gwanggyo è un luogo dove i visitatori si confrontano con l’architettura e la cultura mentre fanno acquisti. Il luogo offre un’esperienza di vendita unica, che si fonde con piacevoli sorprese dopo ogni visita”. "Un luogo in cui vendita al dettaglio e cultura, città e natura si scontrano, la Galleria di Gwanggyo offre una fuga dalla prevedibilità dello shopping".


Addio a Vittorio Gregotti, il maestro che credeva nella «positività del costruire»

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Suo il quartiere Bicocca di Milano, il Centro di Belem a Lisbona e anche il contestato Zen di Palermo.

La scomparsa di Vittorio Gregotti, maestro dell’architettura del Novecento, rappresenta la perdita non solo dell’ultimo erede della tradizione del moderno ma anche quella di un intellettuale impegnato nei temi della politica, della cultura e della società. Definito da Stefano Boeri “un Maestro dell’architettura internazionale; un saggista, critico, docente, editorialista, polemista, uomo delle istituzioni” , Gregotti ebbe “il tempo e l’energia per rilanciare nel presente – come scrisse Benevolo – una vicenda passata”,quella del Movimento Moderno, revisionando stili e linguaggi dell’architettura, in un’incessante ricerca di teorie e metodi in grado di rispondere con “realismo critico” ad un “mondo di finzioni” che sosteneva alimentassero l’architettura contemporanea distogliendola da significati disciplinari.

Nato a Novara nel 1927, iniziò la sua carriera nello studio del maestro dell’Architettura Moderna Le Corbusier. Il punto di riferimento della sua successiva attività fu sin da subito la figura di “capomastro medievale” dotato per definizione di un ampio sguardo di insieme. Una volta tornato a Milano iniziò a frequentare le lezioni di filosofia teoretica di Enzo Paci e strinse forti rapporti d’amicizia e collaborazione con musicisti, letterati e artisti. A Milano Gregotti aveva inoltre trovato il terreno giusto per sviluppare una sua peculiare poetica del costruire. Nello studio dei BBPR, seguendo soprattutto la lezione di Ernesto Nathan Rogers, che considerò per sempre il suo maestro, entrando nell’«ala milanese» del Gruppo 63 fino a firmare la XIII Triennale del 1964 con Umberto Eco. L’architetto Stefano Boeri ricorda il legame tra Milano e Gregotti con i suoi progetti, dalla trasformazione del quartiere Bicocca, convertito da area industriale a cittadella della conoscenza, al rifacimento della storica sede del Corriere, gli anni da direttore a Casabella e il suo studio in via Bandello come “una fucina di creatività”.

Gregotti, aveva lavorato in molteplici città italiane nelle quali aveva lasciato un segno, la sua particolare visione. Il Piano regolatore di Torino, Genova, lo stadio Luigi Ferraris, Ferrara, la zona fieristica, Livorno, il piano strutturale approvato nel 2019. Fu ideatore del controverso progetto del quartiere Zen di Palermo, di cui anni dopo Massimiliano Fuksas proporrà la demolizione. Gregotti ha sempre dato la responsabilità del fallimento del progetto dello Zen al fatto che non sia mai stato ultimato in quanto sarebbe dovuto essere diverso da quel che è stato, una parte di città e non una periferia. ''Il progetto dello Zen è fallito perché era destinato ad un solo strato sociale. A Milano, invece, la Bicocca è un esempio riuscitissimo grazie all'università. Allo Zen avevo previsto teatri, luoghi di lavoro, ma nulla di tutto questo venne costruito. Le periferie devono essere polifunzionali, avere un servizio unico per le città, mescolare i ceti e non confinare ceti [...]Palermo ha il centro storico, le espansioni otto-novecentesche e poi doveva esserci lo Zen, con residenza, zone commerciali, teatri, impianti sportivi. Doveva possedere un'autonomia di vita che non si è realizzata''.

“È stato uno dei nostri più grandi architetti e ambasciatori nel mondo. Grazie di tutto”, scrive il sindaco di Milano Beppe Sala. “Sapeva guardare avanti, nell’architettura come nella società. Geniale e libero”, aggiunge Pisapia. “Ha disegnato l’immagine della città”, afferma Bruno Finzi, presidente dell’ordine degli Ingegneri di Milano. "Con lui se ne va un protagonista della cultura del progetto. La sua scomparsa ci lascia orfani di un’intelligenza lucida e critica", commenta l’assessore milanese Filippo Del Corno. "Lascia una grande eredità in difesa della città e del suo territorio. Vittorio Gregotti, profondo e autentico, come sono sempre stati i grandi maestri" ed è stato "un amico e una guida severa" afferma Renzo Piano, che fu suo allievo al Politecnico di Milano.