Cessazione rapporto lavorativo: ferie e divieto di monetizzazione

Nel pubblico impiego privatizzato, il dipendente non perde il diritto alle ferie ed all’indennità sostitutiva, alla cessazione del rapporto di lavoro, se questa è avvenuta per malattia che ha impedito il godimento del periodo di congedo ancora spettante
Il caso: indennità sostitutiva per ferie non godute
Il caso in esame prende avvio dalla richiesta avanzata da un medico pediatra di pagamento in suo favore dell’indennità sostitutiva per i giorni di ferie non godute durante lo svolgimento del rapporto di lavoro. In particolare, il medico aveva rappresentato di essere stato collocato a riposo per inabilità permanente al lavoro, con conseguente cessazione del rapporto lavorativo. Il Giudizio di merito si era concluso con la decisione della Corte d’appello di Palermo di rigetto delle doglianze formulate dal lavoratore.
Grava sul datore la prova di aver consentito la fruizione delle ferie
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 14083/2024, ha accolto il ricorso proposto e ha cassato la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, anche in relazione alla determinazione delle spese di lite per il giudizio di legittimità. Nella specie, la Corte, dopo aver ripercorso i fatti di causa ed i motivi di ricorso, ha affermato che “la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie (…) e di averlo nel contempo avvisato (…) che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno prese al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”. In questi termini, ha spiegato la Corte, grava sulla parte datoriale la prova di aver esercitato la propria capacità organizzativa in modo tale da consentire ai lavoratori di godere effettivamente delle ferie allo stesso spettanti, senza che, a tal proposito, le esigenze di servizio possano configurare un impedimento alla fruizione delle ferie. Nel caso in esame, inoltre, l’interruzione del rapporto di lavoro è avvenuta né per causa non imputabile al medico, né per raggiungimento dell’età pensionabile, ma a causa di una malattia che aveva colpito il lavoratore. In tal senso, ha aggiunto la Suprema Corte, il divieto di monetizzare le ferie opera solo “nel caso in cui il dipendente rinunci di sua volontà al godimento delle ferie, ricorrendo, in caso contrario, la violazione degli artt. 32 e 36 Cost.”. La giurisprudenza è invero costante nel riferire che “il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro”. Sulla scorta di tali premesse, la Corte ha pertanto accolto il ricorso e pronunciato i seguenti principi di diritto, cui dovrà attenersi il giudice del rinvio “In tema di pubblico impiego privatizzato, il dipendente non perde il diritto alle ferie ed alla corrispondere indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, ove tale cessazione sia avvenuta per malattia che abbia impedito l’effettivo godimento del periodo di congedo ancora spettante”. Inoltre “In tema di pubblico impiego privatizzato, il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare di aver esercitato la sua capacità organizzativa in modo che il lavoratore godesse effettivamente del periodo di congedo e, quindi, di averlo inutilmente invitato a usufruire, con espresso avviso di perdita, in caso diverso, del diritto alle dette ferie e alla indennità sostitutiva; pertanto non è idonea a fare ritenere assolto tale onere la comunicazione con la quale la P.A. chieda al dipendente di consumare siffatte ferie genericamente prima della cessazione del rapporto di impiego e non entro una data specificamente indicata, senza riportare l’avviso menzionato e subordinando, comunque, l’utilizzo del congedo in questione alle sue esigenze organizzative”.